di Irene Auletta
In alcune situazioni delicate o di difficoltà ho sentito spesso mia madre ripetere una frase in dialetto che tradotta suona più o meno così. Il male è di chi lo sente e di chi lo ha in mente.
Avere nella mente è un’espressione che mi è sempre piaciuta e che sento più potente del “semplice” pensare, perchè mi restituisce un’idea di continuità, di processo, di una forma di vicinanza e di attenzione particolari.
Forse non a caso questa frase l’ho ritrovata familiare e sentita vicina nel mio percorso, personale e professionale, di ricerca sulla cura e su ciò che le ruota intorno, caratterizzandola.
Avere nella mente a partire da chi “sente il male”, mi evoca anche una condizione di rispetto per chi sta vivendo quel momento e la necessità di sapersi posizionare nel modo adeguato. Siamo circondati da una frettolosità che sovente rischia di farci fare scivolate, dal punto di vista comunicativo, rubando la scena alla storia dell’altro.
Quante volte, di fronte a chi prova a raccontare, si ascolta subito l’eco di coloro che hanno urgenza di mettersi in primo piano sulla scena narrativa. Si anche a me è successo, anch’io vivo lo stesso, ti capisco perchè anche a me, perchè anche io …
Questo IO dominante che, decisamente distante dalla condivisione, interferisce con quell’ascolto profondo fatto sovente di sguardi, vicinanza e silenzi.
Se fossi una maestra elementare forse approfitterei della grammatica e dell’insegnamento dei pronomi personali per aiutare i bambini a comprendere il valore del tu, noi, loro in un intreccio tra grammatica e significato relazionale.
Mia madre mi ha insegnato ad avere rispetto del racconto dell’altro, perchè lì c’è la sua storia, il suo malessere, il suo male, il suo dispiacere, non il nostro. Il rispetto nella dimensione dell’ascolto, molto difficile da praticare, chiede una delicata attenzione e una grande disciplina.
Il “male” di mia madre comprende sia il dolore fisico che quello del cuore e, nelle relazioni di cura, fa intravedere la dimensione della protezione, verso chi sta attraversando un momento di fragilità o difficoltà.
In questi casi ho imparato che ciò che rende intensa la scena di tale incontro, può essere solo la comprensione vista a braccetto con la condivisione, nel silenzio pieno di quei significati che tu mi hai insegnato ad apprezzare e ad amare.
La danza della cura, tra la mente e il cuore.