Privilegiando diritti

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di Irene Auletta

In questi anni mi è capitato spesso di raccogliere i commenti di genitori che, come me, si misurano ogni giorno con fatiche gratuite aggiunte alla condizione del figlio. Il posto per disabili riservato e puntualmente occupato, i posti riservati nei parcheggi pubblici “non visti” da chiunque che, per premura o altre motivazioni, decide che un posteggio vale l’altro, gli insulti da parte di chi viene sollecitato a rispettare un semplice diritto, alcune procedure assurde per chiunque ma insostenibili per chi si trova ad accompagnare una persona con fragilità e via di questo passo in una lista tristemente lunga.

Per contro però, mi piace sempre ricordare anche tutte quelle situazioni dove l’accoglienza e il rispetto sono al primo posto tanto che, oltre al riconoscimento del diritto, ci si sente sovente di dover esprimere gratitudine.

Ecco, per il Nuovo Anno, spero che ogni automobilista possa essere ancora un po’ più attendo a dove parcheggia la sua auto e che, la presenza di una persona con disabilità, insieme allo sguardo inevitabile, attivi anche una maggiore attenzione semplicemente per rispetto della condizione altrui.

Qualche mese fa un giovane uomo stazionato con la sua moto sul nostro parcheggio riservato, di fronte al mio sollecito a spostarsi, dopo avermi liquidato con un gesto che sembrava dire Oh con calma, lasciami finire questa telefonata un momento! ha pensato bene di chiedermi, neppure troppo gentilmente, se il posto era mio nel senso che l’avevo comprato. 

Vero che a volte gli occhi lanciano scintille ma in quell’occasione, per proteggere mia figlia seduta al mio fianco, ho scelto di scendere dalla mia auto e di avvicinarmi al Tizio. Lei sa perchè il comune riconosce con un numero riservato un posto per disabili? Non voglio neppure la sua risposa perché le auguro di non doverlo mai scoprire. Ora si sposti immediatamente perchè se esita ancora solo un secondo chiamo i vigili. Meglio cosi?

Risalire in macchina sorridente rassicurando la paziente passeggera è stato l’inevitabile epilogo. Il maldistomaco invece è un’altra storia.

Speriamo che il Nuovo Anno ci riservi sempre meno queste brutture e aiuti tutti a capire meglio la differenza fra diritto e privilegio. Non a caso molti posti auto per disabili sono accompagnati da un cartello dove compare anche la frase “Se vuoi il mio posto prenditi anche il mio handicap”. Ecco. Parliamone.

Già che ci sono poi voglio esagerare e comprendere nei diritti anche un maggiore rispetto nella comunicazione rivolta a persone con disabilità. Proprio oggi al cinema, nella fila davanti alla mia sono sfilati tre uomini maturi in compagnia di due signore all’apparenza coetanee. Avrebbero potuto essere una compagnia di amici di cui tre con qualche leggera fragilità, forse riconoscibile solo da uno sguardo attento e sensibile per vicinanza.

Poi però succede. Adesso prima di sedervi toglietevi la giacca!

Ma perchè? Perchè il bisogno di dirlo a persone evidentemente in grado di farlo anche senza sollecito. O comunque, perchè non aspettare un momento per osservarne il comportamento prima di rivolgersi a tre uomini diventati immediatamente bambini destinatari di quella comunicazione.

Già, vuoi dire che chiedo troppo? Potete fermarvi un attimo prima di rivolgere la parola a una persona con fragilità. Un attimo solo per aspettare che il rispetto si accomodi nello scambio e vi aiuti a selezionare cosa e come dire?

Io ci spero e ci provo con qualche speranza che ci possa accompagnare nel vicinissimo 2023. Auguro a tutti maggiore attenzione, per voi stessi e per tutti gli sguardi che troverete sulla vostra via. Chissà, magari ci incroceremo.

Buon Anno Nuovo!

Universi morbidi

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di Irene Auletta

A volte anche la scrittura ha bisogno di prendersi una pausa quando le parole hanno necessità di ritrovare uno spazio di quiete, per riposarsi e pensarsi. E così, pensando alla necessaria pausa delle mie parole di questi ultimi mesi, mi è tornato alla memoria l’invito ripetuto, della tua e mia maestra Feldenkrais, di cercare la morbidezza.

In fondo la morbidezza non riguarda solo il corpo ma coinvolge anche le emozioni, i sentimenti e quello che poi riusciamo a giocarci nelle nostre relazioni. Io assomiglio parecchio a mio padre e quando vivo un dolore o un forte disagio mi guardo sovente, nell’angolino della vita, a limare mente e cuore, a renderli appuntiti e spigolosi. Anche questa è un’eredità.

Accorgersene è probabilmente la nostra differenza più grande e, in una recente passeggiata, ho avvertito di nuovo quel sentore morbido che permette alla vita di fluire diversamente. Le cose da affrontare rimangono le stesse ma le loro forme, diventando più rotonde, permettono di respirare diversamente e di guardarne inedite prospettive.

Me lo insegni ogni giorno figlia, quando la rigidità dei gesti, delle posizioni e dei comportamenti può spingere esattamente nella stessa direzione conducendo ad un inevitabile insuccesso e dispiacere per entrambe. Allora il gesto gentile, il tono moderato, il silenzio, l’attesa o la sdrammatizzazione di uno scherzo ci aiuta a cambiare il passo e il sorriso che compare giustifica il senso di quell’ennesima ricerca. 

Giorni strani questi della fine di un lungo anno, per me e per tanti altri affatto facile. Giorni in cui si salutano maestre, si pensano nuove speranze per il futuro vicino e lontano, si cercano pertugi di piccole scintille che non facciano smarrire la propria e unica via.

Stiamo vivendo momenti difficili, per molti individui e per l’umanità e non posso che augurarmi, e augurare, di avviarsi verso il nuovo anno accompagnati dallo spirito della ricerca, consapevoli che proprio in quegli spazi morbidi è sempre possibile gustarsi ciò per cui gli occhi possono ancora brillare di curiosità.

Noi vediamo l’universo come lo vediamo perché esistiamo.Stephen Hawking

Auguri di meno

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di Irene Auletta

Da qualche giorno continua a girovagarmi per la mente un post letto di recente sul tema degli eccessi e, in particolare, dell’eccesso di cura e le sue derive di dipendenza. Sembra sempre impossibile che le “cose buone” se fuori misura possano far male, eppure tutti noi ne facciano esperienza quotidianamente.

Siamo immersi in un’epoca iperbolica dove il tanto impera lasciandoci sovente critici e al tempo stesso travolti e sedotti. L’attuale periodo dell’anno poi pare esaltarne impietosamente le vette tra sfilate di cibi, abiti, profumi, gioielli, giocattoli per bambini e per adulti, luoghi di vacanze e quant’altro la fantasia individuale può proseguire a enumerare.

Il tanto è anche nell’ipocrisia di chi ogni giorno, a parole, valorizza quel meno proprio perchè non lo riguarda e d’altronde sprecare qualche parola per chi sta male, per chi sta attraversando inferni, per chi attraversa la vita con una dotazione veramente ridotta, fa sentire davvero molto fichi.

La tentazione diffusa di farsi sedurre da ciò che non si potrà mai avere rischia di spostare il nostro sguardo dalla bellezza di quello che ci brilla dinanzi agli occhi negando le storie strazianti o molto dolorose di quanti purtroppo, vicini o assai lontani da noi, realmente dinanzi agli occhi hanno poco o nulla.

Per questo nuovo anno auguro a te, figlia mia, di continuare ogni giorno a trasformare quello di cui disponi senza mai smettere di divertirti e di stupirti delle sorprese della vita.

Auguro a me di apprezzare le sfumature di quel meno tanto temuto che da anni mi riempie la vita di tonalità impensabili e di una ricchezza indicibile.

Auguro a tutti quelli che si riempiono di cose o fanno lo stesso con i loro figli, di fermarsi un attimo a mettere ordine per non farsi trascinare nell’oblio dell’abbondanza che, a tradimento e senza avviso, fa perdere il gusto dell’attesa, della conquista, della gratitudine, della sorpresa.

Auguro alla mia vita ancora un po’ di tempo, per gustarmi fino in fondo quella possibilità che, proprio perchè ricercata a volte in pertugi molto oscuri,  mi conferma di continuo il senso di questa vita e della sua straordinaria bellezza.

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