Ieri ho incrociato una giovane coppia che ha catturato la mia attenzione. Lei, con le braccia un po’ tese in avanti, sembrava avere tra le mani una bambola che invece, a guardar bene, era un neonato.
Al cinema, durante la visione di un film di animazione, di quelli che piacciono a bambini, ragazzi e adulti, un bambino piccolo si fa sentire con il suo pianto. Di certo non avrà avuto più di un anno.
In queste occasioni, lo ammetto, mi sento proprio di un’altra generazione e può essere che a peggiorare la situazione, ci si sia messa anche la mia scelta professionale e l’incontro con maestri e maestre, che mi hanno insegnato a guardare i bambini con uno sguardo di particolare attenzione.
La cosa che più mi colpisce è come, nel giro di non molti anni, i bambini siano diventati sempre di più “oggetti” da esibire e al tempo stesso, da portare con sè, in qualsiasi situazione quasi senza apparenti filtri. Sento raramente la domanda che interroga l’opportunità di una scelta o il suo senso e sempre più spesso le motivazioni degli adulti mi pare che prendano il sopravvento.
Chissà quanti giovani genitori intravedono o intuiscono i numerosi fili rossi che collegano il gesto di oggi con il comportamento dei loro figli che dovranno gestire nei prossimi anni.
E vale per tutto. Per le scelte alimentari, l’abbigliamento e i luoghi da attraversare.
Schiacciati da un eterno presente abbiamo tutti bisogno, ogni tanto, di allargare lo sguardo e forse ultimamente, mi manca troppo spesso il respiro.
Mi volto, ti guardo e rido. Pensa che la mamma, in memoria di un bellissimo testo sulla salute del bambino, ha aspettato che avessi quasi quindici anni per farti mangiare la frutta secca!
Ott 08, 2012 @ 16:38:09
sono d’accordo con quanto scrivi….la famosa “cultura dell’infanzia” forse è qualcosa che va sempre coltivata….poi, mi sembra, ci sia una tendenza a vivere l’altro come un’estensione/appendice di sè più che come individuo che porta con sè la propria “ciascunità” (cit. di un tuo intervento di…”qualche” anno fa) 🙂