…guardandola in faccia e costingendola a farsi pensare.
Quante cose sono accadute, quante cose ci siamo detti a Torre degli Alberi attorno, sulla e della violenza educativa. Forse ancora con troppe parole, come ha detto Paola alla fine, ma certamente i nostri corpi hanno parlato molto. Era una scommessa il seminario di fine febbraio. Anzi molte. Educazione e violenza non sono un binomio facile da convocare. Farlo chiedendo ai corpi di incontrarsi e scontrarsi, per “capire” meglio, anzi, in modo diverso, rischiava il confine dell’illegittimità. Del resto, se non si rischia quel confine per coglierlo e imparare a rispettarlo, “violenza” resta solo una parola pronunciata magari con piglio di condanna, ma vuota di esperienza.
Questo ho imparato, tra le tante, in quel week end. Ho per le mani un “giro” finale di valutazione che, da solo, narra di intensità, un’intensità non solo emotiva ma anche di pensieri e di scoperte tra la pelle e la mente. Ci sarà tempo per riprenderle una per una e condividerle con chi vorrà. Intanto lasciatemi dire con le dita, che incontri di questo genere valgono il mio lavoro. Grazie a tutte e a tutti quelli che hanno voluto prendervi parte. E spero che vorranno anche loro condividere qualcosa di ciò che, insieme, abbiamo creato.
Igor Salomone
Mar 11, 2011 @ 14:41:10
Erano giorni che desideravo riflettere sull’esperienza del seminario per non farmi scappare il carico di insegnamenti e di emozioni che il gruppo mi ha dato. Ce l’ho fatta.
Ho ben presenti le considerazioni fatte nel giro di valutazione finale sul concetto di Potenza. Si parla poco in educazione di Potenza, al massimo si nomina l’Impotenza dell’educatore in certe situazioni in cui non sa cosa fare o in cui non ottiene risultati. Ma mai che si usi il concetto speculare. L’educatore che sa cosa fare e ottiene risultati è capace, oppure efficace. Al massimo diventa consapevole del suo potere e dell’asimmetria che il suo ruolo produce.
Forse ci voleva un contesto in cui si imparava attraverso il corpo per tirar fuori la Potenza, per darle legittimità, per rompere il tabù che impedisce di usarla in educazione forse perché è una parola troppo “fisica”, e quindi fuori luogo. E comunque la mia compagna di laboratorio Manu l’ha usata legandola al timore che in lei provocava. Anche alla paura.
La Potenza è il riconoscimento dei limiti, propri e altrui, ci suggerisce Igor. Bello, liberatorio anche dall’ansia di prestazione che un altro concetto analogo, la forza, introduce. Nei conflitti se sei potente non hai bisogno di essere forte per difenderti, puoi anche usare la forza dell’altro, a patto di essere a contatto con lui. E’ quello che ha fatto e descritto Alice nel suo post. Un’azione così potente da averla persino sconvolta. La Potenza è legata strettamente al contatto, alla relazione, è potente se rimane in relazione e se asseconda le imprevedibilità della relazione. E quindi è comprensibile, penso, che sconvolga e intimorisca, perché significa mettersi e mettere in dipendenza da e con l’altro, perdere quote di controllo. Ma grazie a questo superare i propri limiti e farli superare all’altro e questo mi sembra profondamente educativo.
ciao Luca