Di Igor Salomone

Interessante lavoro ieri in un Cdd sul gesto offensivo. Mi era venuto di raccontare come una ricerca su Google restituisca che la nozione “gesto difensivo” risulti molto poco utilizzata, mentre la sua complementare “gesto offensivo” lo sia dieci volti di più. Chissà perchè. Considerando che il contrario di difesa è offesa e che la maggior parte delle pagine web indicizzate da Google per “gesto offensivo”, sembrano condannarlo e non elogiarlo o consigliarlo, è curioso che il suo oppositore linguistico venga così poco convocato, come dire, a baluardo. Che essere offesi (o anche offendere) sia brutto, disdicevole, politicamente scorretto, ma difendersi non sufficientemente legittimo?

Interessante lavoro ieri in un Cdd sul gesto offensivo. Mi era venuto di raccontare come una ricerca su Google restituisca che la nozione “gesto difensivo” risulti molto poco utilizzata, mentre la sua complementare “gesto offensivo” lo sia dieci volti di più. Chissà perchè. Considerando che il contrario di difesa è offesa e che la maggior parte delle pagine web indicizzate da Google per “gesto offensivo”, sembrano condannarlo e non elogiarlo o consigliarlo, è curioso che il suo oppositore linguistico venga così poco convocato, come dire, a baluardo. Che essere offesi (o anche offendere) sia brutto, disdicevole, politicamente scorretto, ma difendersi non sufficientemente legittimo?

Allora ho rilanciato la cosa ai partecipanti, che del resto stavano frequentando il percorso Metafore di Difesa relazionale, chiedendo loro di provare a pensare quale sia il gesto offensivo nel quale maggiormente si riconoscono. Tanto per vedere quanto diffusa fosse una certa qual resistenza a percepirsi dalla parte di chi offende e non di chi riceve un’offesa. Sapevo che non era un esercizio facilissimo, per questo ho iniziato il giro raccontando in prima persona e con dovizia di particolari quanto sia legato al desiderio di prendere a schiaffi in certe situazioni certe persone. E del cosa significhi per me mollare due, e proprio due, sberle: diritto e rovescio. E cosa mi aspetterei come risultato da questo gesto. Poi hanno provato loro, con molta fatica…sia chiaro lo desidero però non lo faccio, non mi viene proprio un gesto fisico, solo parole aggressive, sì ma lo scopo è farlo smettere cosa centra quello che desidero dentro di me…?

Alla fine però, i gesti desiderati e immaginati sono comparsi: un calcio nel sedere, una sberla ben assestata alla mano, un tappare la bocca sbattendo la faccia sul tavolo, un respingere con decisione per mandar via dalla propria vista… Desiderati e immaginati, certo, non agiti. O per lo meno non agiti in senso letterale. La domanda che segue quindi è:  quali gesti offensivi sostituiscono quei gesti desiderati e immaginati per ottenere il medesimo risultato evitando però il contatto fisico diretto…? Sarà un bel andare a fondo di tutto ciò nel seminario che inizia venerdì in quel di Torre degli Alberi. Del reso, un’occasione dedicata alla violenza educativa, non poteva essere occasione migliore per riuscirci.