Lo dico spesso. Scrivere mi aiuta a capire, pensare, condividere, elaborare. A volte è più facile altre, come stasera, le dita sulla tastiera picchiano forte nel tentativo di liberare attraverso ciascuna lettera la rabbia, lo sconforto e l’amarezza.
Oggi, giornata straordinaria, perchè a causa dell’iscrizione al centro estivo, sono andata a prendere mia figlia a scuola. Di solito rientra con il pulmino che si occupa dei trasporti. L’impatto con la scuola speciale, dopo anni, per me non è ancora semplice, nonostante tante volte ho ripetuto e raccontato la mia esperienza e valutazione molto positiva.
Guarda é arrivata la mamma e c’è anche una doppia sorpresa perchè è insieme al papà.
Immagino te lo abbiano anticipato perchè appena incrocio il tuo sguardo ti vedo già gesticolare felice quasi saltando sulla sedia. Ogni volta è così e, ad ogni nostro incontro, il tuo corpo esprime una gioia grande come se non ci vedessimo da giorni.
L’ingresso della scuola è abbastanza affollato. Bambini, ragazzi e insegnanti attendono il loro turno per avviarsi verso i pulmini che riaccompagneranno a casa gli alunni. Mi scatta un click e inizio, quasi senza accorgermene, a memorizzare e poi contare, tutte le volte che qualcuno ti tocca, mettendoti le mani addosso. Passano meno di quindici minuti e ho bisogno di uscire, perchè mi manca l’aria.
Penso ad Angela, la mia insegnante Feldenkrais e ricordo tutte le volte che invita ad essere gentili nei movimenti e nel lavoro che facciamo sul nostro corpo.
Sdraiatevi sulla schiena, chiudete gli occhi, ascoltate quello che il corpo vi racconta e vi suggerisce. Il silenzio aiuta un ascolto profondo e va oltre le nostre parole.
Chissà cosa ti dice il tuo corpo, mentre una volta, due, tre, quattro…. ventisei volte, in meno di quindici minuti, mani altrui ti toccano spesso senza alcun preavviso e in modo molto impulsivo. Non lo saprò mai figlia mia e da anni provo a scrutare le tue reazioni per capire, cercando di non interpretare i tuoi comportamenti in base a quello che farei io, se fossi al tuo posto. E io, farei cose brutte.
Qualche giorno fa al bar sotto casa ho ascoltato un frammento di chiacchiere tra nonne. Mio nipote ha solo tre anni e guai a toccarlo. Se un estraneo ci prova lui lo dice proprio, che non vuole essere toccato!
Tu però non hai tre anni, ne hai quindici e non puoi dirlo, nè potrai mai farlo.
Siamo circondati da corpi sordi che non sanno ascoltare, incapaci di stare nelle relazioni con chi non sa dire. Stasera non mi importa pensare alle buone intenzioni, perchè non sono quelle che metto in discussione.
La prossima volta chiederemo ad Angela di aiutarci. Escludendo l’ipotesi che la mamma possa picchiare tutti, come facciamo a chiedere al mondo di essere gentile con te, anche se non hai parole per dirlo?
Scoppi a ridere mentre ti leggo le ultime cose che sto scrivendo. Te la immagini la mamma che picchia tutti, vero amore?