di Irene Auletta
Capita spesso nel mio lavoro di incontrare genitori di bambini piccoli e di osservarli con tenerezza, sapendoli all’inizio del loro percorso e alle prese con quei primi passi che, insieme ai loro figli, sperimentano nel loro ruolo di madri e padri. Sovente mi riferisco a loro definendoli “genitori piccoli”, proprio con la stessa cura e delicatezza che penso necessaria per i loro bambini.
Con una strana e bizzarra capriola del tempo, penso ai tanti genitori con figli disabili che conosco da anni o che incontro per la prima volta. Mi colpiscono soprattutto i genitori di figli grandi che, non di rado, mettono alla prova con questioni complesse e problemi da adulti. Lo scarto, a volte disarmante, e’ proprio il divario tra l’età anagrafica e quei comportamenti che, negli anni, non solo rimangono in quella veste troppo facilmente definita infantile, ma si induriscono come risultato di una vita difficile da attraversare, anche come figli, figlie e persone adulte con disabilità.
Racconti di giovani uomini e donne che urlano, protestano, utilizzano il corpo per dire il dissenso mettendo a durissima prova i corpi e le anime di genitori che si avviano verso “una certa età”, come diceva mia madre.
Comportamenti difficili anche solo da ripetere e che, non raramente, mettono in ginocchio gettando nello sconforto. E allora, proprio mentre ascolto tante testimonianze che mi risuonano vicine, non posso fare a meno di pensare a come questi genitori siano stati poco aiutati, non tanto per gli aspetti sanitari o riabilitativi (nei migliori dei casi), ma per assumere, sostenere e portare avanti il loro ruolo educativo.
Con te sono stata fortunata sia per la possibilità di continuare ad attingere anche a ciò che faccio per professione sia, soprattutto, per la presenza di tuo padre che, a parte i primi difficilissimi tuoi anni di vita, ha danzato con me per tutti questi anni, aiutandomi a cercare il passo giusto e accettando le mie indicazioni quando anche lui inciampava. Tante volte ci siamo dati il cambio, e ancora lo facciamo appena la vita ce lo consente, aiutandoci e sostenendoci senza falsa compassione o visione pessimista ma sempre con la voglia di capire, imparare, confrontarsi, cercare alternative o, a volte, semplicemente ridere di quello che la vita ci chiede di affrontare o di fronte alle tue espressioni adorabili.
Di facile non c’è nulla e tuo padre l’ha scritto molti anni fa nel suo diario di padre ma quello che abbiamo provato a non perdere di vista è stata la voglia di vivere, non accettando mai la facile deriva di accontentarsi di sopravvivere.
Oggi la tua e mia maestra Feldenkrais, indispensabile e prezioso aiuto e cura per entrambe, ha utilizzato una bella espressione che mi ha riempito il cuore. Il tuo bello, mi ha detto, è che attraversando tempeste non manchi di esplodere nella gioia.
Grazie Angela ormai nostra storica curatrice di famiglia, perché da un po’ anche tuo padre fa parte del gruppo. Grazie perché in tanti anni di preziosa vicinanza non hai mai smesso di esibire il valore di quella cura di cui necessitano come l’aria i genitori che fanno della cura ricorsiva, che non finisce mai, la loro instancabile compagna di vita. Non mi stancherò mai di dirlo che per aiutare bisogna farsi aiutare, prendersi spazi di cura, di bellezza, di leggerezza, di luce. Un diritto per genitori e figli.
La disabilità è una faccenda seria e complessa certamente per i genitori ma anche per quei figli che incontrano la vita con uno zainetto sguarnito di tante possibilità, tanto più la condizione è severa. E con te, figlia mia, la vita è stata severissima.
Come faccio spesso dopo riflessioni tanto intense, te lo racconto stasera mentre torniamo dalla piscina. Le poche parole dette, di amore e comprensione, si alternano a quelle che riempiono i nostri silenzi e di nuovo mi chiedo come condividere questi pensieri con quei tanti genitori che rischiano di essere travolti dalla fatica, dallo smarrimento, dalla disperazione.
Sai cosa faccio Luna? Stasera scrivo un post su quello che ti sto raccontando e speriamo che arrivino un po’ di carezze a tanti cuori feriti e doloranti perché la gioia, sempre, è un diritto di vita.
Per la vita.














