E così accade che alcuni pensieri ti raggiungono prima nella pancia. Leggo il post di una madre che vorrebbe prendere su di sé i mali e le fatiche del figlio usando parole crude che non lasciano dubbi. Se servisse amore mio prenderei ago e cotone e mi cucirei la bocca per non dire neanche più una parola se servisse a far parlare te.
Quante madri si sono ritrovate e si trovano ogni giorno con quelle parole in bocca sentendosi al tempo stesso uniche e parte di un tutto pulsante al femminile? Può essere che anche i padri si ritrovino di fronte a pensieri simili ma quello di assumere sul proprio corpo i mali del figlio mi pare una cifra assai materna, forse a segno di quella responsabilità mai interrotta del proprio corpo nato come prima custodia di un bene così prezioso.
Io ci ho pensato tante volte in questi anni e, come accade sovente rispetto a molte vicende della nostra relazione, mi accorgo che il passare del tempo introduce sfumature e toni differenti. Certo, ancora oggi ci sono giorni in cui vorrei prendermi le tue cadute, i tuoi tremori, le tue urla di protesta di fronte a qualcosa che non riesci a dire e forse neppure a pensare. Ma, sempre di più, il mio posto si definisce al tuo fianco, solo a tenerti per mano oppure a vivere quel senso di mancanza in tua assenza.
A questo penso proprio ora di fronte alla domanda di scrivere qualcosa sul “dopo di noi”, su quel tempo che sa di futuro e che svela l’eterna vulnerabilità dei figli disabili.
Anni fa in un post ho scritto che comprendevo bene i genitori che si auguravano di chiudere gli occhi per sempre allo stesso istante dei loro figli e ancora oggi sento la forza di quel desiderio, figlio della paura dell’ignoto. Al tempo stesso però penso che, crescendo, anche i figli disabili hanno il diritto di vivere la perdita e la mancanza dei propri genitori, esattamente come accade a noi tutti e oggi, la mia responsabilità di madre ogni tanto riesce a sbirciare oltre le viscere e a intravedere quel futuro, senza interrompere troppo a lungo il respiro.
Potrò fare a meno di te? Forse mai.
Potrai fare a meno di me? Ci sto lavorando tesoro e speriamo che il tempo ci aiuti a intravedere vie possibili che non brucino troppo il cuore.
Ott 02, 2016 @ 20:53:36
Non ci sono parole per descrivere la “bellezza” in senso ampio dei tuoi pensieri.
Ott 02, 2016 @ 21:29:09
Grazie Nadia!!
Ott 02, 2016 @ 23:53:31
Grazie sei riuscita a scrivere di cosa assai importante in maniera lieve. E gia fermarsi su questi pensieri e’ coraggio. Guardarsi farsi domande cercare. Grande insegnamento. Grazie Irene
Ott 03, 2016 @ 05:33:07
Grazie anche a te Liliana per il rimando!
Ott 02, 2017 @ 09:34:50
Forse anche il futuro si costruisce a piccoli passi, tra nume e sorte e…qualche passo di danza. E il movimento “musicale” mi sembra sia una cifra del tuo scrivere e dell’incontro con Luna, insieme alla sua bellezza e al suo “mistero” che, come in ogni “incontro della vita”, è anche da custodire e rispettare.
La sfida è che altri “danzatori” possano alternarsi nella danza, in una musica tutta loro…mentre scrivo, faccio un grande respiro…servirà allenamento, penso, qualche “prova di ballo” che arriverà a portare qualche nuovo passo e, insieme alla fatica e le preoccupazioni, i sorrisi.
Ott 02, 2017 @ 10:01:07
E mentre leggo respiro anch’io forte con quel pizzico agli occhi che sfuma i contorni delle parole ma nella speranza di sorrisi possibili. Grazie, con il cuore