Crepuscolando

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di Irene Auletta

Qualche sera fa, approfittando di una piccola pausa alla calura pesante delle ultime settimane, decido di proporti un’uscita serale anche per interrompere difficili “circoli viziosi” in cui rischiamo di soffocare molto più del caldo torrido.

Che ne dici Luna andiamo a trovare  il nonno? Mio padre dorme pochissimo e quando lo avviso della speciale visita serale mi risponde pimpante che tanto lui fino a oltre mezzanotte e’ sempre sveglio e ci aspetta con piacere. Siamo in una botte di ferro. 

La serata è limpida e già il viaggio in auto, le luci, i colori del centro città e la possibilità di muoversi senza traffico, mettono un po’ di calma facendo comparire ogni tanto un piccolo sorriso sulla tua faccia da temporale.

Appena arriviamo, dopo tutti i tuoi rituali che metterebbero a dura prova anche la famosa pazienza di Giobbe, ti dirigi senza esitazione in camera da letto dove tante volte sei stata a riposare, giocando, vicina alla nonna. Sembri proprio cercarla.

Una sua bellissima foto lì vicina, che guardiamo insieme,  mi aiuta a ricordarti che la nonna non è più qui e, anche vedendo gli occhi lucidi di mio padre, ti propongo di stare in sala.

Funziona fino al momento del saluto quando scappi di nuovo in camera e stavolta ti dirigi direttamente verso la foto. La prendo e tu avvicini  il viso quasi a sfiorarne con la punta del naso la cornice. Il pianto solitario di questi ultimi mesi di assenza mi stringe la gola mentre mio padre prova goffamente a dirti nuovamente che la nonna non c’è più. 

Mentre le tue labbra vicino alla cornice sono la cosa di più simile a un bacio, prendo fiato e ti ricordo il suo sorriso, i suoi gesti gentili, i suoi scherzi e le cose che ci diceva sempre. Ti ricordi Luna quando nonna?

Un bacio tu e un bacio io, poi lasciamo la foto sul comodino e usciamo accompagnate da mio padre che timidamente si asciuga le lacrime. 

Fai sempre fatica a salutare e anche stasera lo faccio io per te provando a dare poche parole all’emozione che ci ha travolto mentre mio padre aggiunge quasi in un sussurro, hai ragione Luna anche a me non sembra vero.

Nel viaggio di ritorno verso casa, che allungo sapendo di farti contenta, il silenzio assume tinte molto malinconiche che rigano il viso.

Irene, ti raccomando per la mia Luna l’allegria e il sorriso, ricordati che non vi devono mai mancare!

Le sue parole mi arrivano leggere con tutto il peso della mancanza e mentre mi asciugo gli occhi, faccio un respiro profondo ed eccoci di nuovo lì insieme, noi tre. Ripeto alcune sue battute mentre sbircio il tuo sorriso che mi allarga il cuore tra ferite e cura.

Luna, ma ti ricordi quante volte nonna? 

Distanze e sorprese

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di Irene Auletta

Il saluto del mattino segue le onde del risveglio e la giornata prosegue con la comunicazione di un programma giornaliero sempre ricco dove l’acqua la fa da padrona. Ma non solo.

Dopo il cerchio del saluto parte la coda di bambini, ragazzi e operatori che nel loro attraversamento del Villaggio turistico, se fosse possibile non notare, e’ impossibile non sentire. Si percepisce anche a distanza come gli spostamenti accompagnati dai canti siano occasione per ribadire la logica del gruppo, del divertimento e anche di quella spinta a stare insieme che per molti non è né facile né scontata.

Al loro passaggio davanti ai bungalow e’ possibile osservare adulti con lo sguardo orientato in quella direzione a cogliere proprio lì il loro figlio o figlia. Io, quando ti intravedo, mi scorgo sempre con gli occhi lucidi. Negli anni di questa esperienza anche le mie emozioni seguono le onde della giornata e mi vedo, esattamente come altri genitori, a osservarti sempre con quel misto indissolubile di gioia triste o malinconica contentezza.

Anche quest’anno il feeling con l’operatrice ti è di grande aiuto e vederti a distanza ridere, giocare, nuotare, lanciarti dagli scivoli e dai gommoni in acqua, e’ una cura miracolosa per tutto.

Il bello di quest’esperienza è il saperti vicinissima ma distante in compagnia di altre persone per tutta la giornata.

Ieri sera, “giornata invertita” insieme agli operatori dalle 15 alle 23, ti guardavo danzare in quel gruppo gioioso e pieno di bella energia e mi è venuto spontaneo fare il paragone con la serata musicale e danzante offerta dal villaggio, nello stesso momento, per gli altri bambini e ragazzi.

Proposte di balli ammiccanti, sempre uguali in quelle movenze incoraggiate da animatrici e animatori brutta copia di soubrette sculettanti. A guardare, divertimento zero.

Poi un po’ a distanza un gruppo di giovani che ridono e ballano insieme mescolandosi a bambini e ragazzi. La rigidità, le stereotipie, i comportamenti “fuori schema” non turbano l’allegria.

Ogni tanto riemergi in quel gruppo dove riesco ad osservarti senza fretta solo perché non mi vedi e penso che stasera la vera proposta di qualità e’ senza dubbio la vostra!

A volte la vita, nella sua durezza, lascia spazio a sorprese leggere e stasera, con quella maglietta rossa e luccicante, tu sei la mia sorpresa preferita.

Gesti preziosi e fagiolini

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di Irene Auletta

Mia madre mi ha insegnato che stare vicino è un fatto di carne, di azioni concrete, di gesti. Poche parole e tanti fatti diceva sempre lei che neppure aveva idea di essere così vicina al filosofo Seneca quando scriveva che i fatti devono provare la bontà delle parole. Altrimenti …

Quando aprivo la porta sorpresa dalla loro visita, la sua e quella di mio padre, la sua frase ricorrente accompagnava una visita di saluto, di compagnia, di vicinanza. Vuoi che ti prepari qualcosa per cena? Guarda cosa ti ho cucinato a casa. Dammi qualcosa da fare, che faccio qui con le mani in mano?

Le parole non erano il suo forte, anche se le sue espressioni e le sue massime in dialetto mi accompagnano ancora oggi ogni giorno, ma i suoi gesti mi hanno sempre raggiunta forti, delicati, amorevoli, presenti. Mi ha insegnato l’allegria proprio così, mentre ripeteva ricordati che ad essere allegri quando va tutto bene, sono capaci tutti! Si mamma, avevi proprio ragione, è l’allegria del cuore pesante la vera sfida, quella che ti orienta a sostenere un sorriso nella tempesta e a cercare tenacemente di insegnarla a chi ami, proprio mentre sta attraversando strade assai accidentate, vicinissime a burroni.

Mia madre non immaginava neppure lontanamente che oggi le vicinanze avrebbero preso quasi esclusivamente la forma di messaggini ed emoticon, rimarcando una solitudine del genere umano forse mai vissuta prima, soprattutto di fronte ad una mancanza grande, ad un dolore, ad un grave inciampo della vita. 

Direbbero i ragazzi, vuoto cosmico, cuoricini e baci come se non ci fosse un domani mentre ciascuno fa i conti con le sue onde esistenziali, che tanto, prima o poi, ci coinvolgono tutti. 

Si è proprio vero, i fatti devono provare la bontà delle parole e, per quello che mi riguarda provo a farne tesoro, ogni giorno, con le mie vicinanze preziose, con i miei affetti più cari e con quella fantastica signorina che non si fa fregare dalle parole.

Siamo sedute vicino, io un po’ persa nei miei pensieri, quando la tua mano si avvicina al mio viso per girarmelo delicatamente, ma senza equivoci e con fermezza, verso di te. Per un attimo i tuoi occhi mi trafiggono riportandomi vicina con la carne. Le tue mani mi cercano tirandomi a te e qui, proprio qui, c’è il prezioso che mi guida indicandomi la via. 

Sto imparando da parecchi anni a non perdere di vista l’intensità della vita lasciando andare tutto ciò che non mi riguarda e che davvero non ha più senso. Piano piano imparo Luna, tu continua ad avere pazienza.  Che ti preparo per cena? Vengo vicino a te a pulire i fagiolini, che faccio qui con le mani in mano? 

Navigando

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di Irene Auletta

Come genitore di una giovane donna con disabilità mi misuro quasi ogni giorno con qualche ambivalenza. Credo fermamente nell’importanza di riconoscere la tua età e di non vederti eternamente bambina o ragazza, che a questo già ci pensa il mondo, ma a volte, di fronte ad alcune tue reazioni,  sono proprio io a resistere.

Luna mi sembra molto preoccupata, da qualche tempo la trovo triste.

E io, che ti riconosco così, sento un sacco di pizzichi al cuore e alla pancia. Ma la malinconia, la tristezza e la preoccupazione non fanno parte della vita adulta?

In questi tempi hai tutte le ragioni per esserlo, malinconica, triste e preoccupata e, come del resto accade anche a me, sei chiamata a stare con questi stati dell’anima trovando possibili strategie per non soccombere. Razionalmente tutti i pensieri in questa direzione scorrono lisci come seta ma quando ti guardo, sei proprio tu a occupare parte della mia preoccupazione. Con tutte le ambivalenze del caso. 

Luna e’ grande, mi ha detto di recente un’operatrice, e si vede quanto avete fatto per lei e quanto l’avete nutrita e continuate a farlo. Abbia fiducia in lei!

In questa frase, che accolgo con gratitudine, trovo riparo e cerco quiete per la mia anima in tempesta.

Domenica siamo state a visitare un’abbazia dove ci siamo fermate, originali pellegrine, a gustare quel silenzio che solo luoghi pieni di tanta spiritualità permettono di assaporare.

Luna accendiamo una candela della fortuna? Lo facciamo in silenzio, tenendoci per mano.

Qui siamo noi, la nostra essenza e la nostra fragile forza. Teniamoci forte amore, alziamo gli occhi verso l’alto e facciamoci curare dalla bellezza degli affreschi che, ancora una volta ci ricordano quanto siamo piccole e quanto ancora possiamo gustarci di questa vita.

Il resto, per dirla con Ebenezer Scrooge, (*) tutte fandonie!

(*) Il personaggio principale del racconto Canto di Natale, scritto da Charles Dickens nel 1843.

C’est la Vie 

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di Irene Auletta

Dove vai figlia mia quanto ti perdi nei tuoi mondi a me sconosciuti? Dove vado io quando attraverso i miei sentieri misteriosi?

Viaggiatrici toste ma in affanno stiamo vivendo tempi difficili e ognuna di noi due, per le sue vie, cerca soluzioni per affrontare tempeste e schiarite. 

I nostri viaggi in auto sono da sempre un’occasione per perdersi e ritrovarsi e ogni martedì ci aspetta il prima e dopo piscina che riempiamo di silenzi con tante chiacchiere di intensità. Con il cuore pesante alcune settimane fa ti ho raccontato che la nonna si è addormentata per sempre.

Ho fatto riferimento allo stesso linguaggio che anni fa ci aveva aiutato di fronte alla morte della nostra gatta. Ti  aveva accolto alla nascita, in casa, annusando la placenta e da allora ti ha protetto come sua cucciola fino alla fine. Avevi accettato di accarezzarla nelle sue ultime ore di vita ma, appena morta, ti sei rifiutata categoricamente di avvicinarti. Luna, ti ho detto, la nostra Mimi’ si è addormentata per sempre e tu sembravi aver capito benissimo.

E ora, con gli occhi pieni di lacrime e il cuore dolorante, mi chiedo se riesco a raggiungerti. Non ti nascondo il mio pianto perché so che quando arriva lo senti, ma provo a trasformarlo, come ci ha insegnato la nonna, per renderlo più leggero. Hai già tanto peso da portare nel tuo zainetto  e purtroppo negli ultimi anni la vita ha aggiunto ancora qualcosa da portare insieme.

Mentre a volte sembri davvero altrove, altre vedo e sento i tuoi occhi profondi che mi cercano e mi scrutano, insieme a quella ricerca di contatto che ci tiene strette nel nostro incontro d’amore a prenderci cura l’una dell’altra.

Senti Luna, ti ho visto tuffarti, sei davvero coraggiosa … Non vedo l’ora di nuotare con te e di divertirci insieme in acqua a farci gli scherzi!

In acqua le tue enormi difficoltà motorie diventano morbide e il tuo viso felice racconta l’esperienza di quella fluidità per te assai difficile nella gravità. Osservo la stessa leggerezza ogni settimana dopo  la tua lezione Feldenkrais  che, nel nostro ritrovarci, mi coinvolge in quella tua camminata addolcita, quasi a compiere insieme passi di danza.

Così ogni volta, grazie all’esperienza che passa dal corpo, provo a stare con te nelle piccole leggerezze ritrovate e possibili e, cercando di gustarmi questi momenti preziosi, chiedo aiuto alla terra di radicarci forte e a quell’indelebile sorriso abbracciato al mio cuore di continuare a illuminarci la via. 

Sempre, sempre. Nelle dolorose cadute e nei nostri fantastici voli.

C’est la vie mon amour!

Cuori forti

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di Irene Auletta

Mi capita spesso di riflettere e di scrivere intorno al tema della fatica che per molte persone pare essere una condizione inscindibile dall’esistenza. Mi dispiace tanto per loro ma quello su cui cerco di concentrarmi sono gli effetti di questo comportamento sull’educazione. 

Ne discutevo giusto qualche sera fa con un gruppo di genitori parlando di ciò che si insegna, sovente, senza alcuna consapevolezza. Il perenne lamento, la polemica continua, la critica appena possibile, la fatica per tutto, anche mentre si descrive qualcosa di bello, e via in questa direzione nel trascorrere dei giorni. Cosa insegniamo ai nostri figli e ai bambini e ragazzi tutti con questi comportamenti? 

Ti ho salutato tante volte in questi ultimi mesi e ogni volta il tuo cuore ha continuato a resistere rimandando il momento della tua morte, che ogni giorno diviene inesorabilmente più vicino. Oggi, mentre ti invito a riposare, ti racconto delle tante cose belle che mi hai insegnato, del mio bene immenso e della fortuna di averti avuto come madre. Anche la fatica mamma sei riuscita a farmela vivere con leggerezza e bellezza aiutandomi ogni volta a riempirla di quel senso che la giustificava dandole valore. 

Ti racconto di quanto mi sento immensamente grata mentre tu sei già altrove e forse neppure riconosci questa tipa che da un’ora ti stringe le mani e ti abbraccia. 

Quando sono diventata madre mi hai aiutata a rimettere insieme i pezzi di una maternità inattesa e piena di dolore e pian piano mi hai accompagnata a riprendermi la voglia di non perdere di vista la gioia. Il tuo dono più grande che oggi mi fa me e che fa di me la madre che provo a essere ogni giorno.

Signora non si faccia vedere mentre piange, mi dice un’assistente che passa dalla tua camera. Non rimango zitta e, chiedendole il perché della sua affermazione, le dico che le emozioni sono belle di tutti i colori e che nella storia con mia madre hanno sempre avuto un posto importante. Oggi non sarà un’eccezione.

Non voglio la sua risposta ma solo che esca dalla stanza insieme alle sue inutili prescrizioni che ancora una volta stridono con la mia idea di saluto. Quanto è difficile vivere la morte nella sua dimensione naturale e nel rispetto di chi si stringe nel suo dolore. 

Anche adesso, nelle tue ultime battute di vita, le tue mani instancabili sembrano cercare sempre qualcosa da fare e qualcuno di cui occuparsi. 

Anche adesso sei tu mamma, proprio la mamma che mi ha insegnato la profondità del valore della cura e della preziosità di occuparsi di chi amiamo. La parola fatica l’ho sentita pochissime volte uscire dalla tua bocca perché sei sempre andata oltre alla ricerca dei significati più profondi e me li hai insegnati. 

Poche parole, tantissimi gesti e azioni concrete.

Così, anch’io oggi, ti saluto in silenzio, con il dolore nel petto e il cuore forte che mi accompagna nella vita e ogni volta che abbraccio mia figlia.

Proprio , in quell’abbraccio, ogni volta siamo in tre.

“Più che temere che la mia vita abbia fine, temo che non abbia inizio. Non ho paura di morire, a questo tutti siamo obbligati, ma di non vivere. A te ne chiedo il segreto, cuore. Deve esser nascosto nella tua cavità se abbiamo scelto te, un organo cavo, per riassumere la vita dell’uomo, perché è ‘al cuore’ che si fa sempre ritorno”. Resisti, cuore. L’Odissea e l’arte di essere mortali di Alessandro D’Avenia

Incontri al cloro

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di Irene Auletta

Scusa se ti osservo tanto ma ogni volta che ti vedo penso che mi piacerebbe imparare da  una mamma come te.

Ci incrociamo da circa un anno, una volta alla settimana, in piscina con i nostri figli. Il suo un bambino, la mia una signorina, lei una giovane donna, io con parecchi anni in più.

Di fronte alla sua affermazione prendo tempo anche perché la vestizione ci chiama mentre già penso al momento di infilarti  la muta e alla mia spalla dolorante. 

Poco dopo, mentre siamo in attesa a bordo vasca, osservando da lontano i nostri figli le chiedo se ha piacere di spiegarmi la sua affermazione di poco prima.

Così mi racconta delle preoccupazioni per il futuro e dei timori di fronte alla crescita del suo bambino. Vedi, ora quasi non si vede la sua differenza ma quando vedo i ragazzi grandi e gli stessi comportamenti mi chiedo come farò a gestirli. Si smette di soffrire con il tempo? Quando ti guardo con tua figlia mi sembri così serena e allora penso che forse è possibile!

Quante volte ho sentito queste frasi e forse io stessa le ho formulate dentro di me. Le sorrido mentre riesco solo a dire che si impara a diventare genitori grandi insieme alla crescita dei nostri figli, esattamente come fanno tutti i genitori ma dentro di me so che manca un pezzo importante e che sto scivolando sulla superficie. 

La settimana successiva mentre all’arrivo ci salutiamo, mi avvicino con alcuni fogli raccolti proprio per lei. Ho pensato alle tue domande e, se può esserti utile, ti ho portato queste poche pagine da leggere che in passato sono riuscite, e ancora oggi riescono, a consolarmi anche nei momenti più bui. 

Ci sorridiamo e così accade anche nelle settimane successive quando mi dice, toste quelle pagine grazie, ma sappi che continuerò a guardarti per rubarti i segreti!

Il dolore mi ha insegnato e continua a insegnarmi davvero tanto ma ci sono incontri che riescono a restituirmi nuove sfumature di senso di questa avventura insieme a pizzichi di inattesa serenità. 

Ti osservo da lontano e ti vedo, sempre con un po’ di maldicuore, con tutte le tue enormi difficoltà  e con i  tuoi limiti. Però, mentre mi avvicino alla vasca, i contorni dei sentimenti vanno sfumandosi e di fronte a me vedo solo mia figlia.

La vita, con tutte le sue strampalate altalene, per ora non può che strapparmi un sorriso mentre ci ritroviamo in quell’abbraccio al cloro che ci fa Noi restituendomi la bellezza del nostro incontro.

Passeggiando nel tempo

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di Irene Auletta

Negli ultimi tempi gli incontri con mia  madre si sono trasformati in viaggi nel tempo. Il segreto è non porre resistenza e farsi accompagnare in sbalzi da capogiro, in un movimento continuo tra passato prossimo e passato remoto, con qualche puntatina nel presente.

Diversamente da chi in tali situazioni si angoscia, io ho scoperto la via della curiosità e la possibilità di stupirmi insieme a lei di qualcosa che, anche ripetuta a distanza di cinque minuti, diventa una sfiziosa novità.

Ti stupisci della tua età e della mia e riesci sempre a dirmi che sono sciupata e troppo magra.  Dai mamma non è poi tanto vero, ti dico nel nostro ultimo incontro. Allora mi sorridi e con candore mi rispondi che forse mi “sono fatta vecchia”. Replico ridendo che questo è troppo e le ricordo ogni volta le sue di primavere! Ma veramente? Allora mi sono fatta vecchia pure io!

Così va meglio.

Ti faccio vedere spesso qualche foto di Luna, solo un paio perché di più fai fatica a seguirle e non di rado commenti chiedendomi se riesce a farsi capire. Questa tua domanda mi commuove sempre perché era la tua preoccupazione di sempre nei suoi primi anni di vita e colgo lo stupore quando ti ricordo che ora ha ventisei anni.  Cerco di raccontarti solo cose belle e leggere ma ogni tanto mi punti gli occhi negli occhi e sei tu, che mi osservi nel profondo. 

Quante cose pesanti la vita ti ha messo sulle spalle … Lo dici quasi a bassavoce, come fosse un sospiro.

Non faccio neppure in tempo a trattenere le ultime battute che sei già altrove, indietro di trenta, venti, dieci, cinque anni fa.

Mi torna in mente la bellissima frase di film che ho visto di recente. “A volte è meglio non sapere le cose. Il bello della vita è proprio questo: ignorare che cosa accadrà domani; anzi, che cosa accadrà tra un istante. Del resto, come potremmo nutrire qualche speranza sul nostro futuro, se lo conoscessimo già?”.

Appunto.

Quando mi riprendo dal mio vagare, ti vengo a cercare in un altro tempo e così fino alla fine del nostro incontro, con il tuo saluto che ripete sempre le medesime parole con cui mi accogli. 

La mia Irene … la mia Irene.

E così ti saluto incrociando il tuo sorriso stanco mentre i tuoi occhi sono già di fronte ad un altro paesaggio a guardare chissà cosa. Ogni volta devo fare pace con il desiderio di esserci di più e con la mia vita che decide le sue battute spesso incurante di ciò che vorrei non perdere o trattenere il più possibile. 

Dopo ogni visita, ritorno pian piano verso casa accarezzando attimi di nostalgica malinconia in compagnia dei temporali e delle schiarire del cuore.

Quando torno da te figlia mia, il tempo è quello di un magnifico e terribile inesorabile presente.

Luna lo sai cosa ho raccontato alla nonna? Le guardiamo un po’ di foto delle tante cose belle fatte insieme? 

Nel tuo tempo dell’eterno presente i ricordi, tra profumo di violetta e Leocrema, mi riportano in equilibrio tra i miei affetti più cari e profondi e proprio lì, il battito trova attimi di quiete e di felicità.

Prospettive del cuore

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di Irene Auletta

Ogni stereotipia (schema comportamentale rigido, compiuto in maniera ripetitiva e continua, senza alcuno scopo o funzione apparente) sembra peggiore della precedente e ogni volta il percorso da fare deve aggrapparsi alle parole magiche. Passerà, passerà, passerà.

Il “bello” delle tue stereotipe è che poi in effetti passano. Il brutto è che mentre ci sono ti cambiano profondamente nell’umore, nel comportamento e negli stati d’animo. Difficile non farsi contagiare e rimanere,  come dice Vito Mancuso, in equilibrio tra le due fondamentali esperienze esistenziali. La bellezza e la sofferenza. 

Di sicuro io soffro tantissimo e in quei momenti il richiamo alla bellezza non è sempre facile, soprattutto perché il contesto che ci circonda ci restituisce esattamente il contrario. 

Mentre stiamo andando in piscina per il nostro appuntamento TMA del martedì, ti racconto a modo nostro come possiamo fare a superare questa nuova difficoltà. 

Senti, te lo ricordi che Giulia ti sta insegnando a scendere in vasca con la scaletta? Eh … salire e’ fatta ma scendere all’indietro e tutta un’altra storia. Secondo me ci sei quasi e ce la farai sicuramente!

Così, una volta arrivate, ti saluto come da rituale e mi posiziono, per non disturbare la tua esperienza in acqua, in un punto dove non puoi vedermi. Segui l’istruttrice e con molta serenità ascolti le sue indicazioni mentre sperimenti la discesa in acqua con la scaletta. Pochi passaggi per te impegnativi e sei in acqua accolta dal suo applauso. 

Lì vicino, sulle panche a bordo vasca, ci sono mamme e papà di bambini piccoli che, al tuo confronto, stanno facendo acrobazie da Cinque du Soleil. Mentre ti guardo commossa quando l’istruttrice solleva il pollice nella mia direzione, incrocio lo sguardo di una mamma che mi guarda curiosa e forse anche un po’ stupita. Chissà cosa penserà.

Le sorrido perché ormai ho imparato che la nostra esperienza, oltre che per noi, può essere preziosa anche per chi ci osserva. Solo per chi ha occhi e cuore per farlo. Altrimenti, mi dispiace per loro.

Torno a te e stavolta ti mando un bacio al volo mentre esco.

A fra pochissimo amore. Ti aspetto con il tuo abbraccio fresco e bagnato e so già cosa potrò raccontarti nel nostro viaggio di ritorno a casa. 

E la stereotipia del momento?

Passerà, passerà, passerà. 

Significati puliti

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di Irene Auletta

Pensandoci bene, noi genitori con figli disabili, insieme a chi sceglie di farlo per professione, siamo chiamati ogni giorno a fare cultura sui temi relativi alla disabilità e alle culture che vi ruotano intorno. 

Lo facciamo (o dovremmo farlo appena possibile!) assumendoci un ulteriore carico che sovente si traduce in una sorta di pulizia e riordino dei gesti e delle parole. Io, non senza costi aggiunti, ho scelto questa via da anni.

Le persone con disabilità sono bambini, ragazzi, uomini e donne e hanno il diritto di essere allegri, tristi, insopportabili, curiosi, annoiati, incavolati, amorevoli, intelligenti, straordinari, antipatici, motivati, simpatici.  Hanno il diritto di non essere imbrogliati, banalizzati e infantilizzati.

Come noi tutti. 

E qui farei subito una bella pulizia raccogliendo in un cestino gran parte di quelle parole stereotipate che abitano tante culture della disabilità e tanti servizi. Solo per fare un esempio mi vengono subito in mente: adeguato, collaborativo, ragazzi (per sempre), oppositivo, testardo, capriccioso, sfortunato, gravissimo, povero … naturalmente il tutto declinato indifferentemente anche al femminile!

Sulla cura dei gesti invece non mi stanco mai di ricordare il rispetto dell’altro, della sua volontà, del suo limite, del suo corpo, del tuo ritmo. Esattamente come lo stesso vale per i bambini piccoli e per gli anziani. Facile a dirsi, a fare proclami e a sostenere bandiere, ma nella realtà vera, ogni giorno, si incontrano contraddizioni, sbavature, comportamenti e culture emergenti che, in modo più o meno consapevole, negano ciò che viene sostenuto.

Forse dovremmo con più onesta’ nominare le difficoltà che si incontrano nell’incontro con la diversità, nelle sue molteplici forme, e farci allievi desiderosi di imparare sbagliando piuttosto che assertori di fragili verità.

Il fatto di avere una figlia disabile non mi apre tutte le strade e neppure mi rende capace di essere sempre così attenta, disponibile e capace di fronte all’altrui diversità. Mi sento tante volte a disagio, incapace, timorosa e conosco bene la voglia di scappare, voltare la faccia e anche di pensare che in fondo poteva anche andarmi peggio … o meglio.

La fragilità può essere contagiosa e, ogni volta che ci abita vicino, o corriamo il rischio di farci sommergere oppure riusciamo ad assaporarne inedite occasioni per trasformarla in forza. Una ricerca che non finisce mai, perlomeno, così è per me.

In questi giorni sei particolarmente dolce e affettuosa, in quel modo e con quella grazia che con pazienza e tenacia, hanno raggiunto anche le corde più severe del mio cuore. Il dono, figlia mia, per me non sarà mai la tua disabilità e non smetterò mai di soffrire per tutto ciò che la vita  ti ha negato.

Il vero dono è quello che, ogni giorno, mi permetti di imparare e che, come madre, provo a restituirti grata, tra gioia e dolore, rabbia e stupore, orgoglio e sconfitte, meraviglia e disincanto.

Mentre guido verso casa la tua mano innocente mi sfiora e per un attimo ciò che più conta è li, al mio fianco. E così riemerge la parola dono. Odiosa, ambivalente, fiduciosa, insopportabile, auspicabile. 

Vuoi dire che la ricerca, tra le mille pieghe dei significati, non finisce mai? Allora te lo prometto in silenzio, ancora e ancora. 

Andrò avanti Luna, continuerò a spazzare parole e a riordinare i gesti. 

Fino alla fine.

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