Le nostre valigie

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di Irene Auletta

Ci sono quei giorni che diventano occasione per pensare, fare il punto e fermarsi un attimo. Questo dedicato alle mamme per me è quasi sempre uno di quelli. Non che ciò, rispetto alla maternità, accada solo a maggio, anzi, ma il risuonare della parola, degli scritti, delle emozioni, dei fiori e delle poesie, mi porta lì, vicino, vicino al mio battito.

Di fronte alle definizioni e agli aggettivi possibili, continuo a preferire i riflessi che cerco in me e intorno a me, come madre, come figlia, come persona. Le mie radici di figlia ormai sono intrecciate a quelle di madre e tante volte nelle mie parole e nei miei gesti di oggi, mi rivedo bambina ad ascoltarle e riceverle. Sono stata molto fortunata e forse quel bagaglio lì, del mio ieri, si stava già sistemando per aiutarmi ad affrontare quello che da ventidue anni incontro ogni giorno, con tutte le ambivalenze del mio amore.

Ci sono madri e ci sono storie con tante sfumature simili e tante, tante differenze. Qualche giorno fa, in un momento di difficoltà, ci guardavo a distanza, con tenerezza e un pizzico. Io che, come tante mie coetanee potrei essere nonna, a tenere tra le braccia una ragazza sconsolata, ad aiutarti nei piccoli gesti quotidiani, a sostenere quello che tante volte mi pare impossibile e ci condisce la vita di straordinario.

Una storia, la nostra, che si trasforma nel tempo che passa ma pochissimo nei gesti e che tante volte mi chiede come il Barone di Münchhausen di tirarmi fuori e guardarci da prospettive differenti, per non vederti solo indifesa e per non farmi travolgere dalla potenza della tua fragilità, o da quella che come madre percepisco così. Per noi, il ritornello della famosa e datata canzone, e gli anni passano, i bimbi crescono, le mamme imbiancano, ma non sfiorirà la loro beltà! può assumere a volte tinte crudeli.

Sta a noi, ogni giorno, non smettere di cercare la bellezza, sorriderci mentre ci medichiamo reciprocamente le nostre ferite e resistere per non farci oscurare dalle ombre della fatica, della preoccupazione e dell’incertezza.

E allora lo sguardo, quasi fosse un teleobiettivo, ci inquadra proprio ieri, alla luce del sole a raccontarci il mondo nei nostri dialoghi muti. Faccio un gesto e tu sei lì, occhi negli occhi a ridere di gusto. Perle di gioia pura.

Guardo un attimo dentro di me e, tra la confusione di questi giorni impossibili, con tutte le tonalità delle emozioni e dei pensieri, ti ritrovo lì, a darmi forza e a battermi forte nel cuore, facendomi ogni giorno tua madre.

Madri ricorrenti

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di Igor Salomone

C’è chi, come me, ha perso la mamma tanti anni fa. Altri la stanno accompagnando nel percorso difficile della demenza che gliela toglie, lasciandola lì. Poi c’è chi può contare sui gesti di un’altra madre, quella dei propri figli e, magari, della madre di quella madre. Qualcuno, forse molti, deve accontentarsi di un saluto veloce e immateriale partito dall’altro capo di un continente o di un oceano. Tanti l’hanno ancora intorno, assaporandone la prossimità o maltollerandola.

Le madri sono ovunque: nei ritratti sulle mensole, negli oggetti che hanno usato per una vita e ora sono lì, inutilizzati, a parlarti di loro, nei cassetti colmi di biancheria ben piegata, negli odori, nei sapori e nei rumori di casa vecchi e nuovi, nelle braccia che ti hanno protetto e nelle braccia nelle quali cercherai protezione per tutti gli anni a venire, nelle lacrime asciugate e in quelle versate, nello sguardo dei tuoi figli e in quello di te figlio.

E siamo fortunati, Luna, ad avere al nostro fianco chi ce le ricorda tutte, ogni giorno, sempre.  

Il tepore degli sguardi

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di Irene Auletta

Ultimamente mi sono ritrovata a riflettere sui gesti delle madri. Su quelli che agiscono e quelli che ricevono, anche in termini di sguardi. Non ho potuto evitare di pensare a me e a tante madri che, come me, a fianco di figli disabili incontrano un mondo differente, anche nei gesti e negli sguardi. 

Ricordo ancora molto bene la sensazione di parecchi anni fa, quando  prestai le mie braccia al figlio piccolo di un’amica. Eravamo in giro a fare una passeggiata e, proprio per differenza dalla mia quotidiana esperienza di madre, mi colpirono molto gli sguardi aperti e sorridenti, i commenti piacevoli e i sorrisi. Niente di particolare o straordinario, si potrebbe pensare. Le altre madri conoscono molto bene queste reazioni, spesso femminili e può essere che proprio la familiarità con queste esperienze, le trasformi in normalità quotidiane.

Io invece appartengo a quella categoria di madri non abituate a sguardi gentili. Anche se il passare degli anni ha reso il fardello assai più leggero, ancora oggi racconto spesso del carico che mi riporto a casa ogni volta che esco con mia figlia. 

Curiosità, compassione, timore, paura, dispiacere. I primi anni vedevo solo questi. Oggi il panorama è decisamente più ricco e, a fianco di queste reazioni ed espressioni, ogni tanto intravedo dolcezza, tenerezza e stima. Certo, inosservate mai!

Strade lunghe e tortuose le nostre che ingaggiano noi madri pellegrine in percorsi di crescita, tra dolori e nuovi possibilità, sconforti e sorprese, conferme e apprendimenti inediti.

A noi tutte, per la nostra festa, voglio fare l’augurio di sentirsi ogni giorno più leggere,  con la speranza di uscire per strada e incontrare, sempre più di frequente, sguardi tiepidi.

Madri in viaggio

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di Irene Auletta

I post relativi alla giornata della festa della mamma scorrono veloci sulla mia Home di Facebook e sto quasi pensando di rilanciarne uno dei miei già pubblicati per la stessa ricorrenza. Rileggendone alcuni però mi accorgo che ognuno, degli anni passati, trattiene un pezzo peculiare di storia e sentimenti legati a quel particolare momento. Tante emozioni e molti pensieri sono naturalmente ancora oggi validi ma forse, nel tempo, sono un pochino maturati.

Sono fortunata perchè mia madre è viva e perchè ancora oggi ci sono momenti di un’intensità unica che nutrono una storia madre e figlia, arricchita di moltissime sfumature, tra gioie brillanti e dolori immensi. L’ho detto tante volte e ogni anno che passa ne ho solo la conferma. Quel posto non potrà essere occupato più da nessun altro e di quel vuoto me ne sto già iniziando a prendere cura quando guardo quegli occhi anziani, pieni di tanta vita.

Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei ridotta così? L’hai detto proprio ieri, dopo una bella giornata trascorsa insieme, mentre stai facendo una fatica immensa per fare gli ultimi passi di un breve tragitto. Ma appena ti dico che sei ancora qui, vicino a me e a Luna, tu sorridi leggera e quell’attimo rimane immortalato.

Siamo solo noi quattro, io con mia figlia e i miei genitori. Un gruppo che a vedersi credo appaia parecchio folcloristico nel suo genere. Mi ritrovo in diverse occasioni ad avere entrambe le braccia occupate. Mia madre a braccetto e mia figlia per mano. Ieri e oggi, con tanta vita in mezzo.

Chi l’avrebbe mai detto che sarei stata una madre così? Mi sento universo tra universi e ho accettato da anni molti vuoti che mi separano dalle altre esperienze. Anche le persone a me più vicine credo che sovente neppure immaginino quanto alcune espressioni o commenti sui loro figli possano darmi piccoli pizzichi e quanto segnino la nostra distanza siderale.

Però mi sento anche assai vicina a tante altre esperienze che provo a coltivare come un giardino segreto e prezioso, di quelli dove ci si tiene per mano nella stessa avventura e dove le parole, pian piano, non hanno più bisogno di dire. , si sente.

Siamo in viaggio e ognuna deve prendersi cura del suo, come può.

Auguro a noi tutte la possibilità di apprezzarne ogni singola tappa dandosi il tempo di fermarsi e di dedicarsi un fiore. Ogni tanto.

La festa a modo mio

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la festa a modo miodi Irene Auletta

Qualche anno fa ho partecipato ad un interessante progetto editoriale e culturale che ha visto la nascita e la pubblicazione del testo Maternità possibili. Con una delle due giornaliste bulgare che avevano avuto l’idea e colto lo spunto attraverso una testimonianza raccolta in face book, ho potuto condividere l’evoluzione di questo interessante progetto e diventare, come lei stessa mi ha detto più volte, la madrina italiana del testo.

Stavamo bevendo un caffè a casa sua. Senti, trattandosi di una raccolta di testimonianze di madri e non madri, un titolo pensato potrebbe essere Mimose … cosa ne pensi? 

Madri e non madri. Donne che portano la loro testimonianza rispetto al rapporto con la dimensione del materno. Penso a me, a come mi sento stretta inserita in qualsiasi categoria e forse mi perdo un po’ via nei miei pensieri mentre penso a un titolo più immediato.

Che ne dici di Le mamme possibili?

Il progetto è andato avanti per la sua strada, così come il testo nato e pubblicato sia in bulgaro che in italiano.

Oggi mi rimane lo spunto di quel titolo, di quell’idea, perchè mi piace pensare che la “festa della mamma” possa essere interpretata diversamente da tutte le donne. Chi ha figli e chi non ne ha, chi pensa alla propria madre, chi interroga, magari anche per professione, il proprio rapporto con il materno, chi si ritiene “speciale” per l’esperienza peculiare che attraversa insieme al proprio figlio.

In questi ultimi quindici anni, come madre, ho intrapreso un lungo e complesso percorso di ricerca e ogni anno, nella giornata della festa della mamma, mi sono ritrovata in una posizione diversa. Ma io, che mamma sono anzi, che mamma mi sento?

Mi ricordo ancora quando tanti anni fa mio padre ci coinvolse, me e mia sorella, nell’acquisto di un prezioso dono per mia madre. Una collana d’oro con un ciondolo a forma di cuore con all’interno una rosa in rilievo. L’ho rivista pochi mesi fa.

Ce l’hai ancora mamma? Figurati, certo che ce l’ho ancora e mi ricordo di quando me l’avete regalata, tu forse non avevi più di sette, otto anni.

Me lo ricordo anch’io mamma e questa giornata è per te. Per tutto quello che ti ho detto e per tutto ciò che rimane nel mio cuore.

Per te, perchè sai più di chiunque altro riconoscermi come la madre che sono e che ogni giorno mi permetti di essere, anche grazie al tuo sguardo.

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