Donne, menti e cuori per l’educazione

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di Irene Auletta

Sfoglio un album di foto ricordo.

Luglio 1991. Incontro per la prima volta due gruppi di educatrici di servizi per la prima infanzia di un comune dell’hinterland milanese. Allora si chiamavano ancora asili nido. Loro si stavano cimentando con un forte bisogno di formazione e di cambiamento e io con le mie prime esperienze nel ruolo di consulente pedagogico. Di certo allora, nessuno di noi avrebbe immaginato una storia professionale che ci ha viste per quindici anni compagne di viaggio.

Febbraio 2014. In occasione di una serata culturale che conduco insieme ad una collega ci incontriamo di nuovo. Senti Irene, quest’anno ricorrono i miei quarant’anni di lavoro e, anche se in pensione ci andrò il prossimo anno, mi piacerebbe fermare questo momento raccogliendo la mia esperienza e condividendola con le persone che insieme a me, hanno attraversato la mia storia professionale. Ci stai? Mi daresti una mano a pensare ad una serata che si configuri come incontro leggero, per festeggiare e ricordare insieme?

Aprire 2014. Eccoci di nuovo qui. Come succede nelle storie importanti, anche se non lavoriamo più insieme da parecchi anni, appena arrivo riconoscono il clima, l’organizzazione e la cura dell’ambiente, i sorrisi e i saluti che parlano di incredibili intrecci di vita e lavoro, trattenuti anche nel titolo dell’invito preparato dalla festeggiata e consegnato a ciascuna delle invitate. Non potrebbe essere diverso per lei perchè questo è sempre stato il suo modo di intendere il lavoro e l’educazione. Intrecci tra mente e cuore, tenacia e leggerezza, rigore e tenerezza, fatiche e raccolti.

Ricorrono parole che riconosco semi della nostra storia e che son diventati frutti individuali ricchi di sfumature differenti. Crescere, imparare, insegnare, credere, osare, sperimentare, divertirsi, impegnarsi. Il tutto condito con la passione che in tanti anni di lavoro ha fatto patire e ha permesso di gioire.

Serata ricca, piena di emozioni, ricordi, immagini, racconti. Di te mi ricordo bene quella volta che… Ti ricordi quando insieme abbiamo? … Quando ti ho conosciuta ho pensato… Durante la serata ci fanno compagnia tante fotografie che ritraggono momenti di quarant’anni di lavoro con bambini, genitori, colleghe e formatori. Materiali elaborati e prodotti individualmente e insieme. Programmazioni di lavoro, profili dei singoli bambini, lettere destinate a referenti istituzionali, tracce di momenti formativi e altro ancora che racconta una storia che, insieme ad altre storie, ha attraversato le trasformazioni dei luoghi educativi pensati per accogliere bambini piccoli e le loro famiglie.

Momenti di respiro profondo. Un’educatrice, già in pensione da qualche anno e che ha lavorato fino a sessantacinque anni con il sorriso sulle labbra e negli occhi, mi dice che ci voleva proprio, una boccata di ossigeno!

Educazione e vita, ancora una volta insieme in quei saluti affettuosi che profumano di un nuovo arrivederci.

E poi di nuovo il cielo

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e poi di nuovo il cielodi Irene Auletta

Ieri sera ero davvero stanchissima e ho dovuto ricordarmi diverse volte il benessere che provo al termine di ogni lezione Feldenkrais, per spingermi a vincere la fatica di uscire di casa e andarci.

Angela, la nostra insegnante, anticipa il lavoro che ci stiamo accingendo a fare dicendoci che la serata sarà l’avvio di una serie di incontri dedicati al camminare e ai diversi modi di farlo. Ci chiede di fare particolare attenzione alla posizione della testa e i primi movimenti incontrano una tensione nel collo che, nei giorni peggiori, mi provoca quei classici giramenti di testa che conoscono bene quanti soffrono di problemi di cervicale.

Non ho voglia di avere nausea anche stasera, come la volta scorsa e così mi accorgo che resisto un po’ a eseguire i primi movimenti e le indicazioni dell’insegnante. Chissà quante volte nel mio lavoro di formatore ho tematizzato le resistenze al cambiamento e, soprattutto, ad una proposta che chiede in prima battuta di misurarsi con quella che, almeno in apparenza, risulta più come un’ulteriore fatica che una ritrovata leggerezza.

Il mio bisogno di coerenza tra ciò che dico e quanto pratico mi spinge a provare, avvicinandomi alla tensione del collo, piano piano. Sono giorni in cui mi ritrovo spesso a pensare alle fatiche, al modo di viverle e dargli forma.

Proprio qualche giorno fa in un seminario rivolto alle educatrici dei servizi per la prima infanzia ho avuto modo di restituire loro un aspetto che negli anni ha preso una forma per me sempre più chiara. E’ vero che per le educatrici con tanti anni di esperienza alle spalle sono necessari alcuni correttivi per affrontare al meglio il loro lavoro con i bambini molto piccoli, rispetto alle fatiche fisiche e psicologiche che ogni giorni si ritrovano ad affrontare. Però lo è altrettanto l’innegabile carica di energia e vitalità che gli stessi rendono possibile con il loro essere. Ti ricordi di come è invecchiata di colpo quella collega che dopo anni di lavoro al nido ha chiesto di essere trasferita in biblioteca? mi dice un’educatrice che conosco da tempo. E di certo non si riferisce solo all’aspetto fisico.

Racconto di come qualche giorno prima in occasione di un’incontro presso una scuola per l’infanzia, ho incrociato nel corridoio una bambina che canticchiava tra sè e che mi ha rallegrato l’intera giornata.

E così torno a sentire il mio collo, la testa e il suo essere allineata con la colonna. Me ne rammento stamane mentre mi concedo una piccola passeggiata. Che strana sensazione. La posizione della testa è davvero diversa, lo sguardo spazia davanti a me e intorno a quanto mi circonda.

Per oggi basta asfalto, mi regalo solo cielo.

 

Il cuore in una pentola

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di Luigina Marone

Qualche giorno fa un’educatrice mi chiama al telefono e mi dice: “Luigina riesci a passare dal nido oggi a mangiare? Sei stata invitata dalla mamma di..marocchina che oggi porta a pranzo qualcosa per noi.”

La mattinata è volata per una serie di incontri che si sono succeduti e alle 13.30 in bicicletta mi sono recata al nido. E pedalando penso a questo appuntamento che porta qualcosa di diverso alla mia giornata e immaginavo qualche dolce e il tè, preparato per noi da questa mamma in segno di ringraziamento.

Si, alcuni genitori alla fine dell’esperienza al nido, compiono gesti d’affetto con una lettera, un dono da lasciare al nido per i bambini che arriveranno, come se ritengono importante un saluto nel lasciarsi e dire grazie!

Entrata al nido una mano lungo il corridoio mi sollecita a raggiungerle dicendomi: “Luigina tu non immagini cosa c’è qui”…. e quando entro nella sala da pranzo tanti brividi scorrono lungo tutta la pelle nel vedere quella tavola imbandita. E vengo accolta da un abbraccio ….

Tutti piatti nuovi per me e quindi ho chiesto a questa mamma di accompagnarmi nel percorso di conoscenza della sua terra: soia con uvetta e mandorle e zucchero a velo, poi il pollo cotto nel tagijn, un’altra carne con prugne e mandorle, tante salse di verdura che accompagnavano la carne e diverse verdure fresche come il cetriolo, la rapa rossa, l’insalata e pomodori per rinfrescarsi la bocca. Mi dice mentre assaggiamo che quello è il pranzo che al suo paese all’interno vicino a Marrakech si usa offrire alle persone ai matrimoni.

Intanto parliamo della sua famiglia di origine, delle tradizioni marocchine, del figlio che a due anni voleva scappare dal quel posto così diverso e che ha riabbracciato forte piangendo in Italia un amico al rientro. Parliamo di questa nuova vita in Italia e della difficoltà di accettare ora alcune imposizioni culturali della sua terra di origine. Lei è molto contenta di questo gesto d’affetto che ci sta offrendo, sorride e intanto racconta della generosità di sua madre che ogni cosa che le figlie le portano dall’Europa la divide con la gente del paese.

Racconta che a casa loro la porta è sempre aperta, ogni volta che entra qualcuno su due piedi preparano qualcosa da mangiare e da bere per lui … non è come qua. Lo ripete tante volte “non è come qua” e ci fa assaporare climi familiari … e ride con noi di quella volta che ha portato alla madre del formaggio grana e lei lo ha scambiato per il sapone da lavare. Si respira un aria di semplicità, di autenticità, di amore. 

Ad un certo punto mi guarda e mi dice grazie! Grazie per tutto quello che avete fatto per me e per il mio bambino durante questo anno. E’ stato trattato bene qui, aveva tante difficoltà e tu sai … io non ero capace di trattarlo perché lui piangeva sempre e loro mi hanno aiutato, ogni giorno.

Mi racconta di altri aiuti avuti da colleghi che hanno mediato tra lei marocchina e il marito egiziano sui comportamenti da tenere in Italia per il rispetto reciproco. Mi hanno aiutata!

Grazie a te mamma del Marocco, queste parole e questo gesto lo ricorderemo per tanto tempo e tanti motivi tra cui che vale la pena fare fatica con i genitori e i bambini nei momenti di difficoltà..e questo può lasciare qualcosa di importante a tutte e due …. nel cuore!

Terminiamo il pranzo con il tè alla menta servito con il rito marocchino e un buonissimo dolce.

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