Progettando i prossimi appuntamenti di Difesa Relazionale, al sole, davanti a uno specchio d’acqua percorso in lungo e in largo da canoe assortite e fiancheggiato da runners indomiti. Ore di silenzio e musica, ad aspettare le idee. Che sono arrivate direttamente dal corpo, senza farsi pregare.
Venerdì gita nel lecchese. Prima riunione in Consolida e poi pranzo e chiacchierata progettuale con l’amica Lara Elli di Torre Luna. Lavori in incubatrice per l’autunno. Del primo, per scaramanzia, parlerò più avanti. Manca un soffio, ma è meglio aspettare si chiuda il contratto. E se sarà, sarà un impegno interessante, di ampio respiro, con una molteplicità di soggetti pubblici e privati, molte realtà locali e un bel tema di fondo: le rappresentazioni e i saperi costruiti sulla “coesione sociale”. Cosa dovrei fare io, come consulente pedagogico, lo vedremo più avanti. Poi Lara, a Oggiono, per un sopralluogo. L’idea era di organizzare per gli inizi di settembre una conversazione per presentare il progetto Difesa Relazionale nei pressi di quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno… In realtà, devo averlo scritto in qualche altro posto, è già in programma un percorso di DR per la Provincia di Lecco. Ma ci siamo chiesti Lara e io se non ci fosse spazio per un taglio un po’ diverso, non solo e non principalmente professionale. Dopotutto DR ha a che fare con la vita di ognuno a tutto campo. Allora ecco l’idea della conversazione e il sopralluogo per vedere se il posto immaginato poteva andare. Alla fine non so se il posto sarà quello, di certo non sarà una conversazione, perchè abbiamo deciso di fare una vera e propria lezione dimostrativa. La data? non ancora decisa. E per il poi, probabilmente un bel seminario residenziale di tre giorni. Stay tuned…
Scollinata la metà del percorso Metafore, o Meteore come si ostina a chiamarlo Monica Massola che mi accompagna in questa avventura, per la cooperativa Diapason. Ho/abbiamo sudato un bel po’ Monica, io e Cristina Piolini che ci aiuta con la sua esperienza di danzaterapia, e non solo per il caldo. A convocare il corpo sulla scena formativa è inevitabile, e a maggior ragione se assieme al corpo si intrecciano i gesti più o meno preoccupanti del ricercare il contatto con l’altro e le strategie difensive che smuovono. Metafore in realtà era nata per elaborare e affrontare i gesti aggressivi sulla scena educativa, ma è approdata con una certa naturalezza al gesto di Eros, che nei luoghi pedagogici abbonda spesso sotto mentite spoglie, e altrettanto spesso celando al di sotto della superficie liscia e attraente, una soglia di rischio da esplorare ma non varcare. Dunque luoghi, corpi, gesti, strategie difensive, soglie di rischio. Del resto, questa è Difesa Relazionale bellezza…
Siamo a fine anno, tempo di valutazioni. Stamattina incontro di chiusura con la cooperativa Aeper. Abbiamo messo in piedi un bel progetto di Difesa Relazionale in quel di Bergamo, giornata di studio “Educazione e violenza nei servizi sociali” e a seguire il laboratorio Scene pericolose. Magari non abbiamo raggiunto per intero il target che ci eravamo prefissati, ma l’esperienza è stata partecipata e intensa. Ora grandi progetti per il prossimo anno. Sia per i nuovi, sia per i “vecchi” che hanno gradito molto, pare, e non sarebbe male offirigli la possibilità di continuare quello che anno iniziato
…guardandola in faccia e costingendola a farsi pensare.
Quante cose sono accadute, quante cose ci siamo detti a Torre degli Alberi attorno, sulla e della violenza educativa. Forse ancora con troppe parole, come ha detto Paola alla fine, ma certamente i nostri corpi hanno parlato molto. Era una scommessa il seminario di fine febbraio. Anzi molte. Educazione e violenza non sono un binomio facile da convocare. Farlo chiedendo ai corpi di incontrarsi e scontrarsi, per “capire” meglio, anzi, in modo diverso, rischiava il confine dell’illegittimità. Del resto, se non si rischia quel confine per coglierlo e imparare a rispettarlo, “violenza” resta solo una parola pronunciata magari con piglio di condanna, ma vuota di esperienza.
Questo ho imparato, tra le tante, in quel week end. Ho per le mani un “giro” finale di valutazione che, da solo, narra di intensità, un’intensità non solo emotiva ma anche di pensieri e di scoperte tra la pelle e la mente. Ci sarà tempo per riprenderle una per una e condividerle con chi vorrà. Intanto lasciatemi dire con le dita, che incontri di questo genere valgono il mio lavoro. Grazie a tutte e a tutti quelli che hanno voluto prendervi parte. E spero che vorranno anche loro condividere qualcosa di ciò che, insieme, abbiamo creato.
Interessante lavoro ieri in un Cdd sul gesto offensivo. Mi era venuto di raccontare come una ricerca su Google restituisca che la nozione “gesto difensivo” risulti molto poco utilizzata, mentre la sua complementare “gesto offensivo” lo sia dieci volti di più. Chissà perchè. Considerando che il contrario di difesa è offesa e che la maggior parte delle pagine web indicizzate da Google per “gesto offensivo”, sembrano condannarlo e non elogiarlo o consigliarlo, è curioso che il suo oppositore linguistico venga così poco convocato, come dire, a baluardo. Che essere offesi (o anche offendere) sia brutto, disdicevole, politicamente scorretto, ma difendersi non sufficientemente legittimo?
Interessante lavoro ieri in un Cdd sul gesto offensivo. Mi era venuto di raccontare come una ricerca su Google restituisca che la nozione “gesto difensivo” risulti molto poco utilizzata, mentre la sua complementare “gesto offensivo” lo sia dieci volti di più. Chissà perchè. Considerando che il contrario di difesa è offesa e che la maggior parte delle pagine web indicizzate da Google per “gesto offensivo”, sembrano condannarlo e non elogiarlo o consigliarlo, è curioso che il suo oppositore linguistico venga così poco convocato, come dire, a baluardo. Che essere offesi (o anche offendere) sia brutto, disdicevole, politicamente scorretto, ma difendersi non sufficientemente legittimo?
Allora ho rilanciato la cosa ai partecipanti, che del resto stavano frequentando il percorso Metafore di Difesa relazionale, chiedendo loro di provare a pensare quale sia il gesto offensivo nel quale maggiormente si riconoscono. Tanto per vedere quanto diffusa fosse una certa qual resistenza a percepirsi dalla parte di chi offende e non di chi riceve un’offesa. Sapevo che non era un esercizio facilissimo, per questo ho iniziato il giro raccontando in prima persona e con dovizia di particolari quanto sia legato al desiderio di prendere a schiaffi in certe situazioni certe persone. E del cosa significhi per me mollare due, e proprio due, sberle: diritto e rovescio. E cosa mi aspetterei come risultato da questo gesto. Poi hanno provato loro, con molta fatica…sia chiaro lo desidero però non lo faccio, non mi viene proprio un gesto fisico, solo parole aggressive, sì ma lo scopo è farlo smettere cosa centra quello che desidero dentro di me…?
Alla fine però, i gesti desiderati e immaginati sono comparsi: un calcio nel sedere, una sberla ben assestata alla mano, un tappare la bocca sbattendo la faccia sul tavolo, un respingere con decisione per mandar via dalla propria vista… Desiderati e immaginati, certo, non agiti. O per lo meno non agiti in senso letterale. La domanda che segue quindi è: quali gesti offensivi sostituiscono quei gesti desiderati e immaginati per ottenere il medesimo risultato evitando però il contatto fisico diretto…? Sarà un bel andare a fondo di tutto ciò nel seminario che inizia venerdì in quel di Torre degli Alberi. Del reso, un’occasione dedicata alla violenza educativa, non poteva essere occasione migliore per riuscirci.
Difesa. Ho iniziato da qui, cercando “difesa” su Google… Non proprio difesa, certo, ci sono milioni di pagine, ma cose tipo: gesto difensivo, difesa nelle relazioni e simili. Escono risultati curiosi. Lo sapevate che se cercate “gesto difensivo” Google nella sua immensa saccenza vi suggerisce che forse cercavate “gesto offensivo”? Insomma, che diamine, un gesto è offensivo prima di tutto no? No, io voglio proprio vedere chi e come scrive di gesti difensivi. Alla fine Google un po’ seccato ti accontenta ed eccole lì: 500 miseri risultati. Se sceglievo l’offensivo ne avrei avuti dieci volte tanto.
Insomma, sembrerebbe che le offese siano molte di più delle risposte. O forse è difficile pensare che un gesto possa essere una di quelle risposte. Chissà. Comunque trovo una foto, questa…Interessante la rappresentazione, difendersi uguale allontanare, o tener lontani. Sarà interessare esplorare tutte le altre possibilità al seminario. Perchè di una cosa sono certo, i gesti difensivi sono molti ma molti di più di quelli che siamo abituati a rappresentarci. Google docet.
Provo anche ad aggiungere una qualche chiave di ricerca. Relazione, affetti e simili, ma niente di che. Salvo l’ovvio, che difendersi quando si tratti di relazione significa essenzialmente tenersi lontano dall’altro. Curioso, perchè gli scacchi sembrano dirci il contrario, è difendendosi che si entra in contatto.
Ormai manca poco. Sono mesi, questi, di grande riflessione sui temi del rischio, della violenza e della difesa nell’incontro educativo. Dopo il convegno di ottobre, Chi non rischia non educa e la giornata di studio bergamasca di gennaio, Scene pericolose, è alle porte il propedeutico La violenza educativa. Imparare a difendersi, difendersi per imparare, che si terrà a Torre degli Alberi, sopra Casteggio in provincia di Pavia, dal 25 al 27 febbraio. Tre titoli evocativi e, al tempo stesso, molto espliciti. La domanda è sempre la stessa: che rapporto c’è tra educazione e violenza?
Sarà perchè sono un uomo, sarà perchè pratico da decenni arti marziali, sarà perchè sono figlio del pensiero di Riccardo Massa, ma a me le visioni consolatorie e bonificate dell’esperienza educativa non sono mai andate giù. Che la violenza sia solo un dato del mondo con cui chi fa educazione deve fare i conti con piglio salvifico mi è sempre sembrata una favola edificante e un po’ miope. Le supervisioni professionali, e le esperienze di Difesa relazionale, grondano di gesti che tradiscono la violenza intrinseca nei luoghi educativi Una violenza sotto traccia, al di qua del limite di soglia, che si scorge ma non si impone ancora all’attenzione e senza la quale, del resto, non si riesce a comprendere come mai talvolta esploda diventando fatto di cronaca. Un fatto di cronaca, infatti, era stato l’elemento propulsore di Chi non rischia non educa, e l’elaborazione della struttura intrinsecamente “pericolosa” delle scene educative quello dell’incontro Scene pericolose.
Adesso mi attende La violenza educativa. Che è una nuova scommessa. Spero di riuscire ad afferrare il nocciolo della questione insieme a chi vi parteciperà: il diritto e la dignità pedagogica della difesa. Inizio la preparazione di quell’incontro. Vi terrò aggiornati. Intanto potete leggervi il documento di presentazione del seminario scaricandolo qui. E sulla pagina Facebook di Difesa relazionale, si può trovare anche qualche altro documento…