Anima e terra

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di Irene Auletta

Giorni tristi e difficili a rincorrere notizie, pensieri di amici, storie e testimonianze di chi si è trovato più vicino a quel tremore della terra che in un attimo ha restituito a ciascuno il proprio essere minuscolo e di passaggio. Io, che l’ho sentito forte come mai mi era accaduto, dopo averne realizzato l’assenza di conseguenze ho avvertito il mio pensiero volare veloce in direzione di quanti ho immaginato travolti dalla tragedia, pronti a raccontarla o come parte di quel numero inquietante di quanti ne sono rimasti inesorabilmente travolti per sempre.

E allora penso. Un’amica cara che sta combattendo una sua personale battaglia contro un sisma che si chiama malattia, chi si muove con cautela tra le crepe lasciate da recenti mancanze, il sussulto continuo di quanti attraversano un dolore condito da una fatica che sembra senza fine. Non sono forse simili i terremoti esistenziali a quelli della terra, che ti raggiungono all’improvviso lasciandoti incapace di pensare, segnando un irreversibile traccia tra il prima e il dopo? Eppure, proprio in queste occasioni riemergono valori, risorse e possibilità inattese.

Sia chiaro, nessuno vorrebbe mai essere travolto da eventi simili, della terra o dell’anima, anche a costo di attraversare una vita meno ricca di apprendimenti. Tuttavia, mi sa che abbiamo poche possibilità di scelta e quindi, che farcene di quanto ci accade se non trasformarlo in occasioni vitali pena un infinito ciondolamento depressivo?

Le tragedie fanno emergere bellezza e lati oscuri, solidarietà ed egoismi vili, vicinanza e abissi, coraggio e fragilità. Il problema non è tanto, a mio parere, quanto emerge spontaneo ma ciò che è possibile trasformare grazie alla nostra consapevolezza. Pensare a sé, avere voglia di scappare, ringraziare la sorte che non sia toccato a te o ai tuoi cari li penso come sentimenti e reazioni semplicemente umane. Iniziare a cavalcare polemiche, sottolineare solo le mancanze, proclamare che qualcuno ha più diritto di aiuto di qualcun’altro, avviare la caccia ai colpevoli, fare domande assurde finalizzate all’audience e quanto altro ognuno di noi può seguire facilmente in questi giorni, credo siano solo una perdita secca. Per fortuna, ognuno può scegliere dove collocarsi.

E allora, cosa farsene di esperienze che bloccano il respiro, che sembrano farci toccare la fine, che ci lasciano immobili, impotenti e incapaci di dire qualsiasi cosa dotata di senso? Diventando grande ho imparato che le domande strizzacuore sono tra quelle senza risposta ma anche che, a furia di ascoltarne il  silenzio, mettono in forma straordinarie sorprese.

  • (Nota relativa all’immagine) Il kintsugi, letteralmente “riparare con l’oro”, è una pratica giapponese che consiste nell’utilizzo di oro o argento liquido o lacca con polvere d’oro per la riparazione di oggetti in ceramica (in genere vasellame), usando il prezioso metallo per saldare assieme i frammenti. La tecnica permette di ottenere degli oggetti preziosi sia dal punto di vista economico (per via della presenza di metalli preziosi) sia da quello artistico: ogni ceramica riparata presenta un diverso intreccio di linee dorate unico ed ovviamente irripetibile per via della casualità con cui la ceramica può frantumarsi. La pratica nasce dall’idea che dall’imperfezione e da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e interiore

A volare si impara

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a volare si impara 1di Irene Auletta

Respirare e’ movimento. Così Angela, la nostra insegnante Feldenkrais, ci introduce all’incontro della sera.

Le lezioni che, nello specifico, concentrano l’attenzione sul respiro, permettono di attraversare cambiamenti e apprendimenti che ogni volta riescono a stupirmi piacevolmente.

E’ importante sperimentare diverse possibilità non tanto per andare alla ricerca di quella giusta ma per mettersi in un atteggiamento di scoperta che consenta di esplorare diverse opzioni e nuove esperienze”.

Verrebbe quasi da chiedersi in che senso e’ possibile respirare con differenti modalità e come questo movimento può così tanto influenzare il nostro modo di essere e di stare al mondo. Eppure, provando, emergono sempre nuove possibilità e ogni volta il corpo impara qualcosa.

E ancora una volta mi ritrovo a dar senso al valore dell’esperienza, qualunque essa sia, provando a fare intrecci con quanto mi piace ricercare anche nel mio lavoro educativo.

Spesso con i genitori provo a recuperare le dimensioni legate alle prove possibili, alle sperimentazioni di quanto accade nella relazioni con i figli, uscendo dalle logiche del giusto/sbagliato o della ricetta pedagogica da vero chef per intravederne altre capaci di valorizzare ciò che è sempre possibile imparare, anche da adulti.

Da quando ti ho incontrata ho scoperto che anche i corpi, pur in assenza di parola, possono dirsi e raccontarsi.

Ogni giorno la tua fatica nel movimento mi ricorda di non sottovalutare quello che molto spesso finisce per essere pensato normale, scontato e quindi poco curato. Ogni giorno la tua sfida alla forza di gravità mi dice qualcosa della tenacia che può esserci anche in un piccolo corpo che tanti dall’esterno giudicherebbero fragile.

Ogni giorno, quando sperimenti quella che più nel tuo desiderio che nel tuo corpo vuole essere una corsa, scopro che anche volare può essere uno stato dell’anima.

Aggiustiamoci

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aggiustiamocidi Irene Auletta

Bella e intensa la lezione Feldenkrais di ieri sera. Angela, la nostra insegnante, ci anticipa un lavoro di ascolto profondo aggiungendo che “ognuno farà quello che sente di poter fare sperimentando movimenti e cambiamenti che riuscirà a percepire e a modificare solo affinando la propria capacità di ascolto”.

Regola generale che però ogni volta per me assume tinte peculiari come predisposizione a quella lezione e all’occasione per dedicarsi tempo e attenzione.

Nel corso dell’incontro Angela invita a sistemarsi alla ricerca della posizione più giusta per noi e per compiere quegli aggiustamenti che solo l’ascolto del nostro corpo può suggerirci con maggiore precisione. Qui ci si può liberare dei timori di essere poco adeguati, di non fare subito la cosa giusta e di rispondere, in qualche modo alle attese altrui. Ci si può aggiustare per capire come stare meglio, per trovare una posizione più comoda, per sperimentare, provare e riprovare, solo per il gusto di farlo e di scoprire le sorprese che il nostro stesso corpo ci riserva e rivela ogni volta.

In fondo, in incontri come questo, è possibile sperimentare quasi il contrario di quello che molti di noi attraversano altrove e che invece richiede immediatezza, prestanza, capacità di essere subito “operativi”. Parole d’ordine della nostra epoca che ormai sono diventate un must di cui sovente è difficile liberarsi.

Eppure mi giunge davvero potente l’idea di aggiustarsi perchè sembra restituire valore anche alla possibilità di partire un po’ sgangherati, incerti, goffi, non solo a livello fisico ma anche rispetto al nostro modo di incontrare e conoscere il mondo. Fa immaginare percorsi di apprendimento, scoperte e modifiche. Insomma, fa pensare che imparare può essere divertente anche per farci ridere della nostra goffaggine.

Durante la lezione riconosco miei diversi stati d’animo che assumono le tinte di quello che in questo momento attraversa la mia vita e, pensando in particolare a come hanno lavorato e si sono mosse le mie spalle, mi viene da restituire una doppia immagine. Un’ala libera e potente pronta a volare e una piccola sporgenza insicura, anche parecchio dolorante. Corpo e anima, abbracciati stretti stretti, a volte si possono raccontare storie incantevoli.

Uscendo la spalla dolente mi fa un po’ meno male e mi piace immaginare che sia perchè l’altra le ha fatto intravedere i voli possibili. In fondo è così anche la vita … basta solo aggiustarsi un pochino.

Giovinezza matura

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giovinezza maturadi Irene Auletta

La vecchiaia non corrisponde alla maturità del corpo ma la anticipa attraverso posture stereotipate, movimenti che pian piano vengono esclusi, consolidamento di posture rigide. 

Così Angela, la nostra insegnante Feldenkrais, apre la lezione della sera, mentre invita il gruppo dei presenti ad ascoltare il proprio corpo sdraiato a terra.

Interessanti riflessioni soprattutto se collocate in questo momento storico che vieta l’invecchiamento ricorrendo ad una serie di strategie assai discutibili, senza curarsi affatto della dimensione della cura e dell’atteggiamento amorevole verso se stessi.  Il  corpo pare così sovente associato ad un oggetto da manutenzionare rispetto alle possibili crepe della superficie, ignorandone totalmente la sua completezza e l’intreccio meraviglioso con la mente e con l’anima di ciascuno.

La lezione ci porta a ripercorrere movimenti appresi e sperimentati durante l’infanzia con l’intento di sentire le possibilità da esplorare e, possibilmente, di recuperare insieme all’apprendimento rinnovato, leggerezza e divertimento.

Angela continua dicendo che il cambiamento della postura e dei movimenti, coinvolge anche il nostro umore, il nostro sentire e il nostro atteggiamento nei confronti del mondo.

Penso ad un bambino incontrato di recente, alle sue posture rigide, alla mascella serrata e alla voce stridula. Un dolore bloccato in un piccolo corpo che non riesce a tradire la postura e un residuo di brillio negli occhi. Penso alle persone sempre stanche, affaticate, malinconiche, afflitte dalla vita.

Quando, parecchi anni fa, ho iniziato a lavorare sul corpo, ho ingaggiato una sfida con me stessa e con tutte le resistenze inculcate da una cultura che ci vuole a segmenti separati e banalizzati. Ritrovare un armonia sconosciuta, ha spalancato porte inattese che ancora oggi attraverso con atteggiamento euristico, proprio come fanno i bambini quando provano e riprovano, senza stancarsi mai e, soprattutto, divertendosi.

Forse, se come adulti ci riprendiamo alcuni piaceri, saremo più in grado di insegnarli a bambini ed adulti perchè imparare può essere molto divertente, ma tanti di noi lo hanno completamente dimenticato.

Osservo mia figlia mentre compie le sue imprese o quelle che a casa chiamiamo con molto amore “acrobazie”. Sono piccoli movimenti ed esperienze che gran parte dei genitori ignorano considerandoli di poca importanza o comunque smarrendoli nelle competenze superiori. La sua gioia per un risultato raggiunto e per il nuovo apprendimento, fa sempre la differenza e, senza alcun metro di valutazione, ogni giorno mi guida verso la direzione da seguire per nutrire, insieme alla giovinezza del corpo, quella dell’anima, che più sa brillare.

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