Venticinque

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di Irene Auletta

Quest’anno per il tuo compleanno, pensando alle parole e ai pensieri che mi piace dedicarti da anni, ho scelto di farmi guidare dalle domande che pongo spesso ai genitori che incontro nel mio lavoro e di fartene dono.

Da parecchio tempo infatti, sentendo i ruoli genitoriali sovente schiacciati dalla quotidianità, mi piace chiedere di raccontarmi caratteristiche belle dei loro figli, esperienze divertenti degli ultimi periodi, qualcosa che li ha riempiti di orgoglio, insomma, una raccolta da destinare a quel contenitore virtuale che tante volte nominiamo per non perdere di vista la bellezza.

Direi che l’esercizio può diventare ancora più interessante e arricchente quando, per molti e differenti motivi, si attraversano momenti di fatica o di difficoltà.

Allora inizio!

Tra le tue più belle caratteristiche non posso non citare il tuo sorriso, che appare sempre pieno di quella tenerezza al profumo di stupore che, quando sfocia nella risata canterina, diventa talmente contagioso da regalare felicità.

Mi piace molto anche il tuo sguardo serio e quella forza che non demorde nel tentativo di esprimere sempre e appena possibile la volontà, con tanta pazienza per l’ignoranza del mondo che ti circonda, spesso talmente attaccato ai propri codici comunicativi da apparire totalmente sordo ai tuoi richiami. 

La tua tenacia mi piace, mi affatica, mi diverte, mi addolora, mi dispera e mi riempie di orgoglio. Avete presente quando si parla di concetti polisemici, cioè portatori di diversi significati?

E che dire della tua allegria che mi restituisce ogni volta il mio più grande successo educativo? Forse allegra lo saresti stata comunque di tuo ma mi racconto che c’è tanto di quello che non ho mai smesso di trasmetterti come modalità per stare al mondo e per sostenere i tanti fardelli del tuo zaino di vita. La tua allegria mi arriva spesso come gli zampilli di quelle fontane che, rinfrescandoti, ti strappano un momento di piacere e di respiro ampio.

L’orgoglio di madre mi ricorda una calda mantella che raccoglie tutto come in un abbraccio che assomiglia tanto a quelli che mi insegni ogni giorno e che, nel tempo, sono diventati tra le più intense comunicazioni del nostro amore. Hai avuto pazienza con me, venendomi a prendere in quella zona di gelo dove mi ero rintanata per sopportare il dolore e sei stata grande, anzi grandiosa, nel riportarmi alla luce.

E poi mi divertono tantissimo quei tuoi gesti che amplifichi sapendo che mi fai sorridere. Quando strizzi gli occhi facendo una faccia buffa, quando sembri sfottermi di fronte al mio insistere di farmi capire facendo si o no con la testa, quando tu stessa sembri stupirti di qualcosa che si avvicina tantissimo ad uno scherzo. Il limite è sempre lo scarto che può esserci tra la tua reale intenzione e la mia interpretazione ma gli anni ci hanno insegnato a riderne quando ti dico, sai cosa c’è? ma chissenefrega se non era proprio così, se ci stiamo divertendo!

E così siamo arrivati a venticinque e la figlia che sei si è accomodata in tutta la nostra scena familiare, senza lasciare più alcuna traccia di quello che avrebbe potuto essere. Il mio desiderio sei tu, perchè ora lo so davvero bene, nel cuore e nella mente, che non sei tu, ma sono io, a non essere spesso alla tua altezza.

Auguri figlia meraviglia!

Stupori stupendi

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di Irene Auletta

Mia figlia riesce sempre a stupirmi nonostante negli anni mi abbia dato più volte occasione di trovarmi di fronte a sue reazioni o comportamenti inattesi e a volte insospettati. 

Forse per questo mi dispiace sempre tantissimo quando la sento descritta con l’elenco delle sue mancanze. Troppo facile e davvero un peccato di cecità .

Guardandoci si potrebbe non avere alcun dubbio su chi cura l’altra. Eppure …

Ci sono giorni più difficili di altri e in un momento di malinconia te lo racconto, in un dialogo fra adulte. Siamo sedute vicine sul divano e a metà del racconto mi prendi la testa tra le mani orientandola verso la tua spalla. Mi viene in mentre l’espressione “offrire una spalla per consolazione” e mi ritrovo proprio lì, a farmi consolare da te. Chi lo direbbe osservandoci. Eppure …

Si parla molto di adultità delle persone con disabilità e del rischio di infantilizzarle sempre, ma finché l’orizzonte immutato del nostro sguardo sarà sempre quello dell’autonomia, intesa in modo ormai davvero obsoleto, saremo sempre fuori tempo.

Tu figlia mia, e tante altre persone come te, avrete sempre bisogno di qualcuno che vi aiuti anche nelle funzioni più semplici dell’esistenza, ma questo non fa di voi eterni bambini. Tu, il tuo corpo e la tua anima, portate i segni degli anni che la vita depone nel suo trascorrere e sta proprio a noi adulti che vi stiamo accanto non farci ingannare da alcune apparenze.

Mi puoi accogliere, consolare, ascoltare ma devo dartene l’opportunità perchè da sola non sai prendertela e solo quando questo accade si può essere travolti da sorprese che raggiungono profondità senza parole. Attimi.

Qualche giorno fa con alcune mamme, in riferimento ai nostri figli, si parlava della cura estetica che, nel suo etimo significa sensazione, percepire attraverso la mediazione del senso. Cosa giocarsi di più nell’incontro con l’altro? In un incontro fatto di corpi, storie ed emozioni?

Io ci credo e credo anche che in molti casi proprio a partire dai genitori e dalle persone familiari, si può fare la differenza, sperando poi anche nel sostegno di figure professionali. 

Si può scegliere di fermarsi alle apparenze o proseguire in ricerche possibili. Potrebbe sembrare un percorso difficile, eppure ….

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