A fairy flying over a field with a palace in the background

di Irene Auletta

Ne parlavo qualche giorno fa con tua zia, di come vivendo con te scopro ogni giorno che quello che sovente viene definito normale, istintivo, naturale, è lontano anni luce dall’esperienza di vita tua e di tanti ragazzi come te, che la vita la affrontate a modo vostro.

Il fatto è che siete proprio voi a coglierci tante volte in castagna, lasciandoci lì ebeti a farci le solite domante. Ma come è possibile che non capisca questa cosa? Perchè sceglie sempre la strada più complicata per fare qualsiasi cosa? Se a volte sembra comprendere perfettamente come mai altre qualsiasi parola viene respinta come su un muro di gomma?

E noi lì a chiederci, cercare di capire, interrogare, esplorare. Noi lì, a dannarci l’anima. Almeno, questo vale sicuramente per me che in quel girone mi ci trovo particolarmente a mio agio e molto spesso anche in ottima compagnia.

Il bello del mio lavoro è che attraverso le parole degli altri, operatori e genitori, posso continuare a riflettere e a crescere, offrendo ogni giorno il contributo del mio apprendimento insieme a quello della mia competenza. Educatori di un centro per disabili mi raccontano della fatica di vedere l’adulto negli uomini e nelle donne, più o meno giovani, che ogni giorno incontrano nel loro servizio.

Difficile di certo per i genitori dicono ma poi, piano piano, scopriamo che lo è altrettanto anche per loro. Età anagrafiche, corpi, storie fanno a pugni con gesti, espressioni e comportamenti che, si sa, prendono maldestramente il sopravvento. E’ la croce del ritardo mentale o del deficit acquisito, come accade sovente anche con gli anziani. Ed ecco lì, uno dei tanti motivi che spinge a quel continuo infantilizzare persone di venti, trenta, cinquanta, sessant’anni.

Vuoi la merendina? Ti metto il cerottino? Sbucciamo la melina? Andiamo a fare la pipì? Aiuto, mi manca l’aria. Datemi anche l’ossigenino purchè mi permetta di respirare.

L’educazione ci trasforma mentre attraversiamo forme differenti di cultura. Per qualcuno stare in questo processo di crescita è più difficile, perchè di normale, istintivo, naturale, quando si ha qualche disabilità o deficit, non c’è proprio nulla. Ognuno trova il suo modo per sopravvivere e il mio è quello di continuare a imparare, insieme a te.

Stamane siamo ancora lì. Tu sei felice e provi a saltare, in quel modo tutto tuo che a vederti risulti proprio buffa. Tutto il corpo appare in elevazione tanto che ci si aspetta da un momento all’altro che il salto arrivi davvero. Invece i piedi rimango dove sono, bloccati a terra, dando al tuo movimento più l’immagine di un elastico che di un salto. Dai proviamoci ancora, ti aiuta la mamma … ci sei quasi!

Tu ridi e mi accorgo che a te, di alzare i piedi da terra, non importa nulla. Ancora una volta mi hai messo a tacere. Tra noi due, quella che vola davvero, sei sempre tu.