Mi è sempre parsa un po’ riduttiva l’idea della cura maschile associata ai nuovi papà alle prese con pappe e pannolini, tante volte raccolta dalle voci femminili. Mio marito mi aiuta tantissimo ed è proprio un papà moderno, non ha nessun problema ad occuparsi del bambino e anche lui si sveglia di notte!
Evviva. Detto questo però mi pare importante provare ad andare oltre i primi due o tre anni di vita per esplorare quelle possibilità di cura che, accompagnando i figli nella crescita, sappiano fare un saltino dopo le cure primarie solitamente rivolte ai piccoli. Mi piacerebbe anche allargare il pensiero pensando ai tanti padri separati che si ritrovano da soli ad occuparsi di qualcosa che conoscono poco, ai padri che incontrano figli che richiedono cure primarie anche dopo i primi anni di vita e a tutti quegli uomini che, come figli, si trovano ad occuparsi di genitori anziani, bisognosi di cure non come bambini, ma come persone adulte invecchiate.
Non so bene come organizzarmi perchè finora certe cose le ha sempre fatte la mia ex moglie e ora mi ritrovo a dover imparare tanto di nuovo…
Sono tornato a vivere con mia madre che è rimasta sola e ha bisogno di essere aiutata in tante piccole faccende …. per fortuna al momento è ancora abbastanza autonoma.
Prendersi cura dell’altro tocca corde delicate e intime per tutti, uomini e donne. Forse in questo momento gli uomini coinvolti nella cura possono orientare anche le donne a dire delle loro fatiche, aiutandole a non assumere sempre e a tutti i costi quell’atteggiamento di chi ha nel dna indicazioni infallibili.
Una collega mi racconta di come si è ritrovata a fare il bagno a suo padre anziano e poco presente e, sicuramente per sdrammatizzare un momento difficile mi dice, pensa che stranezza vederlo nudo … non ho potuto fare a meno di pensare che io sono venuta proprio da lì.
Se gli uomini devono imparare a prendersi cura, le donne possono cogliere l’occasione per provare a ridare voce e senso a gesti smarriti nella memoria collettiva e nascosti come poco nobili tra tante mura domestiche.
Più di una madre mi ha raccontato il giorno in cui la figlia disabile ha avuto il ciclo mestruale, come “il più brutto della mia vita” e tante donne condividono il bisogno di trovare significati nella cura di genitori anziani malati e persi in mondi di tramonto senile. Magari gli uomini raccontano meno ma li immagino alle prese con questioni assai simili.
Curare è difficile per tutti, uomini e donne. Riuscire ad andare oltre le prime pappe mi pare proprio una bella conquista, sia per esplorare la molteplicità dei significati legati alla cura che per permettere l’intreccio di nuovi racconti, al maschile e al femminile.
Nov 09, 2013 @ 10:25:37
A questo punto, sarei curiosa di sapere mio marito cosa scriverebbe a riguardo. Posso solo riportare quanto mi ha detto, quando un giorno ha dovuto affrontare la difficoltà e l’imbarazzo nel dover pulire lavare e cambiare, per la prima volta nostra figlia disabile e…con il ciclo in atto. Purtroppo, io ero ad una visita medica, e non pensavo proprio che questa potesse protrarsi per un tempo non previsto, per cui, ad un certo punto mio marito mi chiama al cell e mi riferisce che…nostra figlia è in bagno e doveva affrontare questa situazioni, io che in quel momento stavo malissimo, gli ho solo detto…metti i guanti…e vai…Facendo ritorno a casa pensavo…chissà come se l’è cavata, se ha saputo svolgere il compito in maniera efficiente oppure mi aspetta di dover rigovernare nostra figlia, chissà cosa avrà provato nel doverle fare certe cose usuali e normali per noi donne, ma così imbarazzanti per un uomo, poi ho pensato…perchè mi faccio tanti pensieri in testa, al centro che frequenta mia figlia ci sono assistenti materiali che sono uomini, o negli ospedali, ci sono comunque infermieri che assolvono certi compiti, come fanno loro…se la sarà cavata anche lui. Infatti…m’ero preoccupata per niente, è stato bravo e alla mia domanda, se ha provato imbarazzo o meno, mi ha risposto…in certe esigenze…pensi solo a fare le cose nel migliore dei modi e al più presto, e ho pensato anch’io che se…avessi scelto di fare l’infermiere, questi gesti e questi momenti sarebbero stati usuali. HA RAGIONE!!!
Nov 09, 2013 @ 12:03:20
Se da una parte, Paola, è vero che bisogna fare di necessità virtù, dall’altra la questione è molto complessa e non sempre naturale neppure per me, come madre e come donna. E’ vero che ci sono uomini che per professione curano e compiono gesti che contattano le intimità di altri adulti ma, anche in questi casi, io quando posso scelgo. Per me e per mia figlia.
Per i padri e per gli uomini immagino siano questioni diverse rispetto alle quali sono poco abituati a dire e ad esprimersi. Trovarsi costretti a fare e dire quello che si prova mentre accade, mi sembrano ancora due azioni molto distanti …. e che forse suscitano ancora il “pudore” del silenzio o del disagio. Non so … come dici tu, dovrebbero dirlo loro.
Magari queste riflessioni possono aprire nuovi spazi di dialogo che, prima ancora di essere pubbliche in un blog o altrove, possono raccontarsi tra le mura della propria casa …. che dici?
Grazie come sempre per i tuoi preziosi commenti.
Ai prossimi e tante buone cose, Irene
Nov 10, 2013 @ 08:54:01
Prendersi cura vuol dire aiutare l’altro a svolgere tutte quelle azioni necessarie per consentirgli una vita quotidiana dignitosa. Sono sette anni che con le miei sorelle mi occupo di mio padre in carrozzina e da molto anche smarrito e non presente. Le sfumature sono proprio tante e inimmaginabili.
Per noi è continuamente fare un percorso di ricerca di senso nell’occuparsi di lui e di sostegno tra di noi per non cadere nell’attacco uno dell’altra per le imperfezioni che accadono. All’inizio ho provato sentimenti contrastanti, anche molto forti, occuparsi vuol dire dedicare tempo, mettersi a disposizione….ti sentì portare via cose che ti appartengono. La figura di mia madre e il suo coltivare affetto aiuta e quello che sostiene oltre ad amare lui che ha bisogno con dei gesti di aiuto, e’ essere solidali tra gli adulti che insieme agiscono la cura. Mi ricordo Irene che una sera ne abbiamo parlato insieme circa quattro anni fa. Ero in crisi nera…sentivo solo una gran fatica, mi sembrava una richiesta troppo alta, troppo….è stato il tuo modo di liberarlo dal dovere e dalle responsabilità da prendersi che mi ha permesso di ricercare altri sensi che via via sostengono ancora oggi questo incontro. In questi giorni lo trovo con le braccia rigide come se aggrappasse alle sue mani. Per aiutarlo a lasciare mi sono ritrovata a massaggiarlo respirando con lui per lasciare andare insieme. La cura dell’altro per alcuni adulti dura la vita…
Nov 10, 2013 @ 11:46:59
Si, cara Luigina, è proprio così. Un percorso di ricerca per non farsi travolgere dagli automatismi e da quelle forme di efficientismo che tolgono anima ai gesti.
A volte pre-occuparsi dell’altro prendendosene cura, è l’unico modo possibile e lì, ritrovare il senso di quell’incontro, può essere molto liberante …. pur nella fatica estrema. Tanti anni fa, ancora prima di incontrare mia figlia, ho imparato che la cura può essere un atto di grande amore e può essere scrigno segreto di storie che non hanno bisogno di parole, perchè sono raccolte e contenute in ogni gesto. Buoni gesti d’amore a te!
Nov 10, 2013 @ 13:07:51
Grazie! ☺
La Cura come gesto di grande amore….è c’è chi lo sceglie per professione! Un modo particolare di interpretarla!!
Un abbraccio