di Irene Auletta
Come molte persone nel mondo, sono rimasta senza fiato di fronte alla notizia che da ieri rimbalza nel web e che nominando Gaza, parla dello “strazio di Alaa, la pediatra che ha perso 9 dei suoi 10 figli in un raid”.
Di solito, di fronte a queste notizie, rimango silente e fatico a esprimere opinioni su questioni così complesse che richiedono una grande conoscenza e la capacità di trattenere superficiali commenti o esternazioni emotive, a mio parere, sovente un po’ fini a sé stessi.
Ma stamane l’anima si smuove aprendo domande alle quali non trovo risposte di fronte a ciò che l’umano riesce a mettere in scena, costringendoci a non dimenticare la complicità di tanti in un’orrore difficile anche solo da nominare. Credo che per questo sia facile voltare la faccia altrove, oppure indignarsi senza intravedere direzioni possibili di azioni individuali.
Io riesco solo a pensare, molto in piccolo, a cosa posso fare, ogni giorno perchè ciò che sta accadendo, a Gaza e in altre parti del mondo, non rimanga uno sfondo della mia vita, ma si incarni in scelte, modalità comunicative e modi di stare al mondo e incontrare questa vita.
Stamane ho subito pensato a qualcosa di cui ho parlato proprio in questi giorni, in occasione di un evento culturale dedicato alla cura e alla necessità di assumere uno sguardo e una postura capaci di scegliere valori oggi assai poco di moda, per un’etica della cura che ci veda capaci di andare oltre il nostro interesse individuale per volgere lo sguardo verso chi sta attraversando sentieri esistenziali dissestati.
Lontana dai proclami, non posso non pensare a quanto ciò che accade può diventare occasione quotidiana per coloro che si occupano a vario titolo, personale o professionale, di educazione. Cosa possiamo continuare a insegnare ai bambini, ai giovani e agli adulti sui temi della vicinanza, della solidarietà, della comprensione, della gentilezza, e di quella creatività capace di sostituire la pretesa, l’arroganza, il lamento, l’individualismo a oltranza?
Cosa possiamo insegnare, non solo con le parole, ma attraverso le nostre scelte, le nostre azioni e i nostri comportamenti?
So che posso fare pochissimo e stamane il lenzuolo bianco, metafora del sudario di Gaza, vorrei che si stendesse su tante relazioni umane, personali e professionali, che ogni tanto mi pare abbiamo davvero perso la bussola rispetto a ciò che tutti noi dovremmo avere a cuore, prendendocene cura.
So per certo che provo a farlo da anni, in modo assolutamente imperfetto, ma l’urgenza mi arriva forte sostenendomi proprio in quella direzione. Fermiamoci tutte e tutti per favore. Fermiamoci un attimo solo e guardiamo a ciò che sta accadendo al nostro fianco e vicinissimo a noi. Solo così potremo dare un nostro autentico contributo, nel rispetto di chi, anche lontano, sta attraversando tragedie indicibili.
Per tutti quelli che invece riescono anche a fare altro, con azioni concrete capaci di andare nella stessa direzione, ma in modo molto più forte e potente, non posso che esprimere una profonda gratitudine.
Con riverenza.




