Morbididentro

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269583di Irene Auletta

Bellissima lezione Feldenkrais quella dell’altra sera. Angela, la nostra insegnante, ci anticipa che faremo un lavoro con piccoli rulli, da lei appositamente confezionati, da utilizzare stando sdraiati sulla schiena, prima a sostegno del collo e poi tra le scapole. Prima di iniziare la lezione Angela ci invita come sempre all’ascolto del corpo e di alcuni particolari. Come sentite la testa e la distanza tra il collo le spalle? E le scapole riuscite a sentirle? Domande che possono sembrare banali solo a chi non ha idea di quanto sia importante e potente un lavoro che coinvolge il corpo e la ricchezza che ogni volta può emergere, unitamente ad un grande benessere condito di piccole scoperte.

Nella prima fase della lezione,  l’esperienza del rullo sotto il collo sembra far sperimentare a gran parte dei presenti sensazioni piacevoli, di riposo e di “star bene”. Poco dopo Angela ci chiede di posizionare il rullo tra le scapole e, accogliendo i primi commenti, anticipa che la posizione può risultare come una provocazione che invita, a volte con un po’ di fatica o disagio, alla ricerca di un nuovo adattamento.

Pensate a come questa provocazione per il corpo può ricordare anche quelle che tante volte ci troviamo ad affrontare nelle nostre vite! La mente mi parte a fare connessioni e in effetti penso che così come ora il corpo prova a trovare modi differenti per adattarsi a quanto “impone” una nuova postura, così tante volte abbiamo bisogno di darci tempo per adattarci alle provocazioni della vita e dovremmo imparare sempre di più a concederci tempo per farlo.

Angela invita a cercare nel corpo, e in particolare nel torace e nelle spalle, zone di morbidezza orientandoci verso quella inconfondibile sensazione che fa sentire morbidi dentro. Esattamente il contrario di quanto accade di fronte alle tensioni, alle difficoltà, alle paure e alle preoccupazioni. Il corpo si irrigidisce e sovente lo stesso accade anche alle azioni e reazioni, alle risposte e al modo di affrontare quella situazione.

E non dimenticatevi di respirare! Quel respiro che subito tratteniamo di fronte alla difficoltà e che spinge esattamente dalla parte opposta della ricercata morbidezza.  Mi capita sovente di confrontarmi con madri provate, anche fisicamente, dal rapporto con figli disabili che ripropone ogni giorno quell’impegno fisico che nella maggior parte dei casi evolve dopo i primi anni di vita. Altro che provocazione!

E allora la strada può essere quella di prendersi cura di se’ per accogliere morbidamente anche l’altro. Lo sperimento quasi tutti i giorni perchè ogni volta che non ci urtiamo con le nostre reciproche rigidità, il nostro incontro sa di bellezza.

Domenica ribelle

4 commenti

di Irene Auletta

Domenica pomeriggio, scena prima.

In coda alle casse del cinema solita disputa  crescente tra “toccava prima a me, no, c’ero prima io!”. Rimango ad osservare avvicinandomi un po’ di più mia figlia perchè non mi piace che assista a queste scene aggressive. I figli dei duellanti sono sullo sfondo di questa bizzarra recita forse già immedesimandosi nella ragazzina ribelle che stiamo andando a vedere.

Quando si apre una nuova cassa, sollecitata dal chiasso, uno dei genitori litigiosi viene invitato ad accedervi ma lui rifiuta piccato, sostenendo che la cosa giusta era passare davanti all’altra persona e non accedere ad una nuova cassa. Anzi, non contento, prende pure a male parole il signore che si fa da parte per farlo passare.

Ma ci potete credere? Il tutto, di fronte a bambini e ragazzini che assistono a questo show voltando increduli la testa verso i toni più alti.

Domenica pomeriggio, scena seconda, dopo la visione del film.

All’ascensore c’è attesa. L’avviso di fuori servizio crea tensione in una famiglia con una ragazzina, gravemente disabile, in sedia a rotelle. La madre  molto nervosamente dice qualcosa al marito. Conosco bene quella tensione. E’ una tra le reazioni possibile quando non si riesce a guardare in faccia il dolore.

Mentre cerco di convincere mia figlia a prendere la scala mobile, la madre della ragazzina mi dice “almeno lei è fortunata, può fare le scale!”. In questi casi non riesco quasi mai a dire nulla se non ad abbozzare un sorriso.

Penso al litigio di poco prima e ai toni assurdi  per una fila alla cassa.

Penso a questa madre e ai suoi toni di tensione, che parlano della preoccupazione di arrivare alla sua auto con la sedia a rotelle.

Penso alla fortuna. Avranno capito quei due genitori che litigando per la fila e perdendo di vista la loro fortuna, stavano perdendo tempo in stronzate?

Ti abbraccio. Che si mangia per cena?

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