Ti era già accaduto un paio di anni fa.
Tu, che non hai mai messo le mani in bocca neppure da piccola, un giorno, forse per caso, hai scoperto quel gesto che subito ha raccolto il dissenso esplicito da parte degli adulti a te vicino. Non solo. Come sovente accade, come genitori, educatori e insegnanti, in difficoltà o anche solo presi alla sprovvista, siamo tutti caduti nella trappola della prescrizione accompagnata per alcuni, da quelle mani addosso che purtroppo tu non riesci proprio a respingere.
E così, tu ci hai dichiarato guerra. Nel giro di una settimana ci siamo dovuti tutti misurare con il tuo comportamento divenuto ormai quasi ossessivo. In me madre, hai toccato le corde profonde e di grande sofferenza che da anni mi trovo a gestire nell’incontro con quei tuoi comportamenti che mi mettono spalle al muro. Non tanto per la trasgressione in sè, ma per ciò che comportava rispetto alla nuova immagine che tu offrivi a me e al mondo.
Peccato, mi disse una persona, era una ragazzina così a modo e graziosa!
Doppia pugnalata. Quella sera stessa, abbiamo cambiato rotta.
Poche parole sostenute dai toni dell’amore e un abbraccio di comprensione per la nuova sfida da affrontare insieme. Ce l’abbiamo fatta.
Oggi è accaduto ancora. Arrivo a prenderti nel nuovo centro che frequenti da poche settimane e subito ti intravedo con il dito in bocca e con quello sguardo inconfondibile di trionfo. Per rincarare la dose, mentre l’educatrice mi racconta cosa è accaduto, afferri un gioco lì vicino e, guardandomi, assaggi anche quello. Ci risiamo, ma stavolta non ci casco.
Le nuove persone che andrai conoscendo dovranno imparare a incontrarti e io farò la mia parte per aiutarti a trovare altri modi possibili per contrapporti, sfidare, farti valere e contrastare gesti e parole che, seppur spinti dalle migliori intenzioni, rischiano di azzerarti e mettere a dura prova la tua volontà.
Naturalmente, mentre ci dirigiamo verso l’auto, quel comportamento pian piano scompare mentre ti racconto quanto mi sei mancata. Mi guardi con quello sguardo che sembra contenere mille domande e io lo sostengo, provando a riempire il silenzio della mia comprensione.
Sai che ti dico amore? Non ti preoccupare, passerà anche stavolta ma tu non arrenderti. Sfidami sempre e abbi pazienza. Se ogni giorno tu riesci a convivere con la tua disabilità, posso farcela anch’io, con la mia.
Ott 16, 2013 @ 09:16:27
Molte volte ho pensato e ho detto che le fatiche più forti a livello emotivo per la crescita dei figli sono affidate alle mamme. Chissà forse sono quelle che più si raccontano?
mi e’ arrivata la dimensione del tuo dolore e insieme quella dell’amore, che permette di fare spazio a momenti di difficoltà per dire si ti accetto in questa tua testardaggine e accetto anche le mie paure, ansie, dolore perché è ancora incerto ciò che ci aspetta.
Dalle tue parole colgo che Luna e’ forte del e nel legame con te
Un abbraccio
Ott 16, 2013 @ 09:37:55
Grazie Luigina …. quello che hai colto e sentito è quanto mi ha spinto a scrivere. In un momento in cui tutti sembrano stanchi e sempre affaticati, il mio vuole essere anche un invito ad appassionarsi alle sfide che la fatica porta con sè …. anche per dare senso alla vita e a quanto ci accade e non solo per lamentarsi.
Un abbraccio caro a te, stimata compagna di viaggio
Ott 16, 2013 @ 11:32:10
E’ proprio come dici, Irene. Ancora una volta.
Quei comportamenti, nella loro inadeguatezza, ci mettono spalle al muro e ci obbligano, nel dolore più profondo di mamme, a trovare nuovi modi per accoglierli e per accogliere le nostre figlie.
Io ancora ci casco, purtroppo, in questa sfida che trova sempre nuove strade e modi di porsi. E mi accorgo che ho ancora tanto da imparare da mia figlia. Sai che non sei sola in questa fatica..
Un abbraccio v
Ott 17, 2013 @ 07:35:54
Grazie Roberta … ci casco ancora anch’io e tante volte!
Per fortuna aiuta la voglia di capire e di imparare e, anche in questo, è un piacere sentirsi in buona compagnia! Buona giornata e alla prossima, Irene
Ott 27, 2013 @ 23:19:12
Questo tuo scritto, mi fa venire in mente una commedia di Eduardo De Filippo, che s’intitola “addà passà ‘a nuttata”, in cui il protagonista si si rassegna all’inevitabile, è un invito all’uomo a vincere la precarietà della vita ritagliando dentro di sè un attimo di tempo, per divenirne padrone.I problemi ci sono, i drammi esistono, dice Eduardo ma possono passare come passa la notte. Bisogna accettarli e tuttavia bisogna essere convinti che la speranza in tempi migliori è più forte di ciò che sembra invincibile, durante la notte. Non bisogna farsi prendere dalla disperazione. Cerchiamo allora di afferrare il nostro tempo con equilibrio e restiamo fiduciosi nel fatto che comunque la nottata adda passà! Si, è vero, si sta attraversando un periodo difficile, ma si è sicuri che se ne può uscire fuori: si deve avere solo pazienza, deve passare questo momento senza luce.
La frase è sicuramente improntata all’ottimismo, La notte, per buia che possa essere, ha una durata limitata. Dopo arriva sempre il sole e nasce un nuovo giorno.
Ott 28, 2013 @ 09:21:17
si Paola, condivido la “filosofia” …. in questo caso la nottata deve passare non per il problema da gestire ma per la difficoltà a pensare risposte e strategie … almeno, così la sentivo mentre ho scritto il post … un saluto e alla prossima!