di Irene Auletta
Accade di scoprirsi coinvolti in conversazioni che fanno sentire fuori luogo e fuori tempo e quando questo mi accade con persone di cui ho stima è ancora più difficile capirne l’origine e la forma del disagio. Così mi ritrovo coinvolta nelle preoccupazioni di una madre che ricorda con forte emozione la sua angoscia e il suo dolore di fronte alla possibilità di avere un figlio con una qualche malattia o disabilità. Ricorda che per fortuna tutte le paure si sono dissipate ma che, anche a distanza di anni ha ancora negli occhi le situazioni tragiche incontrate in occasione di alcuni ricoveri ospedalieri dove ha incrociato bambini con gravi sindromi genetiche. Da paura.
L’altra persona presente allo scambio, da anni vicina alla mamma che racconta, arricchisce il ricordo sia dando voce alla fatica di quei giorni passati che, rivolgendosi direttamente a me, sottolineando che ora il bambino non ha alcun problema e che lei ha fatto di tutto per aiutarla e rassicurarla. Sono passati un po’ di anni da quelle paure ma il ricordo sembra far riemerge ancora le tinte forti e cupe di quei giorni lontani.
Cosa c’è di strano in tutto questo? A parte il fatto che entrambe le persone mi conosco da anni e sanno benissimo di te figlia adorata? Nulla.
Al momento raccolgo solo un po’ di domande acerbe e mute che mi rimangono a girovagare tra lo stomaco e altre zone lì vicino ma ora ripenso all’accaduto di qualche giorno fa con uno sguardo differente. Le domande rimangono aperte e forse va bene anche così. Quello che però sta prendendo una nuova forma è la peculiare sensazione di essere diventata una madre, non una persona, ma una madre trasparente e mentre lo penso mi accorgo che questa per me non è un’esperienza nuova. Anzi.
Io che di certo non sono una persona che passa inosservata per carattere, atteggiamento, scelte e modi di attraversare la vita, sono sovente una madre trasparente. Ecco. L’ho detto. Sarà per timore, disagio, difficoltà o incapacità di avvicinare una storia come la nostra? Oggi le possibili risposte non mi interessano più perché ho ben chiaro che questo non può, e non vuole, essere un mio problema.
E allora cosa? Un tarlino mi gratta il cuore e prende la forma di quel pensiero sentito tante volte e mai detto. Per fortuna non è successo a me! Per fortuna, per fortuna, per fortuna. Eccole lì, le parole che scottano.
Le prendo tra le mani e le tengo strette accorgendomi che mi bruciano un po’ meno. Apro il finestrino del treno, ti penso, ti mando un bacio a distanza e le butto via.
Feb 08, 2017 @ 21:43:59
Pensa Irene che quando ti sei citata come madre trasparente, prima di proseguire la lettura del post, il mio pensiero ha detto “già una madre limpida, mentre loro nuotano ancora in acque torbide…”
Senza alcun offesa per le madri in causa, ma intendendo lo smarrimento che a volte coglie noi mamme, me compresa, per cose banali o impossibili o fantastiche. Preoccupazioni inutili appunto io in questo brillo!
Poi proseguendo a leggere apprendo con un po’ di dispiacere il tuo sentimento… ed ora giunta alla fine mi dico e ti dico: si, Irene sei una madre trasparente, soprattutto nello sguardo.
E trasparente non sei solo come madre ma anche come compagna di viaggio e amica ed esploratrice. Trasparente é qualcosa che lascia passare la luce in contrapposizione a corpi opachi, e che quindi lascia vedere più chiaramente gli oggetti. Dal finestrino sarà entrata aria fresca.
Feb 08, 2017 @ 21:58:25
Dai Nadia…. mi commuovi… ma sul serio!! 😊💖
Feb 09, 2017 @ 06:18:04
“Oggi le possibili risposte non mi interessano più perché ho ben chiaro che questo non può, e non vuole, essere un mio problema.”
Questa è la tua lucidità nell’attraversarla la vita. Una forza incredibile. Per ognuno vuol dire, leggendo ciò e contemporaneamente, prendersi un tempo per capire.
Feb 09, 2017 @ 07:28:12
Grazie Luigina! Per le tue letture e per i rimandi sempre presenti e attenti a cercare valori da condividere
Feb 09, 2017 @ 07:23:51
Stamane ho incontrato queste parole
“Il luogo dove filtra la luce
Perche é li che arriviamo: arriviamo al luogo della nostra vulnerabilità. Ed é li che possiamo scegliere se voltare le spalle alla nostra vulnerabilità o finalmente sostare nel luogo in cui filtra la luce. La luce delle nostre fratture”
Feb 09, 2017 @ 07:27:04
Intenso pensiero Luigina che forse in questo periodo, seppur per percorsi differenti, ci trova insieme per mano in una via di ricerche
Feb 09, 2017 @ 11:41:07
Cara Irene
ti capisco come madre disabile di una ragazza (donna) normodotata e anche come madre di una bambina che se ne è andata troppo presto per una grave malattia. Capisco quello che vuoi dire come disabile. Anch’io tante volte mi sento trasparente. Le persone dimenticano chi hanno davanti quando ti parlano dei loro problemi, e magari vengono da te proprio perché sanno che le puoi capire più di altre ma, in quel momento TU sei l’educatrice … IO sono la consulente o la pastora …
La nostra vita è in secondo piano ma le nostre emozioni, i nostri ricordi, le nostre lacrime, NO.
Le cicatrici delle ferite se toccate fanno sempre male. Si supera tutto ma i segni restano.
Dovremo educare anche a questo. Non è detto che se una persona reinventa la sua vita e si rende disponibile nonostante la vita non l’abbia trattata bene abbia, di colpo, cancellato tutto. Tu sei ancora la mamma di Luna, io sono ancora seduta su una sedia a rotelle, madre di Stefy e “orfana” di Ale. Insegnare alle persone che davanti a loro hanno altre persone e non dei ruoli forse romperebbe un po’ il muro dell’egoismo e aprirebbe la porta alla condivisione, alla compassione, alla vera empatia, che cura e guarisce. Se il “giogo” lo portiamo insieme pesa meno, ce lo ha insegnato Gesù.
Grazie di quello che scrivi. Sei speciale non trasparente!!
Feb 09, 2017 @ 13:35:05
Le tue parole Martina mi raggiungono anche come possibilità di chiarimento. Quello che ho scritto non mi riguardava nei panni professionali. In quelle vesti ascolto e accolgo le medesime riflessioni e/o questioni senza pormi assolutamente alcun problema e tantomeno ho il vissuto che descrivo nel post.
Lo scambio di cui parlo qui invece avviene tra “amiche” in un contesto di vita quotidiana dove io non sono la pedagogista ma semplicemente una donna, una madre e una persona che attraversa esperienze comuni a quelle di tante altre.
La differenza per me è fondamentale perché mi ha aiutato a nominare quella trasparenza che si può vivere proprio con i propri amici o parenti.
Grazie per le tue letture/restituzioni e alla prossima!
Feb 09, 2017 @ 14:14:11
chiarissimo … e purtroppo conosco anche questa dimensione … I conoscenti e gli amici che sono così “abituati” della tua “normalizzazione” da non ricordare più le tensioni e le ansie che vivi sempre, perennemente. A volte mi sono trovata ad ascoltare mio padre lamentarsi “con me” della sua sopraggiunta mancata autonomia di 90enne costretto a far compagnia a mia madre 80enne malata di Alzheimer. Dopo averlo ascoltato gli ho ricordato che la stessa situazione la viviamo io e mio marito da 26 anni ma con decine di anni di età in meno. La reazione di papà è stata tempestiva e rammaricata … si è reso conto di averlo detto alla persona che lo capiva meglio di altri ma anche la meno adatta per esternare le sue lamentele. A volte bisogna suonare la “sveglia”
Sei grande
Feb 09, 2017 @ 16:15:59
Si Martina proprio come hai scritto …. condivido parola per parola!
Bella l’immagine della “sveglia” che forse avrei dovuto anch’io far suonare in quella conversazione che racconto. Chissà cosa sarebbe accaduto in quel caso?
Feb 09, 2017 @ 16:56:14
Sono curiosissima di saperlo, quando lo farai scrivi TUTTO