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di Irene Auletta

Condivido da tanti anni con madri e padri l’idea che l’esperienza della genitorialità è qualcosa che cresce, si sviluppa e matura accompagnando la crescita dei figli. Mi piace sovente sottolineare lo scarto tra la propria età anagrafica e quella che abbiamo come genitori perché, proprio in questa distanza, mi pare di poter collocare la disponibilità all’apprendimento e alle nostre inevitabili imperfezioni.

Oggi io sono una madre di diciannove anni e solo guardandomi indietro di pochi anni, riconosco differenze e nuove riflessioni che stamane mi raggiungono come una nuova possibilità. Mentre sto vestendoti noto quella tua tipica espressione che, seppur molto delicata, esprime un dolore. Provo a capire meglio e subito vedo un livido non piccolo sul tuo braccio.

Che sarà stato? Una botta, un pizzico o cos’altro? La mamma più piccola che sono stata ha passato anni a soffrire per quelle domande impossibili da fare e per quelle risposte che ogni volta mi rimandavano, insieme all’insuperabile silenzio, il mio limite e l’impossibilità di proteggerti ovunque. Ci sarebbero voluti ancora un po’ di anni prima di sentire davvero che lasciarti andare poteva diventare un valore.

Con questi figli imprigionati in comportamenti perennemente infantili, rischiamo anche noi genitori di non riuscire a crescere, bloccati in un ruolo che finiamo con il vivere, ogni giorno, sempre uguale a se stesso. Io, almeno questa prigione, vorrei davvero provare ad evitarla.

E così stamane, quelle antiche preoccupazioni sono rimaste silenziose sullo sfondo delle mie emozioni mentre tutte le parole sono state sostituite da quella crema che, insieme alle mie carezze, ho provato ad indirizzare un po’ al livido e un po’ al tuo cuore. Tu te ne sei accorta e da quel nostro dialogo muto sono sgorgate parole bellissime.

So bene che accadrà ancora e che non potrò prevederlo, ma mi auguro che mi importerà sempre meno capire come, quando è perché. Io sarò qui ad aspettarti per curarti e consolarti perché questo fanno le madri. O perlomeno, perché questo voglio continuare a fare io per te.