Ci si trova sempre più spesso come insegnanti a confrontarsi con problematiche che vanno al di là dalle competenze richieste per svolgere la propria professione. È ormai consuetudine fare prove per manovrare svariati strumenti per la sicurezza, estintori, naspi idranti, ecc. al fine di saperli usare nel momento dell’emergenza. Negli ultimi anni a scuola ci si confronta con bambini affetti da patologie gravi che chiedono la somministrazione costante di farmaci, anche salva vita, affinché venga garantita la normale frequenza scolastica. Non ricordo negli anni passati l’esistenza di tali problematiche, forse certe malattie erano meno presenti nell’infanzia o forse più semplicemente la scuola non se ne faceva carico. Ipotesi entrambi poco confortanti.
È successo di nuovo in questi giorni mi sono trovata a dover decidere se dare la mia disponibilità di docente alla somministrazione dei farmaci sopra descritti o se declinare. Decisione sempre molto dolente in quanto sia che tu decida di accettare, sia che rifiuti, ti precipitano addosso responsabilità diverse nel contenuto ma ugualmente pressanti e pesanti. Il desiderio che per primo si è affacciato alla mia mente è stato quello di delegare; tanto c’è sempre qualcun altro nella scuola che, per maggiore senso del dovere o perché non sa dire di no o perché il problema lo riguarda più da vicino, deve acconsentire. La mia resistenza poi è passata allo stadio successivo che riguarda il diritto per una volta di non esserci: l’ho già fatto, avanti i giovani, ci sono quelle che non prendono mai incarichi e via dicendo. Devo dire che quest’ultima deriva affolla oggi (dopo quarant’anni di lavoro e per motivi anche giustificati) diversi ambiti della mia fatica a portare avanti il carrozzone sul quale io mi sento giunta al capolinea.
Ed infine arriva la paura. Noi docenti non abbiamo competenze né mediche né infermieristiche ci verrà fatto un breve corso di formazione e istruzione su come somministrare il farmaco centrato sulla capacità di effettuare rilevazioni, iniezioni sino al riconoscere i sintomi che indicano la necessità di un intervento di urgenza al punto da richiedere la somministrazione del salva vita, l’intervento richiesto sarà quotidiano e la responsabilità grande! E se sbagliamo? Alle insegnanti oramai si chiede di tutto e di più: essere maestre, infermiere, psicologhe, mamme, tecnici informatici e della sicurezza, a volte anche confessori e preti, ma alla fine cosa è legittimo faccia un insegnante?
Fatto sta che quando nella mia personale e solitaria riflessione stanno per sopra valere tutte le argomentazioni di “servizio” o di “disservizio” relative al ruolo rafforzate dal corollario dei “non tocca a me, ci dovrebbe essere…”, compaiono i bambini o gli allievi che dir si voglia a cui quei farmaci servono per sopravvivere nel tentativo di proseguire un’esistenza simile a quella degli altri fortunatissimi compagni.
Allora non ho più scampo.
Ci sono bambini costretti a sottoporsi quotidianamente a rilievi del sangue (bucando il ditino anche sette volte al giorno) con l’aggiunta di svariate iniezioni in diverse parti del corpo. Ci sono bambini costretti a non assaggiare mai un gelato, un biscotto, una caramella … Ci sono bambini che non lo sono più! Nel tempo impareranno da soli a gestire un’esistenza non certo facile ma oggi, ora, possiamo togliere loro il diritto di venire in questo luogo meraviglioso che chiamiamo scuola a giocare, litigare, gioire e soffrire dei limiti e delle opportunità come tutti gli altri? Possiamo togliere loro la possibilità di sentirsi uguali?
Faccio il corso ed incontro medici e infermiere preparatissimi che spiegano con semplicità facendoci comprendere che l’impresa non è impossibile. Ci fanno provare, e mettono a disposizione tutta la loro disponibilità per sedare ogni nostra paura. Mi sento metaforicamente abbracciata e sostenuta. Emerge una coscienza del dovere naturale sbiancato da sovrastrutture e si rimette al centro il senso del problema: la responsabilità di ognuno di noi di fronte alla vita. Scorgo tra le pieghe degli sguardi dei genitori di questi bimbi il dolore che ancora li attanaglia insieme alla voglia di farcela a dare ai loro piccoli un’esistenza il più vicina possibile al normale. Indossano sguardi di gratitudine, loro, che il problema ce l’hanno addosso! Mi sento piccola.
Ascolto con meraviglia le strategie educative che hanno inventato per far accettare ai loro cuccioli le cure: Il pancino è come un orologio e ogni giorno facciamo la punturina ad un’ora diversa. Pensate che ha già imparato a leggere le ore! Cercano di tranquillizzarci in ogni maniera non vi preoccupate se non vi ricordate questa cosa la nostra bimba (4 anni) la sa fare vi dirà lei come si fa. Lezioni di vita alle quali non si può restare indifferenti. Penso a quante volte ci lamentiamo sia come insegnanti che come madri per un nonnulla. La partita non è pari.
Ci stiamo lasciando quando mi si avvicina un padre e mi sussurra che il buchino sul dito alla sua bambina possiamo farglielo anche di lato perché a lungo andare si perde la sensibilità nei polpastrelli … sarebbe un gran regalo per lei. A stento trattengo le lacrime ancora adesso che scrivo. La commozione non mi ha permesso di rassicurarlo ma lo faro!
Ora so meno di prima cosa debba essere un’insegnante e che ruolo debba avere, ma in questo momento ho una consapevolezza: sono contenta di aver dato la mia disponibilità e di essermene assunta la responsabilità, almeno un poco, regalando loro un briciolo di serenità, per quanto questo possa valere.
Giu 01, 2016 @ 08:39:20
Grazie! Nadia
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Giu 01, 2016 @ 17:13:11
Grazie Nadia, non è facile lanciarsi in un’avventura nuova, sei stata coraggiosa ed hai adempiuto appieno alla tua vocazione. Essere un’insegnante non è solo somministrare informazioni e quando possibile, educare … Si insegna con il comportamento e con la vita, e questa è una lezione di vita. Una lezione di vita alla quale sei stata invitata a partecipare ma che produrrà altre lezioni e azioni. Vivere con una malattia o con una disabilità fin da piccoli è più sopportabile se ci sono persone come te. I genitori te ne saranno grati e i bambini ti ricompenseranno con affetto perenne.
Giu 01, 2016 @ 17:58:21
Non è mai facile Martina prendersi tali responsabilità che sono davvero grandi, i bombi non sono figli tuoi, sono piccoli, gli interventi complessi le pratiche da infermieri, gli errori possibili… quindi la mia comprensione va anche coloro (miei colleghi) che non se la sentono. Comunque nel titolo faccio riferimento anche ad una dimensione di salvezza personale perché confrontarsi e affrontare certi spinosi timori da conforto soprattutto a me. Ti ringrazio per il bel pensiero.
Giu 01, 2016 @ 18:28:20
Anch’io comprendo chi non se la sente … al giorno d’oggi è molto difficile prendersi responsabilità del genere.
Capisco anche cosa intendi con ‘salvezza personale’ …
a volte non si ha consapevolezza della propria potenzialità se non in momenti in cui ci si mette in gioco o è la vita a tirarci in ballo. Non è male capire di sé qualcosa che non si era scoperto o rispolverare entusiasmi sopiti. La ricchezza che proverrà da questo investimento su te stessa sarà molto gratificante.
Certe situazioni ti ‘salvano’ anche dall’inedia.
Giu 02, 2016 @ 04:50:46
Da mamma posso dire che per mia figlia, 8 anni, ogni insegnante é una seconda famiglia.
Si é aperta più con alcune, meno con altre, ma di ognuna conosce pregi e difetti e ne sa apprezzare il loro fascino; così come apprezza ed accetta i miei pregi ed i miei difetti.
Di conseguenza le sue insegnanti sono per me delle grandi professioniste, alle quali affido mia figlia ogni giorno con gioia e serenità.
Grazie per quello che fate ogni giorno per i nostri bambini.
Giu 02, 2016 @ 08:40:17
Grazie anche a te Stefania per la tua testimonianza. E’ bello e importante raccogliere anche le esperienze positive che, anche a mio parere, sono tante e devono necessariamente fare da controcanto a quelle negative urlate che rischiano, seppur in minoranza, di occupare tutta la scena.
Giu 02, 2016 @ 09:41:49
E’ proprio così Stefania, per quello che è la mia lunga esperienza nella scuola e lo squarcio di mondo, seppure parziale, di cui sono testimone le insegnanti lavorano con passione e coscienza. certo è che come in ogni altra categoria di professionisti (ed in quanto umani) esistono delle debolezze a cui si potrebbe far fronte con un maggiore investimento generale sulla scuola. Come sostiene Irene è importante che emergano le cose buone e le domande, le riflessioni perché anche queste ultime orientano e favoriscono il miglioramento. Personalmente assaporo la tua gratitudine gustandomela sino in fondo.