di Irene Auletta
Ma secondo te, lei capisce quando le parli?
Domanda per nulla originale che molte volte mi è stata rivolta personalmente e altrettante è comparsa nei racconti di tanti genitori. Nulla di strano quindi fin qui se non fosse che, stavolta, la protagonista dell’interrogativo è una ragazza tua coetanea che frequenta il tuo stesso centro. Una di quelle che a vederle ti chiedi cosa ci fanno in un centro per disabili ma che, evidentemente, si porta sulle spalle qualche piccola fatica trasparente.
Tu cosa ne pensi? Le rispondo un po’ sorpresa e, di fronte alla sua espressione dubbiosa, non posso fare a meno di pensare alla diffusione di quei tanti luoghi comuni che definiscono le culture. Eppure, proprio non molto tempo fa, proprio tu hai sorpreso per l’attenzione espressa in occasione di una visita al museo snobbata da parecchi ragazzi definiti certamente più “alti” di te dalle moderne diagnosi funzionali. Ancora una volta prevale l’idea che le persone sono ciò che sanno fare è su questo tu, figlia mia, non sei messa affatto bene.
Eppure ti incanti davanti ad alcuni panorami, esprimi una grande curiosità e sorpresa durante una salita in funivia, ti perdi ad ascoltare il suono di un ruscello come se fosse la più bella delle melodie. Ma questo cosa vuol dire?
Gli occhi della nostra interlocutrice mi ricordano che attende una risposta. Sono certa di si, le dico, solo che forse bisogna trovare modi diversi per parlarsi e dirsi delle cose. Chissà se avrà fatto la medesima domanda anche agli educatori e cosa avranno risposto?
E pensare che quando sono con te sono io a sentirmi tante volte sorda e incapace di comprendere! Mi tornano in mente le parole di Angela, la tua insegnate Feldenkrais, quando descrive le tue raffinate capacità di ascolto del corpo. In fondo figlia, noi due stiamo provando a insegnarci reciprocamente qualcosa, tra le parole del corpo e le parole della testa. Vuoi dire che potrebbe essere questo un bello scambio tra mente e anima?
In macchina canto stonata una delle “nostre” canzone in inglese di cui mi invento un po’ le parole mentre ridi a crepapelle.
Ma secondo te, io ti capisco qualche volta?
Set 07, 2015 @ 20:06:44
Mah! Anche questo è un bel mistero… Ciò che è certo è che tutte due fate capire tante cose a noi spesso sordi parlanti…
Grazie Irene!
Set 07, 2015 @ 22:56:55
Cara signora Irene,
l’ultima domanda vale per ogni genitore della terra. E non importa quanti anni ha il figlio o che colore ha la pelle o dove dorme la sera. Giriamo tutti dentro questa domanda questa ricerca da quando nascono loro a quando ci avviamo noi…come dice uno scrittore romagnolo. Il loro destino noi lo capiamo qualche volta?
Carissima Irene questa estate mia figlia mi ha messo di fronte a questa incertezza con una durezza quasi estrema.
E’ tornata o si è fermata in tempo.
Mai come adesso penso che i figli sono figli e non altro: non disabili o neonati o adolescenti o normali.
Figli sono carne e sangue e domande e risposte accennate e lo spazio tra noi e loro che varia ogni giorno persino per telefono.
E sempre, sempre ci portano per strade ignote nuove che non pensavamo.
La saluto con affetto
Set 08, 2015 @ 19:30:15
Mi fa molto piacere Roberto leggere le sue riflessioni perché da sempre mi sento “solo” genitore e cerco, attraverso la mia esperienza
Set 08, 2015 @ 19:33:48
nella sua peculiarità, di raccontare qualcosa in cui anche altri possano ritrovarsi. Quindi, grazie mille!
Set 08, 2015 @ 19:12:54
Una volta un signore mi disse che di fronte a una persona che ci mette difronte al dubbio se capisce o no è sempre meglio pensare che capisca così si evita di sbagliare.
Questo signore si chiama Igor Salomone!
Ciao!
Franco.
Set 08, 2015 @ 19:31:27
Grazie Franco! Non posso che apprezzare il ricordo. Buone cose e alla prossima