Girovagando nel web mi colpisce uno scambio tra alcune persone che immagino essere sia genitori di figli disabili che insegnanti. Si parla di integrazione scolastica, di fatiche, di insegnanti di sostegno che cambiano di continuo. Molte polemiche e poca sostanza ma, proprio mentre sto per passare oltre, mi trattiene una domanda.
A volte ho proprio l’impressione che le diverse insegnanti incontrate da mio figlio abbiano sempre dovuto prima imparare loro cosa fare e poi, quando arrivava il momento buono, se ne andavano. Possibile che rispetto alla disabilità sia così difficile capire quali proposte fare ai ragazzi a scuola o nei vari centri?
In fondo, prosegue un’altra voce attiva nella conversazione, le insegnanti dovrebbero essere preparate ad insegnare cose ben più difficili.
Ecco cosa mi ha colpito. Proprio quella parola lì, difficile.
Non posso fare a meno di pensare ad aule di sostegno, o centri per ragazzi disabili, dove, soprattutto in passato, mi è capitato di osservare giochi e materiale didattici assai simili a quelli che in tanti anni di esperienza ho avuto modo di incrociare in molti servizi per la prima infanzia.
So bene che la differenza non la fa il materiale in sè ma come gli insegnanti o gli educatori lo utilizzano, ma non posso fare a meno di pensare che il problema, forse, sta proprio nel rapporto tra facile e difficile. Pensando, attraverso un pensiero che banalizza, che il ragazzino disabile abbia bisogno di fare qualcosa di più facile, rispetto agli altri suoi coetanei senza difficoltà, ho l’impressione che si commetta il medesimo errore di una nota storiella zen.
Una mosca tenta di uscire dalla finestra continuando a sbattere contro l’anta chiusa. Se solo si spostasse di poco potrebbe uscire da quella adiacente aperta. Ma la mosca, non lo sa.
Il problema non è semplificare le abilità altrui ma attivare un processo di scoperta e ricerca rispetto a quelle della persona che si ha di fronte, alle sue abilità e possibilità. Rendere più facili compiti a volte impossibili, non vuol dire accogliere la diversità dell’altro ma schiacciarla sempre di più all’interno di un confronto impossibile da sostenere, perdendo l’occasione di insegnare e imparare qualcosa di nuovo. Ora che ci penso, mi pare che questa considerazione valga anche per molti altri ragazzini senza alcuna disabilità.
Abbiamo urgente bisogno di insegnanti ed educatori con diverse abilità. Ci sono tanti ragazzi più fortunati di altri, ma sarebbe anche ora di smetterla di affidarsi alla fortuna. Troppo facile, no?
Nov 14, 2013 @ 14:54:30
non so se può aiutare…
sono appena tornata da 6 ore filate di lezione in 6 classi diverse del triennio in un istituto professionale. convinta più del solito che sono io ad aver bisogno del sostegno, leggo il post… e penso… penso in particolare alla mia terza: 31 allievi (di cui -come ci ha ribadito sbuffando la collega coordinatrice- ben 7 con certificazioni varie che prevedono : 1 PEI; 2 BES, 4DSA) chiusi in un’aula cui già alle 9.00 mancava l’aria…ho trascorso circa 20 minuti a far cercare la maniglia (una x tutte le finestre del piano) per ossigenare. senza ossigeno mi svengono tutti, penso…. intanto G., un’allieva, arriva e mi pianta i suoi occhioni addosso… le interrogazioni programmate! penso:devo assolutamente ricordarmi di farle firmare il foglio delle interrogazioni programmate!… lei (DSA)ne ha diritto!… ma G. oggi ha solo voglia di piangere perché a casa è successo di tutto. E io che mi preoccupavo di non incorrere in una “non-conformità”… mi è stato ricordato di essere (non fare) semplicemente un’insegnante.
Nov 16, 2013 @ 10:44:17
Posso immaginare Rita e conosco bene situazioni analoghe che come docenti e operatori ci troviamo ad attraversare quasi quotidianamente. Forse, proprio per questo, ogni tanto fa bene fermarsi per dare respiro al pensiero …. senza giudizi, nè prescrizioni ma come occasione per non rimanere imprigionati in luoghi fisici e mentali che tolgono energie e possibilità.
Buon lavoro (e resistenza!) e grazie per il tuo commento
Nov 14, 2013 @ 17:16:22
Come è vero quello che dici, perché i nostri figli e noi famiglie dobbiamo essere nelle mani della FORTUNA…
Passione e sensibilità con un pizzico di Umiltà fanno la differenza.
Grazie per le tue attente riflessioni
Nov 16, 2013 @ 10:45:21
grazie a te Rachele …. e non ti dico “buona fortuna”, ma buona passione!!
Nov 14, 2013 @ 19:17:21
Cara Irene, il tuo commento ha visualizzato molti punti su cui si ha a che fare, su cui ci s’interroga ogni momento di ogni singola giornata. Sono un’ Insegnante di Sostegno nella Scuola dell’ Infanzia e specialmente in quest’anno scolastico mi rendo conto che il “semplificare” certe proposte didattiche non vale solo per i bambini diversamente abili ma anche per gli altri. Perchè specialmente in quest’anno scolastico, chiederai? Perchè dopo aver passato 3 anni nella stessa Scuola, lavorando in armonia con le colleghe e non solo quelle di sezione, l’anno scorso “sono stata costretta” a fare domanda d’ assegnazione provvisoria, perchè al bambino che seguivo da 2 anni (fino all’anno scorso ne avevo 2 nella stessa classe e la grande è passata alla Primaria) sono state ridotte le ore di sostegno da 12 a 7 (e non perchè il bambino sia migliorato) e con altre 6 ore assegnate ad un bambino (con nuova certificazione) si copriva mezza cattedra e (informazioni dalla Segreteria) a chi è di ruolo non può essere assegnato uno scavalco…ho dovuto fare cambio radicale di Scuola. In questa scuola (dove sono ora) c’è una stragrande quantità di bambini stranieri verso i qualI molto spesso ti poni la domanda: PERCHè NON RIESCO A FARMI CAPIRE? Naturalmente dandoti risposte di ogni tipo riguardanti la lingua, l’età, problemi cognitivi…. Mi spiace essere stat prolissa……………ma ci sarebbe da scrivere un Poema sull’argomento….ma mi piacerebbe concludere con un giudizio che ogni tanto mi è stato rivolto…non solo dalle famiglie ma anche da colleghi di Scuole di Ordine e Grado differente.
” IL VOSTRO LAVORO PUò ESSERE CONSIDERATO UNA MISSIONE”
Elena Naitana
Nov 16, 2013 @ 10:55:35
Grazie Elena,
la tua testimonianza come quella di Rita, mette in luce la criticità dei luoghi dell’educazione e il disagio che adulti e bambini vivono nell’attraversarli.
E’ importante dirselo provando a capire come non rimanerne intrappolati, anche solo per il fatto di poterselo raccontare guardando altri e diversi orizzonti possibili.
Sul lavoro educativo (e in genere sulle professioni che intrecciano relazioni di aiuto) e l’idea di “missione”, davvero si ci potrebbe scrivere un poema … magari ci proviamo, perchè no?
Personalmente credo che quest’interpretazione legittimi molte incompetenze e scarse motivazioni e la trovo assai distante dalla mia visione dell’educazione che non potrebbe essere che laica, nel senso più ampio del significato.
Buon seguito e alle prossime tracce educative, per non perdere fiducia e volontà!
Nov 15, 2013 @ 09:19:30
NON è SEMPLIFICARE..è LAVORARE NELLA “area di sviluppo prossimale” Lev Vygotskij .
Nov 16, 2013 @ 10:57:43
Senza nulla togliere a Vygotskij (ci mancherebbe!), quello che io ho scritto è proprio altro. Per comprendere il commento avrei bisogno di qualche elemento in più …