Ne parlavo giusto qualche giorno fa con una collega, di noi che per professione ci troviamo ad accogliere persone mentre attraversano vicende spesso non facili della loro vita. Nello specifico, la protagonista del nostro scambio, era una signora. La conosciamo da anni e da pochissimi giorni ha perso il marito per una malattia che, molto velocemente, ha scombinato le carte dell’esistenza familiare.
Indubbiamente siamo persone e quando incontriamo sentimenti, emozioni, vicende umane sappiamo che dobbiamo fare i conti con quanto risuonano in noi. Ce lo hanno insegnato sin dai primi anni dei nostri studi e l’attenzione al coinvolgimento emotivo dell’operatore, mi ha seguita in tutto il mio percorso di studi, con un bisogno, ancora assai primitivo, di provare a ridefinirne forme, significati e confini.
Quello che ho imparato, in tanti anni di professione e di vita, è che ciascuno di noi si trova a fare i conti con quanto gli accade e con tutte le sfumature delle emozioni, dalla gioia che allarga il cuore, al dolore che ti piega in ginocchio. Ho imparato che, nell’incontro con l’altro, i confini sono importanti anche rispetto ai sentimenti altrimenti, come su una tavolozza, i colori rischiano di mischiarsi l’un l’altro, facendo perdere il tono di ciascuno.
Così accade per il dolore. Quante volte, trovandoselo di fronte si fugge, si nega, si ironizza con battute ciniche? Accade anche che, di fronte a quello altrui, il proprio prenda il sopravvento e finisca per soffocare il tentativo dell’altro di raccontarsi.
“Sai mi è appena accaduta una cosa molto triste, qualche giorno fa ho perso una persona cara”.
“Come ti capisco, anche io lo scorso anno ho perso mio padre …..” e qui sovente il discorso rischia di procedere per la propria strada, smarrendo completamente quella del nostro interlocutore e quello che forse voleva provare a condividere.
L’ascolto non è mai semplice, ma ascoltare un dolore è quasi un impresa, perchè quello che dobbiamo imparare a fare è rispettare il nostro e chiedergli di mettersi per il momento da parte, per poter accogliere quello altrui. Altrimenti i colori si mischiano. Di chi è il dolore, il mio o il tuo?
Io lo capisco da quanto scotta e per questo utilizzo spesso la metafora della temperatura nelle relazioni e nei sentimenti. Il dolore di quella signora per lei è bollente e io, che le sono vicina e sento solo l’eco del calore, nel nostro incontro posso provare a lasciare aperto un pertugio perchè possa filtrarne un po’ di frescura. Questo non vuol dire non farsi toccare, rimanere freddi o insensibili o mettere un muro. Vuol dire rispettare lo spazio emotivo dell’altro e sapere che a volte bisogna essere capaci di rimanerne sulla soglia, proprio per provare ad essergli in qualche modo di aiuto.
Quando ieri ho fatto l’ultimo colloquio con le insegnanti di mia figlia, che l’hanno seguita per nove anni, si è riacceso il calore che mi accompagna da mesi. Quello si che è il mio fuoco e trovarmi vicine persone che, con poche parole, lo hanno rispettato e lo rispettano, mi aiuta a trovare le mie strade per respirare nelle nicchie di fresco.
Giu 22, 2013 @ 13:54:50
bellissima metafora…grazie!
La sento molto vera perché vissuta “concretamente sulla mia pelle”: quando avevo un anno mi sono ustionata e porto con me la mia “bella” cicatrice sul petto (dico “bella” perchè è l’aggettivo più gettonato che sento rivolgere alla cicatrice quando si intravede dalla scollatura). Questa scottatura è un pò il termometro delle relazioni che vivo. Quando mi guardo allo specchio io non la noto…forse perché ci sono cresciuta insieme ed è da sempre parte di me, ma è lo sguardo altrui a ricordarmi che è lì. A volte è uno sguardo raccapricciato, mediamente impietosito/imbarazzato, più spesso rispettosamente incuriosito…Ma è solo quando avverto un certo sguardo… silenzioso, lento, rispettoso sento immediatamente il suo effetto rinfrescante e la persona che me lo porge si trasforma spesso in un luogo di significativa relazione, una cascata dove è possibile lo scambio reciproco non solo di sofferenza..
Giu 22, 2013 @ 19:44:43
Intensa Rita la tua testimonianza e il tuo commento aggiunge al post un colore speciale … grazie a te!
Giu 25, 2013 @ 23:21:39
Dire grazie mi sembra pochino.
Diciamo che stasera vado a letto e sono contento di aver fatto una lettura formativa ricca, mentre parto per una formazione aziendale da sopportare.
Un saluto affettuoso.
Roberto
Giu 26, 2013 @ 11:44:53
grazie davvero e …. buona formazione aziendale!