Pare che nella scuola elementare vicino a casa mia, quella per intenderci che mia figlia non ha mai frequentato, siano tornati in auge i grembiulini. Fa piacere che a due passi da dove abito si manifestino simili vette del pensiero pedagogico. Ne ho avuto notizia al bar, davanti a un cappuccino con annessa brioche, da un amico che porterà l’anno prossimo il figlio piccolo in prima.
Mica tutti eh? mi dice l’amico. Le prime di quest’anno. L’anno prossimo dipenderà dalla scelta degli insegnanti dell’interclasse. Al momento in quella scuola ci sono classi con il grembiule e altre che non ce l’hanno. Classi che usano uno zaino unificato e altre nelle quali i bambini viaggiano ognuno con la propria cartella. “Libertà di insegnamento” pare si chiami. La libertà è una bella cosa, penso. Unita all’intelligenza, farebbe del mondo un posto certamente migliore.
Ma in base a quali criteri l’interclasse decide se imporre o meno l’uso del grembiule? chiedo annaspando nella mia ingenuità. Risposta: perchè in questo modo i bambini sono tutti in ordine e non si sporcano. Caspita, ci siamo fatti fuori intere generazioni di pedagogisti con una genialata da guinness. Me l’immagino il consiglio di interclasse che discetta lungamente sul valore educativo del grembiulino. Anzi, più che altro vorrei assistervi…
Dunque: ordine e pulizia. Un binomio di ferro, in effetti. Se mia figlia frequentasse quella scuola in quelle classi non si sporcherebbe i vestiti. Meraviglioso! certo, si sporcherebbe il grembiule. Ma quello poi tanto lo fornisce la scuola e sempre la scuola si occupa di pulirlo. Ah no? Il grembiule lo compra la famiglia e se lo pulisce la famiglia? capisco… Beh, però in effetti invece di avere vestiti di tutti i tipi, dal più ricco al più poverello, un bel grembiulino per tutti magari fa anche un bell’effetto estetico. Dai che ne compro due o tre di colori e con disegni differenti. Ah no? devono essere tutti uguali e tutti blu? ricapisco… Quando mio padre insegnava negli anni ’60, i suoi allievi avevano tutti il grembiule. Anche lui però…
Se mia figlia frequentasse quella scuola, penso che chiederei a quelle insegnanti di dichiarare esplicitamente il loro concetto di “ordine”, motivandolo. Magari per iscritto. Possibilmente di consultarmi per sapere se a noi preoccupa la possibilità che mia figlia si sporchi i vestiti durante le ore scolastiche. Infine proporrei loro di esercitarsi su un bel compitino:
effettua una ricerca etimologica, semantica e sociologica sulla differenza tra “grembiule” e “uniforme”. Poi scegli se imporre ai tuoi bambini l’uno o l’altra e motiva la tua scelta sul piano pedagogico con un documento di almeno dieci pagine
Se fossi il dirigente di quella scuola, invece, farei esattamente la stessa cosa.
Giu 27, 2013 @ 12:06:19
Ah ah Igor, divertente e ficcante il tuo post.
A me sembra che questa storia del grembiulino – insieme a tante altre scelte che spesso si compiono nei luoghi educativi e di cui, questo è il dramma, non se ne riconosce appieno la portata educativa e pedagogica (ecco perchè il compitino sarebbe la cosa miglior da chiedere loro) – si inserisca in un filone pedagogico che chiamerei “pedagogia anestetica”: la pedagogia anestetica ha paura della differenza, dello scarto, dello squilibrio, della perturbazione. Elogia la diversità purchè non disturbi, predilige l’uguaglianza ma non l’equità, ama l’ordine purchè sia il proprio. Non ricorda un pò il fascismo?
Giu 27, 2013 @ 12:09:21
Caro Giuseppe, come non essere d’accordo? Anche la nozione Pedagogia anestetica mi pare azzeccatissima. E certo che ricorda il fascismo, del resto ogni tipo di autoritarismo non può che puntare su due pedagogie complementari anche se apparentemente opposte: quella anestetica, appunto, e quella “contro”, che aizza, infuoca, scaglia. Due facce della stessa medaglia, non trovi?
Giu 27, 2013 @ 13:34:21
Si, due facce della stessa medaglia; pedagogia anestetica e pedagogia “contro” (la chiamerei pedagogia ostile), la prima mossa dalla paura, la seconda dalla purezza).
Mi chiedo quale pedagogia potremmo contrapporre a questo vecchio che non scompare: butto lì una pedagogia eccitante e una pedagogia della contaminazione)
Giu 27, 2013 @ 14:05:18
Forse Giuseppe, semplicemente Pedagogia. Quella che autenticamente è interessata a esplorare il senso di ciò che si insegna e ciò che si impara e non a imporne soltanto le direzioni
Giu 27, 2013 @ 16:04:19
Yes, Igor. Molto più chiaro così.
Giu 27, 2013 @ 13:09:20
Una pedagogia riciclata, attingendo a modelli che non hanno funzionato in passato! E’ fantastico perseverare nell’errore! Bellissimo articolo Igor
Giu 27, 2013 @ 13:12:15
Grazie. Si pedagogia riciclata. E senza la saggezza del recupero. Rifiuti spacciati per ultimo grido
Giu 27, 2013 @ 18:51:13
Credo che cercare di parlare di pedagogia a coloro che riesumano “Il Grembiuniforme ” equivalga a spiegare la poesia a Sandro Bondi.
Giu 27, 2013 @ 19:09:16
Ripiegamento della scuola su se stessa…anche io avevo sentito la questione grembiuli si, no, decide ogni anno il collegio…non in diretta perché abbiamo fatto una scelta impegnativa e decisamente controcorrente che, mi pare (e spero) sia quella ‘giusta’ per mia figlia. Ripensandoci, attraverso il tuo scritto, credo che il grembiule ‘serva’ agli insegnanti per sentirsi in qualche misura ‘autoefficaci’, avendo smarrito un orizzonte e dovendo convivere in quello limitato al qui ed ora della sopravvivenza. Sarebbe importante, forse, riuscire a nominarlo…magari sarebbe un punto di partenza per fare, davvero, un po’ di ordine.
Giu 27, 2013 @ 20:34:26
Cioè, in che senso Monica? Mi sfugge il concetto di autoefficacia e non capisco come l’imporre il grembiule possa incrementarla…
Giu 27, 2013 @ 19:56:56
Igor , dove abito…il grembiule non è riesumato… è e basta … 🙂
Giu 27, 2013 @ 20:28:26
Beh, ha più senso. Se non è mai stato abolito.
Giu 27, 2013 @ 21:48:05
….scrivevo “autoefficacia” come reazione al senso di impotenza che credo si viva a Scuola, un modo per sentirsi capaci di prendere una decisione, certo perdendone il senso ma reiterando la sensazione di “piccolo” potere….meglio di niente (da un certo punto di vista)
Giu 27, 2013 @ 23:32:05
Un modo per sentirsi capaci di prendere una decisione. Interessante. È possibile. Sarebbe una testimonianza della degenerazione di una cultura del fare: sento di non poter far nulla che posso controllare, e faccio la prima cosa che riesco a decidere. Non importa cosa decidiamo ma il fatto che decidiamo qualcosa. Terribile.
Giu 27, 2013 @ 23:37:25
Il grembiule ha oggi lo stesso significato che aveva in passato (non per nulla è stato rilanciato dalla Gelmini) ovvero quello di negare le differenze tutte, ma in primo luogo le differenze di classe per poter applicare l’uguaglianza tra diseguali.
Giu 28, 2013 @ 07:49:15
Grazie al primo incontro con le insegnanti farò tesoro delle tue parole….
Lug 14, 2013 @ 10:48:10
da noi l’uso del grembiule o dell’uniforme (i miei figli hanno usato le due cose), è stato motivato sempre e dico sempre dalle insegnanti con questa menzione…perchè così non ci sia differenza in classe dal bambino che indossa o non indossa vestiti firmati o non di marca. In classe, i bambini devono essere tutti uguali, senza distinzioni. Così anche in chiesa, c’è stato un parroco nella nostra parrocchia che si ostinava a non cambiare (dettato anche dagli atteggiamenti poco adeguati di genitori insensibili ed egoisti) disposizioni nel far mettere o meno l’abito monacale per tutti. Io sono sempre stata del parere che l’abito monacale era la soluzione giusta, affinchè in chiesa non ci fossero bambini che sembrano piccoli modelli in passerella, o addirittura bambine vestite da prima comunione, in modo poco congruo per una cerimonia in chiesa e per l’età. Considerando anche il fatto che ultimamente, il bianco che una volta veniva indossato per significare purezza nello spirito e nell’anima, è andato sempre più sostituendosi a colori come il rosa, giallo paglino ecrù e chi più ne ha più ne metta. Anche in quel momento, i bambini davanti al Signore, devono essere tutti uguali, e non vestirsi per fare sfilate, a discapito di quei bimbi i cui genitori non possono permettersi di comprare un abito tanto costoso o alla moda. Meno male che adesso è subentrato un altro parroco, che subito ha cambiato questa condizione. Devo dire che a giugno, il giorno delle prime comunioni, è stato veramente emozionante, vedere tutti quei bimbi e bimbe che indossando il vestito monacale, si presentavano davanti al Signore in silenzio e compostezza. Lo sono state le mamme che in quel momento non potevano sussurrare alla vicina di banco….hai visto mio figlio/a con il vestito che le ho comprato??? bello vero??? ho speso tot euro…
Lug 14, 2013 @ 12:57:14
Va bene Paola, ma qualche differenza tra Chiesa e scuola pubblica…?