Com’è noto, quando gli eventi accadono nelle nostre vicinanze, ne sentiamo più forte la tensione e il calore, così come mi è accaduto qualche giorno fa rispetto ad un grave incidente stradale che ha coinvolto la giovane figlia di conoscenti.
Ho saputo di tua figlia, mi dispiace molto, immagino la vostra paura e preoccupazione.
Il padre, esibendo una chiara dissociazione tra ciò che contengono i suoi occhi e le sue parole dichiara quasi con tono freddo che sono cose che succedono.
Quante volte ho sentito questa frase da mio padre e da mia madre, di fronte all’inspiegabile, al dolore insopportabile e allo smarrimento provocato da notizie incomprensibili. Ero molto giovane e ricordo ancora bene la voce rotta di mia madre mentre mi annunciava per telefono, la morte di sua madre, mia nonna. Lo stesso ricordo mi raggiunge rispetto ad un’analoga comunicazione da parte di mio padre, ma questa volta riguardava suo figlio, mio fratello. Entrambi incapaci di accogliere una solidarietà dolorosa respinta quasi sempre prontamente con la solita frase, sono cose che succedono.
E’ in tal modo che, molto spesso senza alcuna consapevolezza, si insegna ai figli come rapportarsi con le emozioni forti e affrontare le situazioni di grande difficoltà. Si finisce così, sin da bambini, con il ricevere messaggi precisi che veicolano significati e indicazioni di modalità per stare al mondo.
Smettila di piangere, non ti sei fatto nulla!
Quante volte l’ho sentito dire a genitori o a educatori nei servizi per l’infanzia. Li osservo di fronte al mio invito che interroga il senso di quell’affermazione e la possibilità di introdurre cambiamenti che consentano al bambino di esprimere con maggiore libertà le proprie variegate emozioni.
Mi ci sono voluti anni di lavoro, a volte durissimo, per evitare di ringhiare nei momenti di sofferenza e, ancora oggi, ogni tanto mi scappa. Sono cresciuta confusa rispetto alla gestione del dolore e come molti, da adulta ho dovuto scoprire nuove strade e possibilità per affrontare le “cose che succedono”.
Invito spesso gli adulti, genitori o educatori, a proporre ai bambini la possibilità di piangere e ho di fronte agli occhi alcuni dei loro sguardi perplessi e quasi sospettosi.
Per me è stato un successo poterci arrivare pian piano e di sicuro mi sento bene quando mi ascolto dire piangi pure, ne hai tutte le tue ragioni e la mamma rimane qui, vicino a te.
Mar 01, 2013 @ 17:02:30
Mi sono trovata spesso a fare pensieri molto vicini a questi, ogni volta che ho sperimentato in persone care o poco conosciute la difficoltà di dare legittimità ed esprimere il proprio dolore, oppure quando i tentativi di farlo “uscire” sono stati bloccato sul nascere dalla paura degli altri di vedere, ascoltare, accogliere.
I cuori analfabeti sono numerosi, ma a volte si trova uno sguardo diverso.
Ogni volta che mi accade, io ringrazio….
Mar 01, 2013 @ 17:50:19
hai proprio ragione … quando accade è un dono anche da condividere!
Mar 02, 2013 @ 11:21:13
Condivido con entrambe e Irene arriva tanto calore umano da questo tuo nominare i cuori analfabeti! Oltre alle situazioni culmine, di fatti molto dolorose che fanno ripensare ad alcuni modi di reagire di fronte ai fatti “come cose che succedono nella vita”, anche nel quotidiano questi cuori analfabeti è come se negano a se e agli altri incontri possibili di emozioni che si vivono nell’attraversare la vita. In alcuni momenti quando mi soffermo a pensarci penso che questo porta a volte alle meschinità…come se proprio per non provare dolore se ne produce altro!
Ecco perchè uno sguardo diverso sorprende e apre il cuore
Mar 07, 2013 @ 19:19:04
Seguio da qualche mese il vostro blog ed ogni tanto resto piacevolmente sorpreso dalla sincronia con le mie cose.
Ora mi troverò a breve a comunicare a mia figlia, che studia in inghilterra, una notizia dolorosa e dura e necessaria, che riguarda la sua mamma.
Vado lì da lei per esserci quando piangerà.
Mar 08, 2013 @ 17:52:39
Caspita Roberto,
a volte come genitori vorremmo che i nostri figli potessero non soffrire mai.
La vita però spesso ci pone di fronte alla nostra fragilità e all’impossibilità di evitargli dolori e fatiche.
Io ho capito, con mia figlia, che non posso prendermi il suo “peso” ma posso starle vicino sostenendola e portandolo insieme a lei.
La tua presenza lì, sarà di certo molto importante.
Ti mando i miei pensieri di vicinanza solidale.
Mar 23, 2014 @ 14:56:51
Ciao Irene,risento ancora le tue parole nei collettivi,quelle parole che mi hanno insegnato a riconoscere ed accogliere le emozioni dei bambini,anche e soprattutto attraverso il loro pianto.Ora mi viene naturale, ma spesso mi chiedo come abbia fatto in alcuni momenti a sottovalutare un’aspetto così fondamentale della scena educativa.
Mar 23, 2014 @ 16:17:12
Ciao Luisa, che piacere ritrovarti tra queste righe…
Ci sono tempi per tutto e ognuno di noi attraversa un suo percorso di maturazione. Oggi ci sei arrivata e questa è la cosa importante perchè tu possa praticare questo apprendimento e insegnarlo a tua volta, affinché non si disperda. Alla prossima e cari saluti, Irene