di Irene Auletta

Leggendo questo post ho fatto un viaggio nella memoria.

Mi rivedo a tredici anni, nell’attesa dell’annuncio della nascita di mio fratello, di fronte allo sguardo stravolto di mio padre, che esce di corsa di casa salutando me e mia sorella con un veloce “il piccolo è nato ma non sta bene”.

In realtà, io ero abbastanza grande per non chiedere ai miei genitori cosa avesse di strano mio fratello e il mio incontro con il mondo della disabilità iniziava già allora a farsi strada, sostituendosi a quell’adolescenza spensierata e leggera che non ho mai conosciuto.

Mi sono trovata da sola a rispondere alle domande e agli sguardi e riconosco oggi la fortuna di quei fratelli o sorelle che possono essere aiutati dai genitori a trovare rispose e significati di fronte ad un mondo che sottolinea la differenza ad ogni respiro, rischiando di toglierti il fiato. Non credo certo che i miei genitori siano stati inadeguati o incapaci, semplicemente non sono stati in grado di fare altro e oggi, ormai anziani, mi sembrano spesso bisognosi di essere rassicurati rispetto alle loro buone intenzioni.

Di sicuro il tempo fa la differenza e, siccome stiamo parlando di circa quarant’anni fa, è anche possibile riconoscere come la cultura e le immagini della diversità abbiano fatto da allora parecchia strada.

Ricordo bene le domande dei miei compagni di classe o amici di quartiere, quando ci incontravano insieme e più ancora, ricordo gli sguardi sfuggenti, gli interrogativi non espressi, la curiosità. In realtà avrei voluto anch’io che qualcuno mi spiegasse, mi aiutasse a trovare un senso e mi permettesse di esprimere le mie fatiche quando, anch’io, mi sentivo guardata in modo strano.

Vivere accanto alla disabilità è un po’ così, o almeno, così è stato per me. Finisci anche tu con il sentirti un po’ diverso e, come sorella o come madre, mi sono dovuta misurare fino in fondo con questo sentimento. Da adulta, ho cercato porte a cui bussare, quando i perchè che avevo dentro hanno rischiato di farmi esplodere in un ruggito e, può essere, che questa esperienza sia un po’ risparmiata ai bambini che oggi possono chiedere ai loro genitori della diversità presente nella loro famiglia.

Quindi, ben vengano tutte le risposte, i tentativi di trovare insieme un significato, la possibilità di avviare una ricerca di senso tenendosi per mano, di gioire o disperarsi sentendosi non da soli.

Novembre è un mese speciale per me e per noi. Ricordo con chiarezza il giorno dell’ultimo saluto. Da allora sono successe tante cose e tanti incontri. La mia ricerca non si è mai interrotta e proprio lì ho trovato le mie risposte, magiche cure per le mie ferite.