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di Igor Salomone
Ecco, giusto, diamo delle regole. Quando il pedagogista si sente convocato di fronte a un qualsiasi problema, la risposta standard è: occorre dare delle regole. E chi potrebbe dissentire? nessuno. Appunto, quindi perchè dire cose che tutti sono già pronti ad ascoltare? Certo, così è più facile essere capiti, però mi sfugge a cosa serva far capire cose ovvie.
Quindi, gli smartphone possono essere pericolosi per gli adolescenti. Chiaro. Non sono da demonizzare, ovviamente. Però ci vogliono dei paletti: mai prima dei 13 anni, quando arrivano massimo un’ora di uso giornaliero, poi si può aumentare progressivamente ma mai più di due ore (un quarto d’ora all’anno? due minuti al mese? scatto d’anzianità di sessanta minuti al compleanno?), ritiro prima di andare a letto. Sembra il bugiardino di un farmaco, effetti collaterali descritti con chiarezza, modalità d’uso anche, manca solo la composizione.
Ma sono sicuro che Daniele Novara abbia detto ben altro. L’intervista apparsa su Repubblica riporta solo il cipiglio normativo, però le interviste sono così, tu parli magari un’ora e la redazione sceglie solo le cose che ritiene più digeribili dal proprio pubblico. Quindi, Daniele non me ne voglia, mi faccio carico io di riportare tutto ciò che lui ha sicuramente detto e che lo spietato redattore ha cassato.
Primo. La tecnologia va capita.
Gli smartphone, come tutte le tecnologie, non solo non vanno demonizzati: vanno capiti. Regolamentare ciò che non si conosce è il modo migliore per far fallire le regole.
Secondo. Le regole devono permettere.
Le regole che funzionano sono regole che indicano come usare qualcosa, non quando non usarla. Limitarsi a evitare un problema è una strategia educativa perdente
Terzo. La legge è uguale per tutti.
Le regole sull’uso della tecnologia, devono riguardare tutti, adulti e genitori compresi. Questo non vuol dire che devono essere uguali per tutti, ma che tutti si devono sentire sottoposti a delle regole.
Quarto. La tecnologia siamo noi
Il rapporto con la tecnologia è un problema epocale e richiede processi di adattamento creativo complessi. Abbiamo bisogno di giovani capaci di abitarla, non di una generazione divisa tra chi ne abusa e chi la teme.
Quinto. Educazione e futuro
Lasciamo agli psicologi il compito di additare le patologie connesse con l’uso della tecnologia. Facciamo che gli educatori si occupino di guidare i ragazzi attraverso trasformazioni che tutti fatichiamo a capire, evitando i nostalgismi e le visioni apocalittiche.
Potrei andare avanti ancora un bel po’, ma credo sia sufficiente per restituire all’intervista di Daniele Novara lo spessore che merita.
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