di Igor Salomone
Male, probabilmente.
Riassumo per chi non avesse ancora incrociato la news. Nel liceo in questione, i cellulari sono stati messi al bando. Poiché però sarebbe complicato e anche legalmente discutibile ritirare tutti i telefonini a inizio lezione e custodirli in modo precario da qualche parte, il collegio docenti ha pensato bene di utilizzare un sistema già in uso negli Stati Uniti (dai, ma guarda un po’…): ogni singolo cellulare viene messo in una custodia che non può essere aperta e riconsegnato al legittimo proprietario. In pratica, ti tieni il tuo aggeggio ma non puoi usarlo. Geniale.
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Il proibizionismo non funziona mai. MAI. Non mi addentro nelle spiegazioni sociopolitiche e storiche di questo dato di fatto, non è di mia competenza. Ma che il proibizionismo non abbia mai funzionato è un fatto. Riproporlo significa non aver imparato nulla dalle esperienze passate. Vietare l’uso di qualcosa qui e ora, produce inevitabilmente l’effetto di intensificarne l’uso da qualche altra parte. Oppure sempre qui e ora ma in forme clandestine. Sai che ci vuole ai ragazzi per portarsi dietro due cellulari…
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Ma davvero siamo ancora al buon vecchio sistema di vietare qualcosa a tutti per colpa di qualcuno? E’ questo il messaggio educativo che dovrebbe arrivare a mia figlia? metti che lei sia una di quelle che si è autodisciplinata da tempo, che utilizza il suo iPhone con criterio e senza abusarne. Come pensate si possa sentire nell’essere trattata come i suoi compagni compulsivi, incollati allo schermo h24?
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La scuola ha il compito di aiutare i ragazzi a fare crescere il loro rapporto con il mondo così com’è, oppure quello di tenere fuori le parti “cattive” che disturbano? Intendiamoci, anche il secondo è un modello pedagogico conosciuto, e dalle radici piuttosto antiche del resto, però allora bisogna dichiararlo. Spacciare per progressiva e innovativa una scelta che ricalca la buona vecchia pedagogia dell’evitamento, non è corretto. Se l’idea è che la scuola deve essere un posto bonificato dal quale i mali del mondo dovrebbero essere esclusi, basta dirlo. Almeno potrei portare mia figlia da qualche altra parte.
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Siamo tutti abituati ormai a muoverci ovunque con lo smartphone in tasca. O in mano. Dovrebbe essere ormai chiaro che l’era del “telefonino” è finita da un bel po’. Quello che oggi ci accompagna fedelmente è un terminale collegato alla Rete che ci connette con il mondo. Che senso ha vietare agli studenti di restare collegati con il mondo, mentre fanno scuola? Qual è il messaggio? Che il vero sapere è quello veicolato dai loro insegnanti, mentre tutto il resto è solo svago e svacco al quale facciano il piacere di dedicarsi in altri momenti? Li prepariamo così alla nuova realtà emergente? E perchè mai mia figlia non dovrebbe poter controllare se quello che sta dicendo il professore è corretto? O fornire materiale utile alla lezione in corso? O anche chiedere agli amici qualcosa che l’aiuti a tollerare un momento di noia mortale?
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Non credo che avere con sè il cellulare sia un diritto dei ragazzi e delle ragazze, come sosteneva lo psicologo convocato a Uno Mattina per commentare la notizia proveniente dal liceo piacentino (chissà poi perchè insistono a convocare sempre e solo psicologi e affini per commentare fatti di questo tipo, costringendoli poi a lanciarsi spericolatamente in territori educativi con scarsissima competenza). Credo piuttosto che imparare a utilizzare in modo complesso e non banalizzato gli strumenti che abbiamo a disposizione, sia un compito di apprendimento fondamentale per tutti noi. E come tale andrebbe trattato, invece di nascondere lo strumento per evitare il rischio di un cattivo uso o di un abuso.
Ott 03, 2018 @ 08:00:51
Caro Igor permettimi in parte di dissentire, mia figlia fa la seconda media e nella sua scuola vige la regola che i telefoni vengono requisiti all’ inizio e vengono restituiti alla fine della scuola e ne’ lei né i suoi compagni/e sono provati da questo. Questo è un argomento che mi tocca abbastanza e inoltre sono pervaso come per molti altri argomenti da diversi dubbi. Io credo per poca inclinazione anche mia a non amare tanto la tecnologia, io credo che per quanto essa abbia portato delle migliorie ,ha nello stesso tempo attraverso telefoni che come dici tu non si possono chiamare tal
i , social e via discorrendo peggiorato , incattivito , mediocrizzato, l’ essere umano in tutte le sue età. Quindi per quanto condivida la regola che sia più educativo educare che imporre, non do per scontato che quella scuola che vieta il telefono ai suoi alunni sbagli, perché se tre alunni che sanno gestirsi ce ne sono tutti gli altri che non lo sanno fare, sono come dei tossici che hanno bisogno che ci sia qualcuno che gli tolga ciò che li rende dipendenti. Ma questo è il pensiero di uno che per la sua poca propensione all’ informatica e i suoi vecchi pensieri in merito probabilmente verrà nominato patrimonio dell’ umanità .
Ott 03, 2018 @ 08:57:26
Caro Franco, la teconlogia e il rapporto dei giovani con essa non è un problema nato con i telefonini e il web. Anche i nostri genitori avevano la stessa diffidenza che hai tu nei confronti della tecnologia che ai miei tempi faceva infiammare la mia generazione. La tecnologia non è un orpello, un lusso, un passatempo per ragazzi svogliati. La teconologia è la base stessa della nostra esistenza. Guardati attorno, tutto è tecnologia. Anche se sei a 2000 metri nel bel mezzo di un alpeggio, perchè quei bei muretti a secco che solcano tutte le nostre vallate, sono tecnologia.
Come diceva quel tale, chiamiamo tecnologia tutto ciò che è stato inventato dopo la nostra nascita, di conseguenza consideriamo naturale tutto il resto.
Quindi la questione è come vogliamo affrontare da educatori il rapporto delle nuove generazioni con una teconologia che fatichiamo a comprendere. Proibire ed evitare è una strategia, certamente. Può anche funzionare nel breve termine. Ma è come proibire ai propri figli di andare in bici per strada per tenerli lontani dai pericoli sino a 18 anni e poi regalar loro l’auto, come se la capacità di districarsi tra ciò che è pericoloso potesse comparire improvvisamente e d’incanto con la maggiore età…
Ott 03, 2018 @ 11:55:34
Mi spiace ma faccio fatica a mettere sullo stesso piano i telefonini e tutto l’ entourage che ci sta intorno che ha cambiato radicalmente la nostra società e io credo in peggio con la paura della bicicletta .
Ott 03, 2018 @ 12:04:42
beh, Franco, muore molta più gente per le strade che in Rete…
Ott 03, 2018 @ 12:10:17
Si ma la morte cerebrale avviene più in rete che per strada ed è una morte lenta e che ci darà la possibilità di fare la vera conta dei danni più avanti
Ott 03, 2018 @ 12:15:59
io non ho la stessa lettura della rivoluzione in atto che dai tu e molti altri con te. Come per tutte le rivoluzioni tecnologiche ci sono molti pericoli nuovi che si sono presentati e altri si presenteranno. Senza la ruota e il fuoco faremmo ancora le guerre a piedi e a mani nude, con molti meno morti. Ma le abbiamo inventate e non si è potuto tornare indietro. Nessuno ha in mano il bottone per fermare le trasformazioni in corso, quindi ci sono solo due scelte: ritirarsi in una nicchia il più possibile protetta cercando di subire il meno possibile le conseguenze di ciò che sta accadendo (lo fanno in molti, i più coerenti sono gli Amish), oppure starci dentro imparando a difendersi dai pericoli e a godere delle nuove opportunità. Evidentemente, su questo fronte io e te abbiamo fatto scelte diverse… Ti abbraccio.
Ott 03, 2018 @ 13:53:05
Un abbraccio anche a te! Comunque qualora cambiassi idea la mia comunità Amish è pronta ad accoglierti!
Pedagogia digitale – 2 | Cronachepedagogiche
Apr 15, 2019 @ 13:24:10