di Igor Salomone

 

“Hanno il mondo a disposizione con un dito”. Di questo parlava quella mamma insegnante ieri, lamentando di conseguenza la quasi impossibilità di chiedere a figli e allievi impegno e sforzo se sono abituati ad “avere tutto e subito”. I suoi allievi scaricano paginate da Wikipedia spacciandole per ricerche, le figlie “stanno” su Facebook e cliccano “mi piace”, pensando che così ci sono e partecipano. Naturalmente, aggiunge la signora, lei di “computer” non capisce nulla. Però, aggiunge, è importante cercare di capire il mondo dei figli/allievi.

Giuro, era la stessa mamma professoressa, non due o tre, ognuna portatrice di discorsi differenti. Perchè sono mediamente di questo tipo le parole ricorrenti quando si tratti di intrecciare educazione, nuove generazioni e modelli di consumo. Mettere sullo stesso piano la voglia di telefonino sempre più precoce, l’ora di uscita serale sempre più tarda, l’esigenza di capi alla moda sempre più pretesa, e l’attività sui socialnetwork, tradisce una totale estraneità non al mondo dei giovani, ma alla rivoluzione mondiale nella quale siamo immersi ormai da almeno vent’anni.

Il fatto più curioso, del resto, è che chi vede nell’appropriarsi giovanile della Rete, dei webmedia, della comunicazione telematica, delle forme di partecipazione ed espressività che l’era digitale al suo esordio sta mettendo via via a disposizione, una “facile” via di fuga dalla realtà, dagli incontri “veri”, sinanco dalla responsabilità (basta “un dito” appunto…), sono le stesse persone che, messe a loro volta con il dito di fronte a questo nuovo mondo da esplorare, lo ritraggono terrorizzate. Delle due l’una, se è facile basta andarci e capire davvero cosa si nasconde dietro, se è difficile vuol dire che chi ci si è avventurato merita rispetto  innanzitutto, e attenzione in secondo luogo perchè potrebbe offrire l’aiuto necessario a chi non capisce, per capire davvero cosa si nasconde dietro

In poche altre epoche nella storia dell’Umanità è stato possibile trattenere la responsabilità di insegnare alle nuove generazioni, lasciandosi insegnare ciò che le nuove generazioni stanno imparando per prime. Fuggire con supponenza, scuotere la testa, chiamarsi fuori come si trattasse di mattane da ragazzini o di mode passeggere che tanto poi, vedrai, passeranno, sono tutte resistenze comprensibili per chi ha già vari decenni di vita sulle spalle e fatica a doversi reinventare il mondo, magari per l’ennesima volta. Ma le resistenze non vanno spacciate per scuse, nè, tanto meno, per verità. Rimboccarsi le maniche, prego…