di Igor Salomone
“Si deve aver rispetto quando si entra in casa d’altri”. Questo mi sono sentito dire, in mezzo a un bel po’ di insulti postati sulla mia bacheca Fb con una piroetta moralistica di grande atletismo.
La “casa” in questione era il parcheggio del San Raffaele nel quale io e mia figlia abbiamo vissuto una splendida avventura raccontata in Ticket to stop, un post di qualche giorno fa che ha avuto un grande successo di pubblico. Ma la critica ci stava bene. Non entro nel merito, se qualcuno è interessato può gustarsela qui.
La sostanza delle accuse che mi sono state rivolte è che un operatore ha il dovere di far rispettare le regole e che quando si entra in un qualsiasi luogo presidiato da un qualsiasi operatore, in pratica si entrerebbe a casa sua. Sembrano considerazioni ovvie. Ma anche no.
Quindi se incrocio un vigile urbano, la via nella quale sta camminando è casa sua? L’ufficio anagrafe del comune è la casa degli impiegati? Ogni scuola è la casa degli insegnanti? Verrebbe da dire di no, ma ho il sospetto che al contrario molti la pensino esattamente così. Del resto viviamo in un Paese in cui taluni pretendono di considerare casa propria intere valli se non addirittura l’intero Paese. Una bella parabola per il principio di appartenenza.
Nutro il fondato sospetto che molti operatori abbiano frequentato quei corsi dai quali si esce marciando come in Full Metal Jaket e cantando l’inno aziendale. Tutto un fiorire di pronomi alla prima persona plurale per far dire a qualsiasi stagista in tailleur d’ordinanza e con il massimo della compunzione “noi della qualchecosainternescional”.
Mi spiegherei per lo meno perché mi capiti fin troppo spesso di incrociare operatori tutti compresi nel loro ruolo di rappresentanza organizzativa. E non è neppure sbagliato: a me non dispiace affatto avere di fronte un impiegato che si assume le responsabilità di ciò che fa la propria organizzazione. Ma non è ciò che è successo quel giorno al San Raffaele.
Assumersi la responsabilità delle scelte organizzative, regole comprese, non significa diventare dei sanfedisti pronti a ingaggiare battaglia per farle rispettare, in barba a qualsiasi logica e in qualsiasi situazione. Se qualche formatore va insegnando ciò, prego il lettore di segnalarmelo, sono pronto a prenderlo a calci nel sedere e poi deferirlo alla corte marziale dei formatori.
Ho grande rispetto per tutti gli operatori. Se hanno rispetto di me come utente. E se una regola organizzativa mi mette in difficoltà, mi aspetto che un operatore mi aiuti a superarla. Ne incontro tantissimi di questo genere, ne ho incontrati anche al San Raffaele.
Se invece mi sento dire che questa è casa mia e qui comandiamo noi, e che se entro in quella casa devo rispettarne le regole anche se quelle regole non rispettano me, allora come persona mi incazzo, come professionista penso ci sia ancora molto, molto da fare, come cittadino mi chiedo che fine stia facendo la categoria di “luogo pubblico”.
Giu 06, 2016 @ 12:28:41
tu da uomo hai saputo anche uscirtene da questa situazione, ma loro ci pensano che se fosse capitato a me…che in questi casi mi assale il panico, come sarei uscita da li sotto, con mia figlia che non cammina bene. Igor hai fatto la cosa giusta denunciare e se dobbiamo fare una petizione…la facciamo.