Ho sgridato mia madre si. L’ho fatto “forte” proprio come si fa con i bambini indisciplinati quando si é raggiunto il limite della sopportazione e dopo aver tollerato diverse torture. Uno s-grido! che potesse mettere fine. L’ho fatto prima crocifiggendola con i fatti, poi combattendo contro le sue bugie, le sue fughe, le sue sleali giustificazioni e resistenze ed infine, ammonendo e minacciando una più severa punizione (fantasmatica e impraticabile) se le cose non fossero immediatamente migliorate.
L’ho fatto senza alcuna delicatezza spinta dalla furia, sono stata informata dei suoi litigi e atteggiamenti sociali scorretti verso altre persone anziane e senza sentire ragioni sono scoppiata. Ancora? Ancora problemi? L’ho fatto in realtà non proprio così facilmente, prima dell’esplosione ho attraversato la sorpresa (mia madre ha sempre avuto il dono di sorprendermi, più verosimilmente di allibirmi) poi l’incredulità ed infine la vergogna.
Ecco la vergogna. Una vergogna complessiva a più dimensioni verso di te mamma per come sei fatta o per la mia impossibilità di identificarmi in una anche minuscola parte del tuo carattere; e verso la ricaduta delle tue azioni sugli altri. Quando invecchiano non li si riconosce più, non si sa come trattarli e ci si attacca alla infinita serie di luoghi comuni che soli abitano le nostre interpretazioni: “tornano bambini, fanno i capricci, diventano egoisti, bisogna sgridarli”. Diventano… ritornano… restano… Come se la cosa non ci riguardasse. Sarebbe più corretto usare i verbi in prima persona: diventiamo… ritorniamo … scatterebbe forse anche in me un minimo di empatia.
La verità è che noi mamma non ci riconosciamo e non siamo riconoscenti. Le argomentazioni che mia madre dà dei suoi comportamenti sono desuete, démodé, sono scadute. Non è nemmeno escluso che una volta andavano bene: forse nel suo tempo, nel suo contesto, nel suo mondo si poteva litigare ed offendersi con più leggerezza.
Mia madre ha 84 anni l’ho sgridata “forte” per delle azioni alle quali io non ero presente. Ho infilato una dietro l’altra azioni pedagogiche di sicuro insuccesso lo so. Ad una certa età ti tocca educare tua madre? tocca a me farlo? E’ legittimo accompagnarla così nella fase finale della vita? Domande aperte nella loro chiusura: intesa come combinazione che permetterebbe di vincere la partita.
La vergogna dà un dolore profondo e mina l’identità, dopo averla sgridata “forte” ora, distolgo lo sguardo quando incrocio i suoi occhi desolati e lo abbasso quando entrando al Centro incrocio quello del personale che la accudisce in mia assenza. Si può spiegare la vergogna come eccesso di difesa?
Sono stata sulla difensiva mamma non ti ho compreso e non ti ho difeso… Non l’ho fatto non solo perché tu sei indifendibile ma perché io ho smarrito il valore di ciò che stavo difendendo. Avrei forse dovuto uscire allo scoperto, osare, riconoscere che la vita è comunque è sempre una sfida e provare ad investire energia ancora su di noi ma riuscirò mai a chiudere le crepe con dell’oro rendendole preziose?
Forse sono ancora in tempo.
Mar 07, 2016 @ 11:31:22
Sì Nadia. Le domande che poni sono pregnanti e urgenti. Devo educare mia madre? O forse quella latente: come è possibile non farlo? In fondo si tratta di accompagnarla dentro un mondo nel quale fatica a restare, per lo meno secondo i canoni correnti. Ma che cos’è l’educazione se non accompagnare qualcuno dentro un mondo nel quale non ha ancora imparato a stare oppure nel quale non riesce più a stare?
Quindi la domanda ultima probabilmente è: come posso educarla? come posso educare un adulto, che per giunta è chi ha educato me e dunque mi fa giocare delle parti che non vorrei mettere nel mio modo di educarla? Un bel loop.
Forse è come dici tu: occorre ricordarsi chi è quella persona che hai davanti, a prescindere da chi è stata per te. Ovvero una persona adulta con le difficoltà dell’età anziana.
E poi sì, l’eccesso di difesa è comunque un eccesso. Che si difenda se stessi o che si difenda l’altro. Del resto nella difesa ciò che va difeso è la relazione.
Mar 07, 2016 @ 12:27:46
Hai colto nel segno Igor c’è un tal “pasticcio” pedagogico che è difficile trovare le proprie parti, non quelle “giuste” ma quelle che ti fanno sentire autentica nella relazione. In tutta la vicenda mi sono sentita “stonata” appunto fuori misura.
Ti ringrazio ancor di più per il tuo accompagnamento “dolce”, leggendoti comprendo sempre meglio cose che c’è bisogno di sentirsi dire continuamente, perché se non le “tieni lì davanti” sfuggono nella banalità, nel luogo comune, nelle facili scorciatoie.
Parole, le tue, più simili a delle prese d’atto pacate, consapevoli, come sai fare tu. Parole che danno forza.
Mar 07, 2016 @ 16:10:45
Nadia ti ho inserito nella rassegna di blogger #adotta1blogger
Mar 07, 2016 @ 19:00:39
Grazie Monica, mi onora…
Nadia