Japanese-antiques-003di Irene Auletta

Come mi ha detto uno specialista qualche anno fa, mio figlio è come un vaso rotto e non potrà mai essere altrimenti.

Così, durante una supervisione un’educatrice, mentre racconta delle sue difficoltà a dialogare con la madre del bambino che segue in un intervento di sostegno scolastico, ricorda le parole della signora. Nel corso dell’incontro provo a condurre la riflessione intorno ai significati celati in questa frase che, evidentemente, la madre ha trattenuto con alcuni accenti non difficili da evincere nella complessa situazione che viene riportata nell’incontro.

Ogni volta che mi trovo a trattare situazioni analoghe, cerco di concentrare lo sguardo non tanto su chi all’origine può aver fatto una determinata affermazione ma su come l’ha ricevuta e assorbita il destinatario. Ma cosa vorrà dire per una madre sentirsi dire che il figlio è come un vaso rotto?

Purtroppo non siamo giapponesi e ho la sensazione, che in questa circostanza, siamo parecchio distanti dalle metafore evocate da quella loro pratica kintsugi che utilizza oro e argento per la riparazione di oggetti in ceramica andati distrutti, valorizzandone e aumentandone così il valore.

Nel racconto dell’educatrice sembra che tutti gli adulti che ruotano intorno a questo bambino, specialisti, insegnanti, educatori, ne vedano solo le fratture, le imperfezioni, le mancanze. Le ferite non sembrano affatto impreziosite da oro e argento ma solcate ogni volta da quel giudizio aspro che pone, figlio e genitori, di fronte allo sguardo impietoso di chi pare aver smarrito il suo orizzonte professionale.

Non è facile comprendere quello che ogni giorno incontro nella mia pratica professionale perché ogni tanto mi sembrano più smarriti coloro che dovrebbe sostenere relazioni di aiuto che gli stessi destinatari. Forse siamo un po’ tutti andati in frantumi in questo momento storico che sembra incapace di riconoscere il valore dell’imperfezione come peculiarità dell’umano.

Proviamo a trovare un po’ di luce in questo racconto pieno di ombre, dico rivolgendomi all’educatrice e all’intero gruppo dei presenti. La prossima volta suggerirò di cercare direttamente oro e argento e vuoi vedere che mi invento l’orafo pedagogico?