Non possiamo andare fino alla cascina perché lei è una pigrotta! Provo a dare un altro senso aggiungendo che in effetti camminare per te è proprio una grande fatica. Niente da fare. Si, si lei si impunta e si rifiuta di andare oltre … è proprio una pigrona.
Arrivo a prenderti e ti trovo in uno di quei momenti in cui le emozioni forti trovano spazio in quei tuoi movimenti delle braccia poco controllabili e in quella risata che suona subito stonata. Era lì tranquilla e poi ad un tratto le è scoppiata la ridarola.
Di esempi di questo genere ce sono tantissimi e sono certa che ogni genitore ne avrebbe da raccontarne parecchi. Negli anni, le frasi o le battute non sono cambiate, ma sta mutando, molto lentamente, il mio modo di ascoltarle e di interpretarle. Per molto tempo, e purtroppo mi accade ancora, di fronte ad alcune affermazioni ho sentito un pizzico nello stomaco e credo che molto spesso al mio interlocutore non sia sfuggita la severità del mio sguardo di disapprovazione.
Ma perché raccontare il quel modo qualcosa che riguarda mia figlia? E, pensandoci bene e un po’ a distanza, quello che di alcune comunicazioni mi ha sempre raggiunto stonato è il tuo ritratto, infantile o stupido. In realtà, anche il fatto di aver intravisto dietro ad alcune espressioni una sincera attenzione e un atteggiamento di autentico interesse, mi ha spinto a cercare oltre, provando ad interrogare diversamente quelle zone d’ombra alla ricerca di un po’ di luce. L’ho fatto, e provo a farlo ogni giorno, prima di tutto per te e per me.
Passeggiando per la città, in un momento di tempo vuoto che mi gusto come un dono inatteso, mi raggiunge una differente interpretazione forse stimolata da recenti letture che, senza paura o false mistificazioni, mostrano un intreccio doloroso fra handicap e male. Dietro alcune superficialità comunicative vedo ancora forte la paura di guardare e riconoscere la differenza, la fatica e l’incomprensibile. Di recente ho avuto anche l’impressione che, per alcuni operatori, questa modalità sia quasi pensata come protettiva per i ragazzi disabili e per le loro famiglie.
Ma cosa c’è di protettivo nel restituire sempre un’immagine di figlio adulto infantile o stupido? E, come è possibile, senza diventare giudicanti o insopportabili, creare insieme nuovi dialoghi?
In questo clima culturale di polemica a oltranza e di negatività dominante, mi accorgo che può davvero fare la differenza il “solo” provare a dire altro. Così aggiungo colori, nuovi racconti, differenti emozioni. Forse continuando a condividere le mie sfumature, e quelle che colgono anche altre persone che ti conoscono, potremo far avvicinare le diverse fotografie, sia le nostre che quelle di tante altre storie simili. Almeno, ci provo.
“Ogni volta che ammiriamo una perla dimentichiamo che è la cicatrice della malattia della conchiglia”. (Karl Jaspers)
Giu 06, 2015 @ 09:59:48
Le sfumature, spazio indefinito dove la vita assume, autenticamente, colore e forma…
In una società basata sul bianco o il nero, lo sguardo che riesce a infrangere le regole è proprio quello educativo.
Una sorta di ossimoro pedagogico se vogliamo, poiché ciò che squarcia l’ordine buttandoci nel caos del non vissuto, ci dona chiarezza, diradando le nubi oltre ai nostri quotidiani confini.
Per portare al di là la nostra esperienza, mischiandola ad altre e creando così nuove regole.
Perché l’educazione si trova anche lì, in quell’attimo di rottura tra una rivelazione e l’altra, tra quell’esperienza del prima e il dopo.
Giu 06, 2015 @ 16:50:11
…. e le sfumature si arricchiscono anche grazie agli sguardi gettati da chi legge!
grazie Sylvia
Giu 07, 2015 @ 07:31:52
Credo sia molto importante quello che rilanci da fare insieme e che tu fai da tantissimo tempo: di parlare in modo differente della disabilità e della nostra esperienza stando con loro.
Si, il desiderio di portare un cambiamento.
Lo sento come possibile anche nel far circolare nuove immagini nel mondo di loro, che presentano le loro preziosità e mi tocca particolarmente il tuo rilancio di ammirare la perla.
Dare luce a ciò che spesso riceve riflessi molto statici, fissi e anche di superficie.
E’ come creare nuovi posti nel mondo, iniziando dal nostro immaginativo, e poi si spera anche nella dimensione reale che permettano di creare davvero nuovi e più profondi contatti.
Che strade ….
Giu 07, 2015 @ 09:02:10
Si Luigina … che strade.
Che chiede di far incontrare gioie e dolori, bellezza e ferite.
E noi lì a chiederci cosa possiamo imparare da queste esperienze.
Come hai scritto anche tu stamane, stare a fianco della fragilità, nella sua dolorosa difficoltà, ci fa toccare punte elevate del nostro umano incontro.