la luce delle perledi Irene Auletta

Non possiamo andare fino alla cascina perché lei è una pigrotta! Provo a dare un altro senso aggiungendo che in effetti camminare per te è proprio una grande fatica. Niente da fare. Si, si lei si impunta e si rifiuta di andare oltre … è proprio una pigrona.

Arrivo a prenderti e ti trovo in uno di quei momenti in cui le emozioni forti trovano spazio in quei tuoi movimenti delle braccia poco controllabili e in quella risata che suona subito stonata. Era lì tranquilla e poi ad un tratto le è scoppiata la ridarola.

Di esempi di questo genere ce sono tantissimi e sono certa che ogni genitore ne avrebbe da raccontarne parecchi. Negli anni, le frasi o le battute non sono cambiate, ma sta mutando, molto lentamente, il mio modo di ascoltarle e di interpretarle. Per molto tempo, e purtroppo mi accade ancora, di fronte ad alcune affermazioni ho sentito un pizzico nello stomaco e credo che molto spesso al mio interlocutore non sia sfuggita la severità del mio sguardo di disapprovazione.

Ma perché raccontare il quel modo qualcosa che riguarda mia figlia? E, pensandoci bene e un po’ a distanza, quello che di alcune comunicazioni mi ha sempre raggiunto stonato è il tuo ritratto, infantile o stupido. In realtà, anche il fatto di aver intravisto dietro ad alcune espressioni una sincera attenzione e un atteggiamento di autentico interesse, mi ha spinto a cercare oltre, provando ad interrogare diversamente quelle zone d’ombra alla ricerca di un po’ di luce. L’ho fatto, e provo a farlo ogni giorno, prima di tutto per te e per me.

Passeggiando per la città, in un momento di tempo vuoto che mi gusto come un dono inatteso, mi raggiunge una differente interpretazione forse stimolata da recenti letture che, senza paura o false mistificazioni, mostrano un intreccio doloroso fra handicap e male. Dietro alcune superficialità comunicative vedo ancora forte la paura di guardare e riconoscere la differenza, la fatica e l’incomprensibile. Di recente ho avuto anche l’impressione che, per alcuni operatori, questa modalità sia quasi pensata come protettiva per i ragazzi disabili e per le loro famiglie.

Ma cosa c’è di protettivo nel restituire sempre un’immagine di figlio adulto infantile o stupido? E, come è possibile, senza diventare giudicanti o insopportabili, creare insieme nuovi dialoghi?

In questo clima culturale di polemica a oltranza e di negatività dominante, mi accorgo che può davvero fare la differenza il “solo” provare a dire altro. Così aggiungo colori, nuovi racconti, differenti emozioni. Forse continuando a condividere le mie sfumature, e quelle che colgono anche altre persone che ti conoscono, potremo far avvicinare le diverse fotografie, sia le nostre che quelle di tante altre storie simili. Almeno, ci provo.

“Ogni volta che ammiriamo una perla dimentichiamo che è la cicatrice della malattia della conchiglia”. (Karl Jaspers)