“Rovigo, nonno uccide il nipote di cinque anni e si suicida. Il piccolo soffriva di una malattia rara.”
Abituati alle notizie che ci passano attraverso questa, per chissà quante persone, è una tra le tante. Per me e per un ristretto gruppo di persone, no. Forse perchè quel bambino aveva la medesima sindrome genetica dei nostri figli, forse perchè con il padre e la madre era nato un contatto, per molti solo via facebook, di quelli che anche a distanza ispirano fiducia e simpatia. Forse perchè ci sono notizie che vanno a toccare corde che neppure osiamo pensare, figuriamoci nominare.
Io, ho subito sentito forte l’eco del dolore di quella famiglia spezzata, di quel genitore che in un solo momento ha perso padre e figlio e di quelle domande che forse non troveranno mai una risposta.
Magari si è trattato di un incidente, dico al padre di mia figlia. La mia mente, il mio cuore e la mia pancia rifiutano quel gesto che mi appare indicibile.
Eppure, proprio quel gesto, urla forte con grande strazio qualcosa che non osiamo mai dire. Di quanto a volte ci sentiamo sfiniti, senza forze, dubbiosi sulle nostre capacità di portare avanti quello che la vita ci ha riservato. Il grido di quel sentimento che tante volte risuona solo nelle nostre teste silenziose ma che riconosciamo bene negli occhi di chi, come noi, ne ha una grande confidenza.
Si chiama disperazione, la speranza smarrita.
Si sarà sentito così quel nonno? Avrà pensato a un nobile gesto di liberazione? Oppure si sarà trovato travolto da un bambino impacciato che non è riuscito a trattenere e che ha cercato di soccorrere mentre l’acqua li trascinava lontano?
Certo per quei genitori sarà molto diverso il sentimento che accompagnerà la vicenda, in uno o nell’altro caso. Ma in entrambi immagino un dolore senza respiro che stamane, quasi come uno strano contagio, sembra aver tolto il fiato a tutti quei “genitori amici” che rincorrono pensieri sulla pagina facebook che parla di una storia comune.
E con il cuore che batte a fatica sono qui a chiedermi cosa possiamo imparare da questi gesti o da queste situazioni estreme.
La mia parte più selvaggia vorrebbe gridare che queste sono vere tragedie e non tutte quelle cazzate per cui a volte si sprecano tante energie, inutilmente. La mia anima più quieta, in pace con il dolore che mi accompagna da anni, sente la possibilità di un grande apprendimento.
Forse dobbiamo tutti imparare a dire e a dirci, senza vergogna, di quando ci sentiamo disperati. Smetterla di fare sempre quelli forti che, a volte, si sentono pure fortunati.
Chiudo gli occhi e rimango con questa burrasca emotiva. Chissà che nonno e nipote non lascino, ai loro più cari, nuovi doni in riva al mare.
Ott 13, 2014 @ 14:27:58
Già possiamo imparare questo forse: a chiedere aiuto quando il nostro dolore ci sommerge. A farci aiutare a uscire dalla solitudine di un sentimento così intimo, così privato, così totalizzante.
Intanto c’è in me forte il dolore di questa tragedia che ci lascia senza due di noi. Che ci incrina i cuori per lo strazio per questo piccolino, il suo nonno e i genitori. Che ci fa tremare le ginocchia per la paura che anche noi potremmo non farcela. Oggi è un giorno di immenso dolore
Ott 13, 2014 @ 18:09:41
Condivido tanto Roberta … tremano davvero le ginocchia e il cuore perde un colpo.
Ott 13, 2014 @ 21:20:31
E quando lo gridi quanto sei disperata e le porte si chiudono a chiave? E quando la smetti di fare la forte e hai bisogno di appoggiarti ma tutti si dileguano perché a parlare a dar consigli son tutti bravi quando non toccano con mano cos’è il dolore la paura il cuore che batte all’impazzata mentre guardi gli occhi di tuo figlio e ti chiedi perché proprio a lui è toccata una famiglia così….a volte il dolore e’ più forte….
Ott 13, 2014 @ 21:26:41
a volte forse non serve neppure gridare … però lo si può dire solo dopo averci provato e in alcune occasioni mi pare ci si rinunci un po’ in partenza…brutta bestia la sfiducia!
Ott 13, 2014 @ 21:45:30
Si hai ragione brutta bestia la sfiducia…..
Ott 13, 2014 @ 22:19:55
Non solo ai genitori si ferma il cuore di fronte a queste notizie: ho subito pensato a tutti voi poi ho visto quel nonno abbracciare il suo piccino…..in disperato atto d’amore.
Ott 14, 2014 @ 06:53:08
grazie Laura …
Ott 16, 2014 @ 09:08:22
appena tornati dal congresso, abbiamo avuto la notizia, in quel momento tante cose per la testa, ma neanche per un momento ho pensato che si sia trattato di omicidio-suicidio, non oso nemmeno pensarlo e voglio credere che sia successa una disgrazia e basta. Rivedo la gioia stampata sui volti dei genitori al momento dei saluti, contenti che finalmente andavano a prendere Davide. Adesso penso al dolore che debbano provare…la loro vita s’è svuotata, come ha detto mio marito. Noi genitori angelman siamo così presi dai nostri figli per tutto il giorno che effettivamente andare avanti senza di loro, dopo è tutto un vuoto, non si sa più cosa fare, forse perchè non siamo più abituati a trascorrere le nostre giornate come i genitori di figli normodotati. Il cuore si spezza, ha detto mia zia nel momento in cui ha perso il figlio in circostanze davvero assurde (il sub morto a marzo perchè rimasto impigliato nella corda della fiocina del fucile). Penso anch’io che sia così il cuore si spezza in due, una parte che vivrà ancora e l’altra che è morta con loro. Paola mamma di Rossella
Ott 16, 2014 @ 22:48:31
grazie Paola per le tue parole… speriamo, nel nostro piccolo, di lasciare tracce di conforto
Silenzi stonati | Cronachepedagogiche
Ott 22, 2014 @ 19:37:37