Erano anni che non partecipavamo più al pranzo organizzato da un gruppo di famiglie lombarde, unite dalla stessa sindrome genetica responsabile di quel tocco peculiare nella nostra storia di genitori e in quella dei nostri figli.
Ci identifichiamo subito a distanza perchè i figli che ci accompagnano non solo sono riconoscibili, ma mostrano anche diverse somiglianze tra loro. Mi ha sempre fatto un certo effetto questo aspetto. Estranei, spesso molto somiglianti ai loro genitori, eppure legati da un invisibile filo cromosomico che, diversamente per ciascuno, ha definito destino e vita.
In questi incontri, nel corso degli anni, ho attraversato parecchie tappe e forse più delle famose cinque fasi del dolore ormai recitate, oltre che nei testi specializzati, in tante di quelle serie televisive che hanno riempito le nostre case di conoscenze di tutti i generi.
Nello scambio di chiacchiere leggere che, finalmente dopo tanto tempo, riesco a concedermi, non mancano quegli incroci di sguardi che fanno intravedere profondità condivise senza alcuna esplicitazione. Sono evidenti molte fatiche osservando questi genitori che hanno trascorso anni nella ricerca di un delicato equilibrio. Si riconoscono a distanza quelli che hanno figli più grandi, o forse anche più gravi, perchè riescono a trasmettere una serenità che ad occhi estranei può apparire incomprensibile.
Che immagine passerà di noi tre pellegrini nel nostro cammino continuo? Di certo io mi sento in movimento e finalmente un po’ distante dall’argine di quel baratro che anni fa sembrava sempre in procinto di risucchiarmi per sempre. Mi sembra, proprio a partire da questo mio personale attraversamento non mascherato nè negato, di sentire sulla pelle diverse temperature delle emozioni di chi incrocio.
Per una delle prime volte, mi sono sentita nel posto giusto al momento perfetto e spero di aver regalato, insieme ai sorrisi distribuiti e ricevuti, qualche parola di conforto a chi ancora porta negli occhi il colore di un dolore rovente.
Nel tempo, ho imparato che ognuno vive la disabilità del proprio figlio come può e come riesce, muovendosi di conseguenza tra sentimenti sovente difficili da esprimere e nominare. Per me è stato come incontrare di nuovo quel mare che tanto amo tra dolci onde e burrasche inattese, sale bruciante in bocca e culla del mio corpo stanco.
Forse è questo la disabilità. Come quei temporali improvvisi che ogni volta ti colgono stupita di fronte a splendidi arcobaleni.
Apr 29, 2014 @ 13:14:12
Ciao Irene, anche noi erano anni che non partecipavamo ad un pranzo organizzato da famiglie unita dalla stessa sindrome genetica e ti confesso che il ritrovarci dopo tanto è stato bello, certo fa un po uno strano effetto ricordarseli da piccoli e vederli ora notevolmente cresciuti ma il bello è rivedere lo stesso sorriso che li contraddistingue tutti. Personalmente all’inizio non riuscivo a trovare un equilibrio, quando mi trovavo in compagnia di famiglie con figli sani mi sentivo incompreso perchè pensavo che non mi potessero capire e quando mi trovavo con famiglie con figli come i nostri mi sentivo come in un gruppo (scusami il termine) di sfigati, nel senso che, guardando quei genitori, pensavo che tutti noi eravamo i prescelti ad avere avuto un figlio con la sindrome di Angelman e questo mi faceva male.
Ora dopo 12 anni penso che se domani venisse un medico a darmi una medicina per mia figlia e lei dopo iniziasse a camminare a correre e a parlare credo che non la riconoscerei più come mia figlia, forse qualcuno potrebbe dire “magari ci fosse una medicina cosi” ma se un domani la trovassero credo che mi mancheranno il suo sorriso, la gioia che esprime quando gli do un cioccolatino e i suoi abbracci quando torno a casa la sera….direbbe solo “ciao papa’ ” come fa sua sorella.
Oggi non mi sento più come ieri, il ritrovarci tutti insieme mi ha fatto piacere, oggi non penso più al passato non penso più al futuro e gioisco nel vedere i seppur piccoli progressi che mia figlia Alessia fà giorno per giorno, vicino all’argine di quel baratro ci siamo passati tutti, l’importante è stato non caderci dentro 🙂
Un arrivederci a presto, ciao a tutti, anzi come farebbero i nostri figli,
UN ABBRACCIO A TUTTI
Angelo Giacci (papà di Alessia)
Apr 29, 2014 @ 16:46:03
Che bello Angelo leggere le tue parole che sento vicine ….. tutte!
Ricambio l’abbraccio speciale e un arrivederci a presto, Irene