Da quando ci siamo trasformati in individui lamentosi che vivono in attesa del fine settimana o di tutte le pause festive più o meno lunghe che scandiscono il passare dei giorni durante l’anno?
E’ di oggi lo scambio telefonico con un collega che di fronte alla mia risposta a suo dire stranamente allegra mi chiede “non mi dici anche tu che stavi meglio fino a qualche giorno fa?”. Gli dico che sto bene anche nel rientro al lavoro che a dir la verità mi piace altrettanto quanto la pausa e dall’altro capo del telefono mi raggiunge il suo commento accompagnato da una sonora risata. Per fortuna qualcuno dice anche qualcosa di positivo sul rientro al lavoro!
Ma perchè no, mi chiedo? Sia ben chiaro che anche a me piace la vacanza, quell’ozio gustoso che scandisce le giornate senza affanni e tutto ciò che mi fa definire proprio quei giorni lì, giorni di pausa. Detto questo però, trovo gusto anche nel riprendere la mia attività lavorativa, l’incontro con i colleghi e con tutto ciò di cui mi occupo durante l’anno.
Forse sono fortunata perchè faccio un lavoro che mi piace ma ho l’impressione che dietro tante frasi ormai stereotipate ci sia anche lo zampino di mode che trovo assai fastidiose, dalle quali tento di sfuggire. Mi riferisco all’attesa frenetica del venerdì, a quel dover sempre fare qualcosa nel fine settimana, a quella smania di “staccare”, come si usa dire, che ogni tanto fatico a comprendere nel suo senso più complessivo e complesso.
Mi viene da fare subito l’associazione con la questione dei compiti scolastici che, sempre più spesso, stanno assumendo un ingombrate e pesante spazio nelle vite di genitori e figli.
Penso ai tanti racconti di bambini della scuola per l’infanzia che attendono con ansia il passaggio alla scuola primaria proprio per poter fare i compiti “come i grandi” e alla facilità con cui il mondo adulto rischia di trasformare la curiosità in fatica, la scoperta in pesantezza, la voglia di provare e sperimentare in tempo rubato ad altro di più bello e interessante.
Ne parla bene Daniel Pennac nel suo bel libro Come un romanzo e forse proprio da lì dovremmo ripartire per capire quanto ci può essere di bello anche nella fatica, che l’impegno può dare un valore aggiunto all’ozio e che i compiti possono aprire la porta al magico mondo del sapere e, perchè no, alle future scelte lavorative.
Mio padre, nella sua semplicità, ha sempre sostenuto con molta enfasi l’importanza dei compiti e lo spazio ad essi dedicato. Forse ancora oggi non sa che così facendo mi ha aiutato a trovare quella strada che porta all’amore per il sapere e al lavoro che ho scelto di fare.
A voi la scelta.
Set 02, 2013 @ 20:07:27
Ho seguito per anni i miei nipoti in vacanza e ho tentato di trasferire in loro ciò che viene descritto qui assai bene. L’unico rammarico e’ quello di non aver potuto contestare alle insegnanti degli stessi nipoti la mancanza di rispetto verso la loro fatica: non hanno mai controllato il lavoro svolto ma se la sono cavata mandandoli sul web senza il minimo apprezzamento. La rovina dei bambini sono proprio gli adulti!!
Set 02, 2013 @ 21:06:44
E’ vero, alcuni adulti sono la rovina ma altri per fortuna, come in questo caso, incarnano l’alternativa e la possibilità! Io punto su questi… sempre e ostinatamente!