Repubblica, il 5 gennaio 2013, ha pubblicato un articolo dal titolo: “Così le macchine cambiano i cervelli” al scoperta scomoda degli scienziati Usa. L’articolo è accompagnato da questa immagine riassuntiva che in ben 6 punti elenca i presunti “danni” che ci infliggerebbe l’era informatica.

Se ci riesco, li discuterò un per uno. Iniziamo con il primo…
1. La memoria. La possibilità di trovare informazioni su Google sta facendo diminuire le nostre capacità mnemoniche. Usiamo internet come una memoria esterna
Quand’ero bambino, negli anni ’60, alle elementari mi hanno insegnato che la memoria è come un muscolo: meno la si esercita, meno funziona. E che per esercitarla occorre mandare a memoria le cose. Esattamente come con i muscoli: l’importante è esercitarli, non importa a far cosa, l’importante è che stiano in esercizio.
Questo modo di vedere le cose ingenuo e meccanicistico, è totalmente sorpassato anche per l’esercizio fisico, ma evidentemente i ricercatori americani si devono essere persi qualche annata di Science. Oppure se le sono perse i redattori di Repubblica.
Passo ore con mia figlia rivedendo foto e filmati di famiglia in gita o in vacanza. Accidenti, che peccato. Invece di raccontargli la nostra storia gliela faccio vedere. Pensa, così è costretta a vedere immagini di esperienze che ha vissuto, invece di fidarsi solo delle mie parole. E rischia anche di incrociare particolari che mi erano sfuggiti. E anche di vedere le cose come le avevo viste io che fotografavo/filmavo. Ma come le avevo viste in quel momento, non come gliele sto raccontando/mostrando ora. Un vero impoverimento mnemonico. Suo e mio.
Babilonia, qualche millennio a.c. Il padre di Hammurabi ad Hammurabi: “Figlio, perchè scrivi le tue leggi su tavolette?”. Hammurabi: “Perchè così siano condivise da tutti i sudditi, padre!”. Il padre: “Ma in questo modo il popolo si affiderà alla scrittura e perderà la sua memoria”
Germania, metà 1400 d.c. Il padre di Gutemberg a Gutemberg: “Figlio, perchè stampi con il tuo torchio tutte queste copie della Bibbia…
Ma la faccenda è probabilmente iniziata in qualche caverna del mesolitico con un padre che diceva al figlio impegnato a dipingerne le volte con scene di caccia che, insomma, usando una caverna come una “memoria esterna” di ciò che viveva la tribù avrebbero rischiato di smarrire la memoria di ciò che facevano e, in ultima analisi, di ciò che erano.
Insomma, passiamo l’intera vita depositando pezzi della nostra esistenza in qualche “memoria esterna”, comprese le memorie degli altri. L’era di Internet non fa che portare alla sua massima espressione la tendenza umana alla condivisione delle esperienze individuali all’interno della memoria collettiva.
Non posso ricordare molto della mia storia familiare, non perchè abbia poca memoria, ma perchè i miei familiari, a partire da mio padre, se la sono tenuta per sè. Ora sto ringraziando moltitudini di internauti che lasciando in Rete racconti, immagini, collegamenti, mi permettono di ricostruirla piano piano. E non la manderò a memoria, potete starne certi. La affiderò, ancora una volta, a una memoria esterna…
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Gen 05, 2013 @ 21:08:52
Ah ah … condivido in pieno igor. Tra l’altro questi americani non hanno pensato ai giovamenti che dalle tante memorie esterne può trarre uno come me, che difetta di quella che chiamo memoria puntuale privilegiando la memoria contestuale. Alla faccia della pluralità delle intelligenze e della democrazia della conoscenza.
Ma sai, forse perchè sono reduce dalla lettura di un bellissimo libro di Pievani “La fine del mondo”, queste posizioni mi sembra che si inscrivano benissimo in quel filone catastrofista che ama distinguere in modo manicheo artificiale (il male) e naturale (il bene),
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Gen 06, 2013 @ 18:37:08
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