di Irene Auletta

Ogni volta che ti accompagno in ospedale per fare qualche esame di controllo imparo qualcosa.

Di solito l’ambiente evoca ricordi e pensieri tristi o dolorosi e allora, attraversando il lungo cortile che ci porta all’ambulatorio che conosciamo da tanti anni, canticchio una canzone, più per me che per te che, curiosa e attenta come sempre, non perdi un particolare di ciò che incrociamo.

Oggi mi sembra che ci siano più persone, tutti genitori e figli, nella sala d’attesa o forse, sono solo io che da qualche anno ho alzato lo sguardo.

La ragazzina seduta accanto a noi ad un certo punto, senza alcun preavviso, mi da un bacio sulla guancia e, mentre i miei occhi incontrano comprensivi quelli della madre, la ascolto dirle che non è questo il comportamento giusto da tenere con persone che neppure si conoscono. Sempre le stesse frasi che  si ripetono e ci fanno sentire quasi intimi, seppur sconosciuti. Quante volte l’ho detto e lo dirò ancora anche a te?

Il vento di oggi sembra aver spazzato via le nubi anche da questo luogo e tutti sembriamo sereni e sorridenti, nonostante i motivi che ci hanno portano lì.

Poco dopo altri due genitori si rivolgono a noi, commentando alcune tue caratteristiche e complimentandosi per il tuo sorriso. Scambiamo chiacchiere, commenti e sguardi. In realtà anche i silenzi sono intensi come quello che rivolgo al padre quando , ricordando da quanti anni conosce uno dei medici, aggiunge “tra un dolore e l’altro”.

Lo guardo in silenzio colpita dalla spontaneità di questa affermazione e sento che solo i miei occhi annuiscono.

Per anni non ho rivolto la parola a nessuno, concentrata su quello che accadeva solo tra noi e oggi, il resto del mondo presente in questa stanza, ci fa compagnia.

E’ proprio vero, il vento porta cambiamenti.