Ieri sera prima lezione di Feldenkrais, ripresa dopo la pausa estiva.
Il sentimento iniziale è spesso di fatica perchè organizzare tutto per uscire di casa alle otto di sera è cosa non sempre molto semplice, ma poi, già nel breve viaggio che intraprendo per arrivare alla sede del corso, recupero il senso e mi avvio a gustarmi il piacere dell’incontro.
Come primo incontro c’è una breve presentazione del metodo mentre tutti siamo già sdraiati a terra e l’insegnante ci introduce ad alcuni significati e alle peculiarità che hanno guidato la ricerca scientifica del suo ideatore.
Poi si entra subito nel cuore del lavoro e i partecipanti vengono guidati a compiere alcuni movimenti con il corpo, sempre con l’invito a fare lentamente e soprattutto, ad ascoltarsi e ascoltare ciò che accade. Attraversare una lezione per me è spesso un momento quasi magico, dove il resto del mondo viene sospeso e tutta la concentrazione è solo lì, in quello che sta accadendo a me e al mio corpo.
Ad un certo punto Angela, l’insegnante, invita a fare un movimento velocemente ma senza fretta e precisa subito che fra le due modalità c’è una grande differenza. “La fretta irrigidisce e crea contrazioni mentre la velocità libera”. Questa cosa mi sa che la devo sperimentare per capirla un po’ meglio ma già detta così mi intriga e mi pare esportabile a tanti altri contesti dell’esistenza.
La lezione si conclude e io mi sento decisamente meglio, anche se dare un nome al cambiamento non è sempre facile e, forse, non è neppure necessario.
Salgo in auto per ritornare a casa accompagnata da una musica di sottofondo e lì accade. Le mie spalle hanno voglia di ballare.
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