Da qualche anno, parlando di proposte di vario genere rivolte a famiglie con bambini o ragazzi disabili, si parla sovente di attività o momenti di sollievo.
Non ho mai capito perchè il termine utilizzato mi ha sempre creato una sensazione di disagio.
Non che l’idea di sollievo non renda bene la situazione che molte famiglie si trovano ad attraversare, ma forse questo riguarda una pluralità di persone che va ben oltre una determinata categoria di genitori.
Forse, la mia perplessità è di ordine più generale e corrisponde alla difficoltà a stare dentro, e a riconoscersi, in un mondo che mi pare molto organizzato in definizioni di categorie.
Può essere anche però, che l’idea di sollievo, così come dice la parola stessa, rimandando ad un alleviamento di un dolore o di un disagio fisico o morale, mi evochi interrogativi rispetto al suo intreccio con quella peculiare relazione che riguarda genitori e figli.
Mi chiedo spesso se il sollievo, nominato pensando alle fatiche dei genitori, non debba essere allargato a tutte le dimensioni di fatica che possono attraversare anche i bambini e i ragazzi disabili, per il fatto di essere costretti, inevitabilmente, ad una presenza massiccia e continua dei loro genitori.
Ogni tanto, dietro gesti di stizza di mia figlia, che non si possono esprimere con le parole, mi immagino di sentire l’eco di quella frase spesso mormorata dai figli : “che palle, ‘sti genitori!”. E lei, neppure lo può dire. Spero solo che lo pensi spesso.
Dunque, tornando al sollievo per i figli, mi piacerebbe che si potesse dire, raccontare e presentare, anche come occasione per separarsi e per ritrovarsi, per sperimentare il mondo accompagnati da adulti diversi dalla mamma e dal babbo, per sentirne la loro mancanza e per incontrare adulti un po’ meno disponibili a capire sempre, che chiedono la fatica di esprimersi e di farsi comprendere.
Non succede forse così anche a tutti i bambini e ragazzi senza disabilità?
A me pare di si e, certamente, molti dei loro genitori, avrebbero lo stesso bisogno di proposte di sollievo.
Mi piace pensarla così. Ben vengano tutte quelle proposte di sollievo che vanno ad alleviare fatiche e dolore ma, al loro fianco auspico, sempre di più, momenti che permettano apprendimento, leggerezza, divertimento e nuove possibilità.
In fondo, che permettano di vivere e non solo di sopravvivere.
Lug 19, 2012 @ 13:59:48
mi piace, Irene, il tuo s-travolgimento dei significati, il tuo guardare oltre e attraverso…”sollevare” mi ha così incurisita che, per la prima volta (nonostante sia uno di quei termini detto e sentito milioni di volte), sono andata a ricercarne l’etimo:
dal latino sub (sotto) e levare (alzare), quindi “innalzare”, “far sorgere”, “prendere animo”, “conforto”, “indurre a tumulto o ribellione”…possiamo, come scrivi, considerarlo quindi come occasione per “far sorgere” delle possibilità?
🙂
Lug 19, 2012 @ 15:55:06
assolutamente si … anzi, ti ringrazio per la tua ricerca che, dall’etimo, ha fatto nascere un modo per dirla ancora meglio!
Lug 19, 2012 @ 20:26:51
Mi piace Irene lo spunto di rilettura che dai, la tua prospettiva dà proprio un senso di leggerezza e di vitalità nella relazione genitori e figli.