Come molte persone che attraversano questa vita e questo momento storico, sovente mi attardo a pensare al senso delle corse, alla frenesia, al tempo che fugge senza controllo e che a volte sembra coglierci più come spettatori disorientati che come protagonisti delle nostre storie.
Poi, accadono cose strane.
L’altra sera, in una delle lezioni Feldenkrais che frequento, l’insegnante ci propone un lavoro, anticipandone le finalità di far sperimentare la ricerca del movimento, la scoperta, la rottura degli schemi e nuovi apprendimenti.
In fondo, accade la stessa cosa in tutti gli incontri e mi pare che questi obiettivi siano proprio alla base del metodo, ma l’altra sera ho colto qualcosa di più.
La lezione ci ha guidate, noi donne presenti al gruppo, a ripercorrere le fasi e i primi tentativi messi in atto dal bambino piccolo per avviare la fase del gattonamento. Credete sia facile? Provate a farlo e vi accorgerete dell’esatto contrario.
Il tutto però, è stato condito da indicazioni orientate a far sperimentare diverse opzioni che, nella finalità del lavoro stesso, hanno permesso di sperimentare la continua perdita dell’equilibrio, l’errore, la caduta e la ripresa.
L’invito che raccolgo sempre in queste lezioni è di ascoltarsi. Come state distese per terra? Ascoltate l’appoggio del vostro corpo. Come vi sentite e com’è il vostro stato d’animo?
Ecco siamo arrivate al punto. Cosa centra lo stato d’animo.
La potenza e la forza di questi percorsi sta proprio nel valore delle connessioni. Nella possibilità di far dialogare l’esperienza del corpo con l’esperienza della persona che quel corpo lo abita, a volte scordandosene un po’.
Imparare attraverso le prove, l’errore e la perdita dell’equilibrio è la nostra esperienza più antica che molte volte, nel presente, è sostituita dal bisogno di essere sempre pronte, capaci e controllate. Alla fine, sempre equilibrate.
Inciampando nei movimenti, sentendo fatiche di gesti non abituali, ascoltando il corpo e lo stato d’animo, ho recuperato il piacere della ricerca e della perdita del controllo.
Perdere l’equilibrio è forse davvero l’unico modo per ritrovarlo ogni volta più forte, più radicato e più consapevole, come direbbe Angela, la mia insegnante.
Sono tornata a casa con molte emozioni e con il piacere di essere squilibrata.
Mar 30, 2012 @ 13:32:48
un pensiero che mi ha comunicato molto “movimento”…un movimento dinamico in questo senso mi pare l’ironia che aiuta anche a sorridere dei propri e degli altrui disequilibri, ritrovandoci altri significati e senza sminuire il valore proprio e dell’altro.
E poi è davvero grazie alla danza tra equlibrio e disequilibrio: che ci si puo’ muovere e non rimanere fermi e rigidi…!
Mar 30, 2012 @ 14:00:40
si Monica, l’idea era proprio quella e mi fa piacere che ti sia giunta così … musicale!
Mar 30, 2012 @ 16:10:36
Irene, speriamo di diventare più squilibrate allora!!! mentre ti pensavo gattonando…mi veniva in mente che per cambiare e mollare il controllo e l’esserci in modo perfetto, può darsi che il modo sia di “rivedersi” nei percorsi della vita come “ci provo a..”. E l’ascolto del proprio stato d’animo riporta all’imparare ancora a farsi compagnia nei cambiamenti tentando di capirsi. Pazzesco…penso che il proprio squilibrio faccia bene anche agli altri!!.
Mar 30, 2012 @ 16:54:50
vero Luigina!
Stabilmente instabili | Cronachepedagogiche
Giu 18, 2014 @ 18:24:46