E’ una scrittura tesa e potente quella di Massimiliano Verga. Parole che sbattono in faccia scene di vita quotidiana ai limiti del tollerabile. Un album di fotografie, di istantanee crude e violente provenienti dal fronte. Guardi la prima e distogli lo sguardo dopo un istante, passando alla successiva nella speranza di una tregua. Ma non c’è via di scampo. Una dopo l’altra tirano per il bavero il lettore, costringendolo a guardare sino all’ultima pagina. E a vedere.
Questa è la vita accanto a una persona disabile, sembra dirti dritto negli occhi l’Autore, e non ci sono cazzi. Piantiamola di prenderci in giro e di raccontarcela. Se sul fronte non ci siete mai stati, toglietevi quel mezzo sorriso di finta empatia e fatevi un giro per la piazza nella quale abitate: scoprirete che il fronte è lì, al vostro fianco, sotto i vostri piedi, davanti ai vostri occhi, mentre pensavate fosse lontano, altrove, anzi, mentre neppure sospettavate esistesse una guerra, solo per il fatto che non siete chiamati a combatterla.
Zigulì, la mia vita dolceamara con un figlio disabile, al primo impatto non sembra neppure un libro. Si presenta come quelle vecchie scatole di cartone riempite alla rinfusa di foto che all’occorrenza ripeschiamo una a una sfruculiando con le mani. Anche Zigulì si può sfruculiare pescando a caso. Lo vendessero a capitoli, li si potrebbe mettere in un vaso e poi agitarli prima dell’uso, ricombinandoli tutte le volte. Ma non è così. Il libro di Verga è uno di quelli che apri, leggi la prima pagina e poi non puoi smettere perchè col fiato corto devi vedere come va a finire. Solo che non va a finire da nessuna parte. Zigulì non è un viaggio, è una giostra che gira su se stessa e a ogni giro sai che un altro giro è andato e, per quanto te ne manchino ancora tanti quanti una vita, sai che è uno di meno.
Eppure è un libro sull’amore. Sull’amore e l’intera gamma di sentimenti che trascina con sè l’infrangersi dei sogni e il disgregarsi del futuro. Le parole di Verga distillano con una efficacia straordinaria rabbia, cinismo e infinita tenerezza. Riescono a ribaltarti nel giro dei pochi capoversi che compongono i capitoli, sballottandoti tra la disperazione e la leggerezza, la dolcezza e la ferocia, il sarcasmo più amaro e l’esistenza possibile che lasciano intravedere.
Ma Zigulì è anche un libro reticente. Nonostante l’estrema esposizione di una vita, la nitida crudezza delle immagini ad alta definizione, la nudità delle fatiche e dei sentimenti. O forse proprio per questo. Occorre riaversi dall’abbaglio che produce una verità sparata senza veli, per accorgersi che quell’abbaglio getta un velo su altri pezzi di verità. Stropicciandosi gli occhi, vien da chiedersi che strano mondo disegni Massimiliano Verga in queste pagine. Un mondo unidimensionale costruito sull’esclusività del rapporto tra un padre e il figlio disabile. Tutto il resto è ambiente dal quale attingere motivi di rabbia e frustrazione, spesso, e occasioni d’aiuto, talvolta. Anche di soddisfazione alternata allo sconforto, ma si tratta solo dell’Inter.
Si può descrivere la propria paternità, raccontandola un figlio per volta? E’ possibile cercar d’essere un padre migliore, senza capire cosa hai imparato essendo figlio di un padre, anzi di due e contemporaneamente, come confessa e poi immediatamente tralascia Verga? Si può parlare del proprio esser padre senza incrociare lo sguardo con quello di altri padri al di là del campionato di sfiga cui tutti partecipano con risultati ovviamente diversi? Si può esporre la propria paternità senza chiedersi dove finisce il ruolo paterno e dove inizia la propria condizione di uomo? E come tra loro si parlino? La risposta è sì, si può. Ed è proprio ciò che fa Zigulì, lasciando però il nostro ascolto sospeso per aria. Questo libro, alla fine, è un paradosso: è la massima esposizione pubblica di una paternità raccontata in totale solitudine.
Zigulì non dà risposte nè vuole darne. Ma non apre neppure domande, tranne quelle che riusciamo a porci se, dopo averne accolto le urla, gli schignazzi e le preziose carezze strappate agli schiaffi, proviamo ad ascoltarne i silenzi. Da qui ognuno può poi partire per cercar risposte, ringraziando in cuor suo il poderoso calcio nel culo regalato da quelle pagine.
Gen 30, 2012 @ 19:00:53
è il fronte della coscienza quello più irto di storie difficili!
Un grazie per la segnalazione
Un saluto da Vongole & Merluzzi
http://vongolemerluzzi.wordpress.com/
Gen 30, 2012 @ 20:23:48
ciao igor, sono ben felice di aver letto la tua recensione del libro di verga – proprio oggi, nel pomeriggio, ho seguito l’intervista che gli ha fatto la bignardi a ” le invazioni barbariche “. faccio l’insegnante di sostegno da venticinque anni e l’anno scorso ha terminato nella mia scuola il suo ciclo di studi nella media, un ragazzo pluriminorato come mi è sembrato che sia il bambino di cui si parla in ” zigulì “. la collega che lo ha seguito per tre anni non ha avuto vita facile, così come, ritengo, non debbano averla i genitori di c. ha avuto, verga, un coraggio immenso a dire quello che probabilmente è il pensiero dei genitori, di tanti genitori, in queste circostanze così drammatiche. mi piacerebbe, se per te non è un problema, pubblicare la tua recensione sul mio blog, in modo che tutti possano conoscere il libro – sto per ordinarlo, per poterlo leggere anch’io. grazie per quello che hai scritto!
Gen 31, 2012 @ 00:29:06
Certo che puoi pubblicarlo sul tuo blog, anzi ti ringrazio. Certo che Massimiliano ha avuto un grande coraggio. Non è stato l’unico però, né il primo. E’ solo quello che ha avuto maggiore visibilità.
Gen 31, 2012 @ 14:21:02
Il primo nome che mi viene è Pontiggia, per forza d’italianità.
Ma ricordo (ed ho cercato strenuamente, per poi finire a fotocopiarlo) anche un altro romanzo a mio parere splendido, e toccante in modo viscerale, poetico: Il piccolo principe cannibale – Storia di autismo e amore di madre; di Jean-Françoise LeFevre.
Qualcuno di voi lo conosce?
Gen 31, 2012 @ 14:44:10
grazie Denise. Sto giusto iniziando in queste ora a raccogliere un elenco dei libri scritti da genitori sul rapporto con i loro figli disabili. Non sarà una biblioteca, ma va molto oltre Zigulì. E, sopratutto, è arrivata prima ma in questo momento può essere rimessa in circolo.
No, non conosco il libro che citi. Dunque lo aggiungerò. E lo cercherò in qualche modo. A meno che tu non riesca in qualche modo a digitalizzare le fotocopie che hai e le puoi mettere a disposizione.
Intanto io ne approfitto per aggiungere il libro di un padre di due figli disabili (due..) che non conoscevo sino all’altro giorno
Alessandro Mosconi, Come aquiloni…o quasi, Edizioni Tracce 2010
Gen 31, 2012 @ 15:20:43
Mi sembra un’ottima idea.
Contribuirò volentieri, se la pubblicherai come pagina a se stante, in aggiornamento.
Attualmente sono senza scanner, e lo sarò a lungo; ma posso – magari appena avrò più disponibilità di tempo e denaro – farlo fare più comodamente ad una copisteria. Volentieri. Per altro, penso non vi sia problemi di coypright considerato che non è più andato in ristampa ed è abbastanza vecchiotto – verificherò.
Diffondo anch’io la tua recensione, in attesa di leggere il libro.
Gen 31, 2012 @ 15:31:12
Sì ottimo, al più presto creo una pagina. Il libro che attendi di leggere è quello di Verga? perchè in tal caso mi raccomando, prima o poi capita anche sul mio…
Gen 31, 2012 @ 15:35:18
… sarà fatto 😉
Gen 31, 2012 @ 15:31:53
Zigulì. Il derby tra cinici e buonisti « Cronachepedagogiche
Gen 31, 2012 @ 19:31:25
Feb 01, 2012 @ 21:26:58
Feb 03, 2012 @ 09:41:54
Reblogged this on SBIRCIAPAOLA.
Ago 15, 2012 @ 13:56:35
L’ho letto anch’io. Non sapevo che fosse conosciuto anche perchè l’ho trovato ai margini di una libreria, tra i libri che non legge nessuno dove sono solita curiosare alla ricerca di nuovi mondi. È stato subito un pugno nello stomaco, uno di quei libri che sfogli una pagina e hai voglia di comprarlo, anche per farti del male, tu che sei del settore e sei dalla parte di chi non può capire! E passi la tua vita a cercar di capire, ascoltare e sentire su di te cosa prova chi lo vive!
Mi ha fatto ricordare le parole di un padre che in un tavolo di lavoro intervenne dicendo nel dialetto locale che era ora di finirla di falsificare la realtà dicendo che un figlio disabile era una benedizione… “Un’inculata è!”- disse così… Proprio così… Ricordo ancora la reazione dei presenti, gli sguardi, il biasimo, lo scalpore… Mi sentii vicina a quel padre più che mai perchè per una volta si era concesso di far uscire in una parola le troppe emozioni e i forzati silenzi, la rabbia, la frustrazione, il dolore, il venir a sapere che nulla sarebbe stato più come prima, il cambiamento che ti travolge e il futuro che si annienta… Dove finisce la vita di un padre e dove inizia la vita di un uomo? Bella domanda!!!
La mia vita è ricca di domande e viaggio alla ricerca delle risposte dentro le relazioni… eppure quando incontro “la disabilità” domande e risposte si annullano a vicenda… e la vicinanza con la persona non nasce dalla capacità di dare delle risposte, ma dal saper esserci nel qui ed ora come in questo libro, entrando nella realtà e sentendosene parte.
Ago 16, 2012 @ 10:19:18
Sei la prima alla quale sento dire che non sapeva fosse conosciuto Zigulí. Soprattutto nel settore. Tra gennaio e marzo Mondadori l’ha lanciato come solo Mondadori puó permettersi di fare. E stato ini diverse trasmissioni televisive, sui giornali, sui settimanali, in radio. Un vero e proprio fenomeno editoriale…
Ago 16, 2012 @ 21:29:30
Sinceramente nel “settore” non sento mai parlare di fenomeni editoriali… e per fortuna, oserei dire…
E i massmedia non sempre raggiungono tutti… Molto si ascolta, non tutto si vuole sentire!