di Irene Auletta

Immagino di essere una fonte non sospetta e forse, proprio per questo, credo di potermi permettere qualche piccola stizza, dopo anni che dedico il mio interesse culturale e professionale alle mamme e alle riflessioni intorno ai  temi del materno.

Chi mi conosce sa che tempo fa sono stata in una piccola città nei dintorni di Bologna per presentare un libro, insieme alle curatrici&editrici del testo stesso, dal titolo “Maternità possibili”.

Una bella idea, sostenuta dalle curatrici del testo, è stata quella di ingaggiare anche le autrici abitanti in loco, coinvolgendole nella presentazione.

Eccoci al giorno della presentazione, la seconda in realtà, perchè anche il giorno prima ci aveva ospitato una bella biblioteca della cittadina.

Una delle autrici avvisa con sms che è in ritardo per un sopraggiunto problema e che farà di tutto per raggiungerci quanto prima. Arriva trafelata sul finire della presentazione e, in un piccolo spazio che le viene dedicato per salutare il pubblico, motiva il ritardo riferendosi proprio al suo essere mamma, ad un figlio lontano da casa che ha richiesto il suo tempestivo intervento, al suo fare mille corse perchè le dispiaceva rinunciare a questo impegno. Abbiamo intuito dalle sue parole che, il tempestivo intervento,  riguardava un versamento in posta o qualcosa di simile.

Alla fine conclude dicendo: “insomma, scusatemi tanto, ma visto che è stato presentato proprio questo libro …. devo dirvi che ha vinto il mio cuore di mamma!”.

Perchè dare queste spiegazioni? Esprimere il dispiacere per il ritardo legato a un impegno sopraggiunto non basta? Si pensa di fare bella figura, trascurando il piccolo particolare delle altre persone presenti tra il pubblico (forse mamme con poco cuore?) e delle altre tre presentatrici provenienti rispettivamente da Sofia e da Milano?

Questo tipo di spiegazioni fa davvero il paio con le persone che, mentre stai parlando di lavoro ti dicono, solitamente per disdire un impegno o una responsabilità, che la loro priorità è il figlio e la famiglia.

Lavoro con donne da tanti anni e tante volte mi sono sentita ripetere questa frase.

Oggi mi viene l’orticaria, solo a intuirne la possibilità, di queste spiegazioni in arrivo.

Nessuno è tenuto a entrare nel merito della sua vita privata ma, tutti noi siamo tenuti, quando siamo in qualsiasi relazione, a chiederci se quello che stiamo dicendo (o evacuando, si potrebbe dire in  uno psigologhese pret-a-porter), non rischia di ferire chi abbiamo di fronte o, peggio ancora, di offenderlo o mortificarlo, a seconda dei casi.

Ma ogni tanto, stare zitte, no?