
di Igor Salomone
Sono giorni strani.
Una primavera soleggiatissima che si insinua a casa nostra riscaldandoci e rattistrandoci al tempo stesso.
Sbinocolo con mia figlia l’ampio panorama del settimo piano milanese e, intorno a noi, una quantità inusuale di persone affacciate, sedute, sdraiate, spaparanzate, sorprese nel tentativo di afferrare lo spicchio di sole che si intrufola dalle finestre e spalma i balconcini.
Sono buffi, incastrati come sono in spazi ridottissimi, su sedie appena più piccole del terrazzino esposto su un viale un tempo trafficassimo, ora deserto. Oppure affondati su una qualche seduta, gambe all’aria sul davanzale, appena dietro una finestra che fortunatamente da a ovest.
E chi li ha mai visti?
Approfitto spesso, in tutte le stagioni, per uscire sui miei balconi filiformi, sia per respirare, sia per prendere una boccata d’aria. Ma tutt’intorno vedo solo finestre chiuse, balconcini vuoti, tapparelle abbassate. Di solito.
Oggi invece è tornata la vita in quei palazzi. Almeno sulle facciate di quei palazzi.
Bellissimo.
Si respira un’aria di resilienza, si coglie il desiderio di godersi anche quel pochissimo che è rimasto. Altro che bagni di sole al parco: un quadrato di luce a tempo sulla pelle diventa una delizia preziosa da centellinare e condividere. Le persone raramente sono fuori da sole.
Chissà se anche questo permetterà di imparare qualcosa sulla preziosità di ciò che questo mondo ci regala.
Intanto Luna, va bene sbinocolare tutt’in giro, però magari evita di puntare proprio sui dirimpettai che prendono un po’ d’aria. Manca pure che facciamo la figura dei guardoni.
Mar 26, 2020 @ 13:09:17
sentire parlare di resilienza: quante volte nel lavoro ricorro a questa capacità, con la presunzione di voler cercare strada altre, ancora inesplorate, a partire da posizionare uno sguardo altro sulla medesima situazione. e quante volte, troppe volte, non vedo niente….
questo tempo nuovo mi costrige a guardare cosa succede intorno a me, e avendo tempo, mi costringe a farlo a lungo….e vedo? qualcosa comincio a vedere…a partire dal gran operare di tortorelle che quest’anno hanno scelto di nidificare sul tetto di casa mia. e vedo strane manovre che i miei vicini mettono in atto per ritirare i pacchi consegnati dai corrieri: c’è chi si prepara come dovesse recarsi in sala operatoria, con mascherina, guanti e camice usa e getta, e chi più casalingo, si arrangia nello spostare il pacco in casa munito di bandana sul viso e straccio sulle mani, che scivola, che fa innervosire, facendo cadere ripetutamente il pacco a terra. Denominatore comune: mai, e dico mai prendere il pacco con le nude mani!
Mar 28, 2020 @ 14:14:41
Ciao Laura, perso dietro il podcast non avevo ancora approvato il tuo commento… comunque d’ora in poi puoi lasciare un commento con approvazione automatica!
Una riflessione su quello che vedi, o dici di aver visto: le tortorelle sono tortorelle e del virus se ne fregano… quanto ai tuoi vicini mi pare rappresentino più un apprendimento nevrotico che la scoperta generativa di qualcosa di nuovo…
Quanto alla resilienza, come giustamente dici tu, rischia spesso di essere una bella parola vuota. Questo è precisamente il momento di provare a riempirla di contenuto. Abbiamo tutti preso una tranvata, chi più chi meno, non è sufficiente ritrovare o sperare di ritrovare il nostro equilibrio omeostatico originario, che tanto non potremmo riuscirci. Occorre provare a capire cosa questa tranvata ci sta insegnando IN POSITIVO. Nel senso che possiamo pure accontentarci di imparare quattro cose sull’igiene, o semplicemente a essere più prudenti nelle relazioni sociali, ma non mi sembrerebbe un gran risultato per tanta fatica. Abbiamo l’occasione di imparare qualcocosa su di noi, su ognuno di noi, a partire da ciò che riusciamo a mettere in campo di inaspettato e seguendo con l’inaspettato che emerge dalle esperienze che stiamo facendo.