di Irene Auletta
Gira in rete, proprio in questi giorni, un video che odora di fresca profondità. A parlare una bambina disabile che, senza perdere il sorriso, mette al muro gli adulti e le loro ipocrisie. Con grande chiarezza non chiede infatti facili sorrisi, dolce empatia o gesti di tenerezza, bensì rispetto.
Il messaggio, anche per le caratteristiche della giovane protagonista, arriva forte e appuntito, come quelle lame taglienti che un po’ permettono di vedersi riflessi.
Mi è piaciuta l’assenza di ipocrisia e il richiamo ad altri significati. Ne parlo spesso con gli educatori dell’importanza di aggiornare e rinforzare il vocabolario rivolto alle persone con disabilità, sottolineando parole come diritti, rispetto, cura, dignità.
Questa ragazzina ce lo ricorda con quel sorriso che bisogna imparare a non perdere, perché la disabilità diventi una dimensione dell’esistenza e non una pena da scontare.
Quel sorriso che parla di ciò che è dovuto a tutte le persone che non meritano il nostro compatimento o la nostra pacca sulla spalla, ma la nostra forza intrecciata alla loro, per rivendicare diritti, dignità e libertà.
Giu 23, 2019 @ 11:53:02
La questione da te sollevata cara Irene è vecchia come il mondo e non coinvolge solo le persone non coinvolte professionalmente ma Ahimè anche i cosidetti professionisti di cui anche il sottoscritto si annovera.
Io spesso mi trovo ad assistere a colleghi anche in gamba che però scivolano nel rapportarsi con i disabili adottando un tono di voce finto, da attori/attrici scadenti con l’ attenuante che così hanno un approccio più professionale e meglio recepibile dalla persona affetta da handicap. Ma il massimo viene raggiunto quando il/la professionista si rivolge ad un altro/a collega parlando in terza persona del disabile che è li presente con l’ intenzione di farsi appositamente sentire da lui/lei stesso/a.
Insomma si sono fatti passi importanti nelle relazioni con la disabilità ma il cammino è ancora lungo.