di Irene Auletta
Sono in pausa. Pochi momenti regalati tra parco, sole e la compagnia di un libro. Il mondo intorno scorre lento a quest’ora rallentato dal caldo improvviso di questi giorni e dalla quiete del dopo pranzo. Ogni tanto mi distraggo a osservare alcune scene che attirano in qualche modo la mia attenzione fino a quando li incrocio.
Lui, non più di sette/otto anni, per mano ad un’anziana signora che quasi certamente è la nonna. La signora zoppica in modo evidente a causa di un gesso che le blocca il piede contenuto nel classico scarpone ben riconoscibile in tali occasioni.
La mente, in un attimo, torna indietro di molti anni e lì trovo una piccola me, più o meno della stessa età di quel bambino, che tiene forte per mano la nonna claudicante per accompagnarla alle cure che quotidianamente la attendono nell’ospedale vicino casa. La nonna, abituata alla vita del piccolo paesino lucano, la ricordo sempre attenta ad osservare tutto senza mai interrompere quel contatto sorridente che ci accompagnava nel tragitto.
Mamma lavorava in quello stesso ospedale e quasi sempre ci aspettava all’ingresso per salutarci e accompagnarci nell’ambulatorio delle terapie. Non so quante volte abbiamo fatto in realtà quello stesso tragitto ma ne ricordo diverse e nella mia memoria sono trattenute come piccoli viaggi urbani. Nonna aveva una risata squillante e quel sorriso che ha passato prima a mia madre e poi a me. Lo sento forte come un filo leggero che ci tiene unite, tra generazioni, tra passato e presente.
La scena era bella da vedere. Credo. Io mingherlina e saltellante a fianco di nonna, una perfetta matrona del sud, con i capelli bianchi raccolti attraverso una treccia arrotolata sulla nuca. Ci pensi Irene? Grande e grossa ho bisogno del tuo aiuto. Che mi racconti oggi di bello? Arrivare e vedere mamma in divisa da infermiera mi piaceva sempre tantissimo. La trovavo più bella e morbida in quelle forme del corpo che ha sempre portato in giro con una certa grazia ed eleganza. Che bel respiro di calore e amore.
Oggi mamma ricorda sempre più la nonna, soprattutto quando le scoppia il sorriso e io assomiglio a te mamma, nelle luci e nelle ombre del mio sguardo forgiato dal passare degli anni e dalla vita. Seduta su questa panchina chiudo gli occhi per un attimo e voi due siete lì al mio fianco. Vi respiro forte prima di arrivare da te. Nonna, sapessi quante volte ti penso! Se fossi ancora qui mia figlia ti sarebbe simpatica e credo che mi diresti di trattarla con molta gentilezza, come un fiore speciale. E io ci provo nonna, ogni giorno.
Arrivi in quel momento, proprio mentre rileggo le ultime righe appena scritte. Ciao tesoro, oggi ti voglio raccontare una storia profumata. Lo sai che quando ero piccola…..
Lug 01, 2016 @ 10:13:35
La storia profumata della nonna e la gentilezza sembrano in questi giorni parole da un altro mondo. Se poi seguo la traccia di “Parole sporche” e degli altri pezzetti collegati, ancora di più mi sembra di essere in buona compagnia, quasi in un altrove migliore.
“Ogni figlio e ogni generazione come di fronte ad uno specchio magico …restituisce immagini” mi scusi la cito, ma spesso quello che scrive risuona dentro.
In questi giorni poi di rivolgimenti imprevisti e complessi e un po’ troppo spicci in cui la misura sembra essere la paura mista al risentimento faccio i conti con l’immagine che dò a mia figlia, che racconto a lei.
Grandi e grossi abbiamo bisogno di aiuto. Cosa sapremo racontare per sedare l’ansia e il timore dei nostri figli nel mondo? Da soli?
Lug 03, 2016 @ 09:52:29
Buongiorno Roberto, citandomi mi lusinga e il fatto che le mie parole possano risuonare incontrando echi comuni, è tra le restituzioni più importanti che mi spinge a continuare a scrivere.
Aiutare i figli ad incontrare il mondo? Bella scommessa di ogni giorno dalla quale tuttavia non si può sfuggire, pena sfuggire dalla vita stessa.
Buoni giorni e … grazie.