fragilmentedi Irene Auletta

Da mesi siamo tutti rincorsi e raggiunti dalle ininterrotte notizie che pongono al centro del loro interesse la violenza rivolta alle donne, in tutte le sue molteplici forme e sfumature.

Oggi, mentre facevo supervisione ad un equipe di educatori, nella presentazione della situazione da discutere il tema si ripresenta in tutta la sua crudezza e di fronte alla descrizione di alcuni aspetti il clima si fa attento e serio, il silenzio pesante.

Colgo gli sguardi e le parole.

Ma com’è possibile? Come mai nessuno riesce ad intervenire? Noi che incontriamo professionalmente queste situazioni cosa possiamo fare?

Alcuni clichè si ripetono senza sosta. Giovani donne che sembrano “scegliere” uomini violenti e picchiatori, che si allontanano per ritornare come attratte da una trappola alla quale è impossibile sfuggire, vite spaventose che, viste da vicino fanno percepire sulla pelle la tragedia dello squallore e dell’impotenza.

Gli adulti, professionisti e familiari, sembrano dividersi in due categorie. Quelli complici, arresi, spaventati, disorientati che tanto non c’è niente da fare … se le vanno pure a cercare. Quelli tenaci che perseverano nella ricerca di senso e di azioni possibili, decisi a non farsi sopraffare dall’assuefazione di queste storie terribili.

A parte la presenza dei professionisti, spesso mi chiedo dove sono i genitori, i fratelli, le sorelle, gli amici? Quale morbo culturale ha contagiato tutti rendendoli omertosi e sfiduciati?

Penso alla donna di cui stiamo parlando, a quello che sopporta da anni, alla sua incapacità di scegliere altro. Se non cucino come vuole mi prende a schiaffi e spesso anche a calci. Chissà cosa racconta a chi la incontra del braccio o della gamba ingessati, dell’occhio nero, dei lividi sulle braccia e sulle gambe. Chissà cosa pensano quei medici che se la ritrovano più volte al pronto soccorso credendo alle sue spiegazioni.

Questa situazione mi suscita una grande tristezza e un forte senso di impotenza. L’educatore che si esprime è un giovane uomo che sembra chiedersi come guarderebbe “il tipo” di cui stiamo parlando, se dovesse incontrarlo di persona.

Storia antica quella della violenza rivolta alle donne, ai bambini, agli anziani, insomma, alle persone percepite o realmente più fragili.

Continuiamo a parlarne, scriverne, discuterne. Ognuno di noi può fare qualcosa. Alzare gli occhi da terra mi pare già un buon inizio.