Non ho mai fatto mistero del fatto che la mia esperienza, come genitore della scuola per l’infanzia, è stata tra le peggiori per me possibili. Unica consolazione è quella di aver condiviso, insieme ad un folto gruppo di altri genitori, l’esperienza di un incontro totalmente inutile, assolutamente giudicante e certamente molto capace di aver incrementato la situazione di disagio che allora stava già sfiorando le sue vette più estreme.
Mi sono chiesta in questi anni, e da allora ne sono passati parecchi, se mai, anche solo vagamente, queste insegnanti abbiano riflettuto sulle loro modalità, sul senso dei loro interventi, sull’inopportunità e totale ignoranza delle loro valutazioni.
Proprio oggi, leggevo lo scritto di un collega che, seppur parlando di un contesto completamente differente, richiama più volte il tema della riflessività e autoriflessività dell’operatore.
Si perchè, per dirla tutta, la cosa che più mi dispiace, ora che è passato del tempo e che la mia rabbia ha trovato vie molto più utili per me e per la mia salute, è pensare che la fatica, mia e della mia famiglia, non sia servita a nulla.
Capisco che si può sbagliare, sempre.
E comprendo anche il fatto che a volte le insegnanti si possono trovare a gestire situazioni più grandi di loro, che magari le spaventano e allora che fare? Beh … se magari prima di colpevolizzare i genitori della loro situazione si provasse ad attivare anche un’opzione B o C, non sarebbe affatto male!
Tuttavia, più come tecnico che come genitore, tutti i tasselli vanno al posto giusto quando a distanza rivedo la situazione quasi come fossi in un setting di supervisione.
Già. Lì capisco proprio tanto e quasi quasi, riesco anche ad empatizzare con le difficoltà e i limiti di queste signore.
Poi, il caso vuole, che mi capiti tra le mani una foto.
Ritrae mia figlia, il giorno del suo sesto compleanno … ora ne ha quattordici.
E’ seduta ad un tavolino e di fronte a lei si vedono chiaramente una torta con tanto di candeline, una corona di cartoncino rosa che, evidentemente, si è rifiutata di indossare e il suo broncio, accompagnato da uno sguardo che pare esprimere qualcosa che sta nel mezzo tra lo scoramento e la sfida.
Cosa c’è di strano, direte voi?
La torta è finta, perchè le norme vigenti impediscono di utilizzare cibo commestibile.
Mia figlia, ancora oggi, non sa spegnere le candeline.
La sola idea di mettere qualcosa in testa la fa incavolare da matti.
Forse, non chiedevo poi così tanto.
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